Siamo sicuri che gli ispettori siano al corrente del fatto che agli accertamenti inps e inail si applica l’art.lo 12 dello statuto del contribuente e che il medesimo dovrebbe poter esercitare i diritti di difesa fin dal momento iniziale degli accertamenti?
L’articolo 12 dello statuto del contribuente è applicabile ai controlli degli enti di previdenza.
Può capitare che il datore di lavoro venga interrogato mediante una sorta di “dichiarazione spontanea sottoscritta direttamente dalla parte“ della quale non viene rilasciata all’interessato copia.
E’ cosi che si arriva a quello che normalmente tutti chiamiamo verbale di accertamento o verbale inps o verbale di ispezione o verbale ispettorato del lavoro salvo in alcuni casi, quando delle questioni di lavoro si occupano le fiamme gialle, verbale guardia di finanza.
Può il datore di lavoro trovarsi di fronte ad un verbale unico di conclusione dell’accertamento che riporta un pesante addebito di contributi e sanzioni motivati con la frase: – sulla base della dichiarazione rilasciata spontaneamente dal datore di lavoro.
Una spontaneità che fa sorridere atteso che se è verbalizzata come dichiarazione spontanea ciò che è stato un interrogatorio, il fatto potrebbe costituire qualcosa di rilevante sotto un profilo diverso da quello civile.
Ci si deve domandare, quindi, se durante l’accesso od il controllo ispettivo il datore di lavoro è sottoposto ad una pressione psicologica.
E’ doveroso verificare anche se esiste la vigenza di norme che potrebbero tutelare i diritti fondamentali del datore di lavoro e dell’imprenditore anche e soprattutto in quella fase.
Questa domanda discende dalla circostanza che alcuni clienti mi hanno riferito di non essere stati neppure avvertiti della possibilità di farsi assistere da un legale; comunque di non averci neppure pensato o perché minimizzata dagli stessi ispettori la portata delle possibili conseguenze dell’accertamento (es. si tratta di semplice routine) o perché avrebbero potuto arrabbiarsi.
L’affermazione, che farà certamente sorridere chi non si trova in quelle situazioni, non è da tralasciare essendo legata al profilo psicologico della peculiare situazione.
Un primo riferimento giunge dalla Comunità Europea.
Ritengo pertanto utili alcune riflessioni su un precedente comunitario in base al quale è stata sancita, seppure sotto il profilo della scriminante penale, l’inammissibilità di ottenere autoaccuse con la minaccia di una sanzione (il riferimento va al caso Chambaz-Svizzera) .
Nel video di questo sito si tratta più ampiamente l’argomento ispezioni del lavoro e dell’INPS e INAIL con riferimento alla necessità del contraddittorio (endoprocedimentale) nell’ambito di un principio fondamentale garantito sia dal diritto comunitario che da quello nazionale.
Necessità di un contraddittorio anche negli accertamenti previdenziali e del lavoro.
In ambito comunitario la Corte di Giustizia Europea ha affermato che “le misure a garanzia del contradditorio preventivo sono imposte dal rispetto del diritto di difesa che costituisce un principio generale del diritto comunitario che trova applicazione ogniqualvolta l’amministrazione di proponga di adottare nei confronti di un soggetto un atto per esso lesivo, con la conseguenza che i destinatari di decisioni che incidono sensibilmente sui loro interessi devono essere messi in condizione di manifestare utilmente il loro punto di vista in merito agli elementi sui quali l’amministrazione intende fondare la propria decisione” (vedere sentenza 18/12/2008 in causa C-349/07 e sentenza 3 luglio 2014 in cause riunite C-129/13 e C.130/13).
Il diritto di contraddittorio ed alla partecipazione del privato al procedimento amministrativo, come affermato dalla predetta giurisprudenza, trova la sua espressione normativa nella Legge 241/1990 e nella legge 212/2000 (c.d Statuto del Contribuente).
L’ambito Costituzionale.
Sul versante interno la Corte Costituzionale statuisce che “l’attivazione del contraddittorio endoprocedimentale costituisce un principio fondamentale immanente nell’ordinamento, operante anche in difetto di una espressa e specifica disposizione normativa, a pena di nullità, dell’atto finale del procedimento, per violazione del diritto di partecipazione dell’interessato al procedimento stesso” (Corte Costituzionale, sentenza 26 maggio 2015, n. 132 che ha fatto proprio quanto già affermato dalla Corte di Cassazione, Sez. Unite 18 settembre 2014 n. 19667 – vedere anche Cass. sentenza 29 luglio 2013, n. 18184).
Lo statuto del Contribuente.
Oltre alla possibile violazione del c.d STATUTO DEL CONTRIBUENTE, legge 27 luglio 2000, n. 212, si deve considerare che le relative disposizioni si applicano alle attività ispettive effettuate dagli enti di previdenza obbligatoria a norma dell’art.lo 7 comma 2 lettera “d” del decreto legge 13 maggio 2011 n. 70 convertito con modificazioni, in legge 2 luglio 2011 n. 106 (avente ad oggetto provvedimenti atti a favorire la semplificazione fiscale)che così recita: – “le disposizioni di cui all’art.lo 12 della legge del 27 luglio 2000 n. 212, concernente disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente, si applicano anche nelle ipotesi di attività ispettive o di controllo effettuate dagli enti di previdenza e assistenza obbligatoria“.
Valutazioni processuali.
Nell’ambito della preparazione di una strategia processuale, tuttavia, si deve sempre ritenere probabile una certa tendenza alla deformazione peggiorativa dei diritti quando il soggetto da giudicare è un imprenditore.
Non è sbagliato pensare fin da subito che essere troppo gentili può mostrare una debolezza più penalizzante di un atteggiamento che sta prendendo sul serio quel che avviene.
In conclusione ad oggi non è possibile tracciare una tendenza a dichiarare nulli gli atti compiuti in ambito amministrativo dagli ispettori, anche quando questo tutto avviene in modo sfacciatamente contrario alle norme sopra richiamate.
Non ho conferme del fatto che i richiami e le valutazioni del Garante del Contribuente vengano considerati dall’amministrazione previdenziale.
Appare quindi opportuno affidarsi, oltre che al consulente del lavoro o il commercialista (il quale, pur essendo estremamente competente, potrebbe temere irrigidimento nei confronti di tutti gli altri suoi clienti), anche ad altri professionisti che, meglio se senza dipendenti, sappiano condurre l’accertamento nell’alveo della concreta legalità e possano resistere ad un contesto in cui essi stessi non siano -neppure potenzialmente- psicologicamente influenzabili dagli attriti che potrebbero crearsi.

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