Si sente sempre più spesso parlare di stress da lavoro correlato e burnout da lavoro, ma di cosa si tratta con esattezza? Cosa si può fare per affrontarli e superarli? Ma soprattutto, quali sono le azioni e gli obblighi che un datore di lavoro deve mettere in atto per prevenirli e contrastarli?
Quando si parla di stress da lavoro correlato e di burnout, ci si riferisce a due condizioni di disagio che spesso vengono confuse fra loro, inquanto presentano una sintomatologia di base molto simile, ma in realtà non sono la stessa cosa.
Stress da lavoro Correlato e burnout: definizione e differenze
In base a quanto stabilisce la medicina del lavoro, lo stress da lavoro correlato (Slc) è quella condizione di squilibrio e disagio che un lavoratore o una lavoratrice possono trovarsi a sperimentare (o a subire) nel momento in cui le richieste che vengono avanzate in ambito lavorativo vanno oltre la loro capacità di farvi fronte.
Per essere ancora più chiari nella definizione, l’Accordo Europeo sullo stress da lavoro correlato – che è stato definito nel 2004 e il cui obiettivo è offrire ai datori di lavoro e ai lavoratori un modello che consenta di individuare, di prevenire e gestire i problemi di stress da lavoro – definisce lo stress come:
“La condizione che può essere accompagnata da disturbi o disfunzione di natura fisica, psicologica o sociale ed è conseguenza del fatto che taluni individui non si sentono in grado di corrispondere alle richieste o alle aspettative riposte in loro”.
La particolarità di questo tipo di disturbo è che, potenzialmente, ogni posto di lavoro può essere fonte di stress lavoro correlato. Questo perché il fenomeno è generato da diversi aspetti, tutti derivanti dall’organizzazione e dall’ambiente lavorativi.
Per quanto riguarda il burnout, si tratta invece una vera e propria sindrome che è stata inserita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nell’International Classification of Diseases, un lungo elenco di disturbi medici di natura fisica o psichica:
“Il burnout è una sindrome derivante dallo stress cronico sul posto di lavoro, non gestito con successo. È caratterizzato da tre dimensioni: 1) sentimenti di svuotamento o esaurimento energetico; 2) maggiore distanza mentale dal proprio lavoro, sentimenti di negativismo o cinismo relativi al proprio lavoro; e 3) ridotta efficienza professionale. Si riferisce specificamente ai fenomeni nel contesto lavorativo e non dovrebbe essere applicato per descrivere esperienze in altri ambiti della vita”.
Per queste sue caratteristiche, è stato classificato dall’OMS come “fenomeno professionale” ed è stato inserito tra i “Fattori che influenzano lo stato di salute o il contatto con i servizi sanitari”.
Il burnout è quindi una forma cronicizzata di stressa da lavoro correlato ma diversamente da quest’ultimo interessa principalmente coloro che svolgono professioni nel campo dell’aiuto sociale e della gestione delle emergenze, come ad esempio il personale ospedaliero, gli assistenti sociali, i vigili del fuoco. Può tuttavia coinvolgere anche altre categorie di lavoratori, in particolare coloro che devono affrontare importanti responsabilità familiari. Le donne, che spesso si trovano ancora oggi ad affrontare il doppio o addirittura il triplo fardello di lavoro, cura dei figli e assistenza ai parenti anziani, sono particolarmente colpite da questa sindrome.
Stress da lavoro correlato e Burnout: cause e sintomatologie
Condizioni lavorative mal gestite a livello organizzativo, una cattiva distribuzione del carico di lavoro e delle responsabilità, una scarsa retribuzione economica associata magari all’insicurezza lavorativa, una spiccata conflittualità interna fra colleghi, la mancanza di riconoscimento del proprio valore e del proprio operato, un ambiente di lavoro caotico ed eccessivamente pressante, ritmi ripetitivi e monotoni, mancanza di formazione appropriata, non ultimo un basso senso di appartenenza all’organizzazione sono state individuate come le possibili cause – o concause – capaci di portare le persone a sviluppare significativi stati d’ansia che in ultima istanza si traducono in stressa da lavoro correlato, fino a cronicizzarsi e a sfociare in burnout.
Tuttavia, data la complessità del fenomeno stress, l’Accordo europeo stipulato a Bruxelles l’8 ottobre 2004 (recepito in data 9 giugno 2008 per via di Accordo Interconfederale) sopra menzionato, non fa fornito una lista esaustiva dei potenziali indicatori o sintomatologie che questo può manifestare, precisando però che un alto tasso di assenteismo dal posto di lavoro, una elevato turn over del personale, frequenti scontri o conflitti interpersonali accompagnati da lamentele da parte dei lavoratori sono alcuni dei segnali che possono denotare un problema di stress lavoro-correlato.
Il Burnout a sua volta può manifestare sintomatologia sia a livello fisico che psichico e comportamentale (senso di stanchezza e spossatezza costante, bassa autostima e perdita di motivazione, procrastinazione e assenteismo lavorativo…), sintomi che tendono ad emergere in maniera subdola e lenta e per questo rendono difficile identificare il fenomeno, soprattutto nelle sue fasi iniziali.
