I controlli dell’INPS si fanno sempre più stringenti nei confronti dei lavoratori autonomi e dei loro collaboratori. Questo avviene soprattutto per la grande facilità con cui l’interpretazione dei fatti consente di passare, talvolta dopo anni di duro lavoro, da una qualificazione all’altra, senza grandi sforzi investigativi e senza riconoscimento di periodi contributivi ancorché a suo tempo versati.
La prassi dell’interrogatorio del titolare e dei suoi collaboratori
Occorre considerare l’estrema precisione hanno le informazioni inserite nelle banche dati a disposizione dell’INPS che può contare sulla preventiva valutazione dell’intero contesto societario e parentale dei soggetti che agiscono ai vertici dell’impresa e del contesto commerciale che ne caratterizza ogni qualificazione attuata e/o possibile.
Chi si presenta sa esattamente dove andare a parare con le domande mentre spesso chi le subisce può pensare di fare una chiacchierata amichevole.
Questo rende possibile incanalare fin da subito il dialogo con l’imprenditore sull’azienda, tuttavia possono essere di particolare sviamento di attenzione apprezzamenti del tipo: – bella quest’azienda, tutto questo lo ha costruito lei? Non tutti avrebbero avuto la forza e la tenacia che lei dimostra di avere.
E’ bello vedere quanto la famiglia riesca a formare una sinergia capace di raggiungere risultati di questo tipo.
Il lavoro del titolare e dei familiari è veramente ammirevole.
Se il contribuente non viene avvisato, prima ancora di cominciare ad ascoltare le domande e veder scrivere in forma di interpretazione “sintetica” le sue risposte, del diritto/necessità (avendone egli facoltà ed essendo in gioco conseguenze amministrative e contributive che deriveranno da quanto potrà affermare e sottoscrivere), di farsi assistere da un professionista abilitato alla difesa in sede giudiziale-tributaria è disattesa una precisa norma contenuta nel D.L. 70/2011 poi convertito con modifiche.
La mera giustificazione di dover fare solo un controllo formale non fa venire meno il diritto del datore di lavoro e contribuente in generale di attivare i propri diritti di difesa.
E’ spesso quindi fuorviante un iniziale dialogo dal tono amichevole con il titolare dell’azienda che talvolta divaga anche alla coppa vinta dal figlio, alla squadra del cuore od all’ultimo gran premio per ottenere alcune risposte che, benché generiche, cominciano a delineare un possibile indizio di variazione di posizione dell’assetto direzionale dell’attività.
Una domanda a cui rispondere con cura può essere del tipo:
– chi è il consulente che la assiste?
Occorre a questo punto capire se è chiaro chi tutela il contribuente sgombrando il campo dall’equivoco che può sorgere sulla più specifica domanda chiarificatrice su chi si occupa semplicemente delle paghe ovvero, ancorché si tratti del medesimo professionista, della diversa e specifica investitura di difensore in assistenza.
Le due funzioni non necessariamente coincidono.
E’ questo che genera un equivoco che può dar luogo ad anomale definizioni della prassi.
Se un cliente mi chiede assistenza in questa fase, come avvocato presenzierò ogni sua dichiarazione spontanea e lo assisterò ogni volta che egli subisce un interrogatorio e quale DIFENSORE non dovrei essere tenuto ad esibire o consegnare quanto ho acquisito a fini difensivi nel mio fascicolo.
Su questo aspetto si suggerisce una attenta lettura dell’articolo 5 della legge 12/79.
Ma veniamo alla prassi delle dichiarazioni .
Se l’accertamento e l’acquisizione di “dichiarazioni spontanee” si svolge in azienda ed il ruolo di chi assiste il contribuente si limita ad un solo nome e cognome da inserire nel c.d. verbale di primo accesso è di tutta evidenza che qualcosa non va.
E’ in questo momento che deve sorgere il dubbio sulla effettiva assistenza difensiva o meno del contribuente,
E’ evidente che le informazioni che avrebbero richiesto di essere assunte con le garanzie di cui all’art.lo 12 dello statuto del contribuente (attenzione, la legge parla solo dell’art.lo 12, articolo che qualche non aggiornato funzionario ancora afferma applicabile solo agli accertamenti fiscali) non possono essere sostituite da una chiacchierata che via via viene inserita in una dichiarazione presentata come una semplice formalità.
Occorre ricordare che l’INPS ha l’onere della prova di quanto pone a fondamento della propria pretesa e che la dichiarazione confessoria auto incolpante del titolare dell’azienda diventa un ostacolo insormontabile in corso di giudizio.