Normativa sullo Stress Lavoro Correlato e sul burnout
In Italia, il vigente quadro normativo rappresentato dal decreto legislativo 81/2008 e successive modifiche, impone al datore di lavoro l’obbligo di valutare e gestire il rischio da Stress Lavoro-Correlato (Slc) allo stesso modo di tutti gli altri rischi per la salute e la sicurezza, in conformità ai contenuti dell’Accordo quadro europeo.
A tale scopo, nel novembre 2010, la Commissione consultiva permanente per la salute e la sicurezza sul lavoro ha redatto le linee guida necessarie per la valutazione del rischio Slc, individuando un approccio metodologico che rappresenta il requisito minimo per adempiere a tale obbligo.
In effetti, analizzando in termini civilistici, l’impatto dello stress negativo (distress) sul contratto di lavoro è principalmente attribuibile alla violazione dell’articolo 2087 del Codice civile, che riguarda la responsabilità del datore di lavoro per la sicurezza e la tutela della salute dei lavoratori. Inoltre, questa violazione si combina spesso con l’articolo 2103 del Codice civile, che disciplina il trattamento del lavoratore in caso di comportamenti lesivi o vessatori da parte del datore di lavoro. La norma recita infatti:
“L’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”.
Secondo la prassi giurisprudenziale, l’obbligo previsto dalla norma non si limita al rispetto delle leggi tipiche della prevenzione, ma comporta anche il dovere dell’azienda di evitare comportamenti che possano ledere l’integrità psico-fisica del lavoratore.
La disposizione citata, secondo l’interpretazione comunemente accettata, si basa sul principio del diritto alla salute, inteso nel suo significato più ampio, come un bene giuridico primario garantito dall’articolo 32 della Costituzione e correlato al principio di correttezza e buona fede sancito dagli articoli 1175 e 1375 del Codice civile.
Da questa disposizione deriva il divieto per il datore di lavoro non solo di compiere direttamente azioni che ledano l’integrità psico-fisica del lavoratore, ma anche l’obbligo di prevenire, scoraggiare e neutralizzare qualsiasi comportamento simile messo in atto dai superiori gerarchici, dai responsabili o da altri dipendenti nel contesto dell’attività lavorativa.
A tale proposito, nel 2011, il Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale ha presentato una Metodologia per l’analisi e la gestione del rischio da Stress Lavoro-Correlato (Slc), successivamente aggiornata nel 2017. Questa metodologia è stata sviluppata per fornire supporto alle aziende nella valutazione di tale rischio, conformemente alle disposizioni del decreto legislativo 81/2008 utilizzando un approccio metodologico scientificamente valido e strumenti di valutazione affidabili e validati.
Sul sito dell’INAIL è quindi possibile accedere a una piattaforma online per assistere le aziende nell’uso degli strumenti di valutazione e gestione.
Sappiamo bene che la valutazione dei rischi presenti nel luogo di lavoro è un obbligo non delegabile da parte del datore di lavoro (la cui violazione viene sanzionata anche penalmente a mente dell’art. 55 del D.Lgs. 81/2008). L’art. 31 del già menzionato D.lgs. 81/2008 stabilisce però che questo può fare affidamento su competenze professionali esterne, quando necessario, per completare l’azione di prevenzione e protezione del servizio. Nel caso specifico dello stress da lavoro correlato, è comune ricorrere alla consulenza di psicologi o medici del lavoro.
Merita particolare attenzione il fatto che la valutazione deve essere ripetuta ogni tre anni, a meno che dalle valutazioni precedenti non emergano situazioni che segnalino un disagio tale da richiedere misure più stringenti e tempi più brevi. È importante ricordare le sanzioni che i datori di lavoro e i dirigenti affrontano nel caso in cui non adempiano alle disposizioni previste dalla normativa vigente:
- Omissione della valutazione del lavoro correlato allo stress durante la compilazione del DVR (Documento di Valutazione dei Rischi).
Sanzioni previste: multa da €2,500 a €6,400 e, nei casi più gravi, reclusione da 3 a 6 mesi. - Valutazione dei rischi da stress lavorativo effettuata senza la presenza effettiva del Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP) e del medico competente.
Sanzioni previste: multa da €2,500 a €6,400 e, nei casi più gravi, reclusione da 3 a 6 mesi. - Redazione incompleta del DVR: mancanza di adeguate misure di prevenzione o di un programma di procedure da seguire, inclusa la gestione dello stress lavorativo. Mancanza dei riferimenti ai ruoli responsabili all’interno dell’organizzazione.
Sanzione: multa da €2,000 a €4,000 (art. 28, comma 2, lett. b, c, d del Decreto legislativo n. 81/2008). - Assenza nel DVR dei criteri per l’analisi della valutazione del rischio da stress lavorativo o omissione delle mansioni che possono esporre i lavoratori a tale rischio.
Sanzione: multa da €1,000 a €2,000, a seconda della gravità dell’omissione (art. 55, comma 4 del Decreto legislativo n. 81/2008). - Mancata consultazione del Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS) nella redazione del Documento di Valutazione del Rischio da stress.
Sanzione: multa da €2,000 a €4,000 (art. 29, comma 2 del Decreto legislativo n. 81/2008). - Mancanza di formazione sufficiente e adeguata, inclusi i rischi legati allo stress lavorativo, i possibili danni e le misure e procedure di prevenzione e protezione correlate.
Sanzione: multa da €1,200 a €5,200 e reclusione da 2 a 4 mesi (art. 37, comma 1, 7, 9 e 10 del Decreto legislativo n. 81/2008).
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