Al giudice nulla importa del fatto che quelle parole siano esattamente quelle riferite dal contribuente, ma si limiterà solo a chiedere se è sua la firma che ha sottoscritto il documento. Difficilmente il giudice si porrà il problema di capire se quel linguaggio appartiene o meno al contribuente e fino a che punto quelle parole sono state le uniche o sono una sintesi reinterpretata di circostanze ben più ampie. Inoltre dalla lettura del verbale di primo accesso il giudice riscontrerà che è stato indicato un consulente del lavoro e quindi l’azienda era tutelata da un professionista abilitato ai sensi della legge 12/79.
Sarebbe necessario distinguere fin dal primo momento in cui inizia una ispezione del lavoro la differenza che passa tra la professione disciplinata dalla legge 12/79 (amministrazione delle paghe e del personale) e l’art.lo 12 dello statuto del contribuente (norma a tutela dei diritti del contribuente).
Contenuto delle dichiarazioni assunte dal titolare o collaboratore
Facciamo un esempio tipo di attività che viene svolta durante una ispezione appena fatte le presentazioni ed addolcito il clima.
Mi chiamo ….. sono l’amministratore della ditta …… svolgo la mia attività con abitualità e prevalenza presso la sede di … e sono coadiuvato nella mia attività commerciale (od artigiana, per esempio) dai miei familiari che sono tizio, caio e sempronio. La mia segretaria è anche mia convivente ecc… ecc…, ovviamente va e viene quando vuole perchè …
Oppure … (la casistica è immensa).
Possiamo parlare di trasferte, di rimborsi e quanto altro, ma si tratta sempre di contenuti apparentemente innocui che invece hanno talvolta ripercussioni di particolare spregio contributivo e sanzionatorio.
Tutto può avvenire tralasciando od inserendo tutto quanto possa rientrare, a seconda del percorso che intende percorrere, quegli elementi utili o indici oggettivi che consentono di riconoscere l’effettivo inserimento organizzativo e gerarchico del parente/affine nella organizzazione aziendale, qualificando il rapporto come subordinato:
-l’onerosità della prestazione;
-la presenza costante presso il luogo di lavoro previsto dal contratto;
-l’osservanza di un orario coincidente con quello dell’attività economica;
-il programmatico valersi da parte del titolare della prestazione lavorativa del familiare;
-la corresponsione di un compenso a cadenze fisse.
Solo per fare alcuni esempi.
Tanto è rilevante conoscere l’identità parentale e funzionale delle parti apicali, che con il messaggio n. 2819 del 14 luglio 2022, ha imposto al datore di lavoro di dichiarare se tra i lavoratori assunti siano presenti dei suoi parenti o affini.
Secondo l’INPS “nell’ipotesi di prestazioni di lavoro tra parenti e affini conviventi, in virtù del vincolo che lega i soggetti coinvolti e della relativa comunione di interessi, la prestazione lavorativa si presume a titolo gratuito ed è, pertanto, necessario verificare l’eventuale sussistenza dei requisiti della subordinazione [1].
Al riguardo, [l’INPS] comunica che il modulo “Iscrizione Azienda” è stato implementato con il campo “Dichiarazione di parentela”.
A seguito della suddetta implementazione, in fase di prima iscrizione, il datore di lavoro dovrà dichiarare se tra i lavoratori assunti siano presenti soggetti ai quali lo stesso è legato da rapporti di coniugio, di parentela entro il terzo grado o di affinità entro il secondo grado; in caso di risposta affermativa, il dichiarante dovrà inserire nell’apposito campo il codice fiscale del lavoratore e scegliere nel menu a tendina il tipo di relazione che lo lega al dipendente.
La dichiarazione viene richiesta nelle ipotesi in cui nell’istanza di iscrizione venga selezionata una delle seguenti forme giuridiche: Azienda agricola, Impresa familiare, Impresa individuale, Persona fisica, Proprietario di fabbricato, Società di fatto, Società in accomandita semplice, Società in nome collettivo, Società semplice, Studio.” .
Una volta ottenute le risposte e la dichiarazione spesso autoincriminante al contribuente viene compilato e consegnato il verbale di primo accesso con il quale, dando atto di avere trovato al lavoro tizio, caio e sempronio e di avere avvisato il contribuente di avvalersi del professionista previsto dalla legge n. 12/79 cominciano le richieste di invio di documentazione.
A questo punto, però, per alcune questioni in particolare (es. posizione contributiva del titolare o di alcuni familiari o di alcuni lavoratori) certe questioni potrebbero risultare definitivamente compromesse e non più difendibili.
Controllo Inps: i nostri consigli
Massima chiarezza fin da subito. I dubbi possono essere pagati a caro prezzo.
Chi viene a fare un controllo non porta la notizia della vincita al super enalotto e chi lo subisce ha tutto il diritto di difendersi fin dall’inizio della verifica senza alcun equivoco sulla funzione del difensore e della sua chiara ed inequivocabile nomina per l’assistenza prevista ai sensi dell’art.lo 12 dello statuto del contribuente.
Perché prevenire è meglio che curare
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