Addebito INPS in corso di causa. E’ legittimo?


Capita sempre più spesso che l’INPS emetta uno o più avvisi di addebito fondati sui medesimi fatti per i quali è già pendente davanti al Giudice del Lavoro una causa che tratta del merito della pretesa contributiva.

La questione si fa interessante quando l’avviso di addebito opposto ha come oggetto un giudizio di accertamento negativo sui fondamentali della pretesa od anche una semplice opposizione al verbale ispettivo dal quale trae origine il “ruolo esattoriale” e comunque quando la questione da dirimere è la medesima in fatto e diritto.
La duplicazione di procedure (merito – avviso di addebito) potrebbe portare a giudicati differenti, provocando un vero e proprio corto circuito giuridico.
Talvolta si verifica addirittura che l’avviso di addebito non venga opposto in quanto il datore di lavoro riteneva che il giudizio in corso fosse assorbito ai sensi di quanto previsto dall’art.lo 24 del D. L.vo 46/99 che non consente, salvo espresso provvedimento giudiziale, l’emissione di avvisi di addebito quando pende un giudizio di accertamento.

Prevista la decadenza, da parte dell’INPS, ma…

Si deve dolorosamente riscontrare che l’INPS, incurante del limite posto dalla legge, procede, talvolta anche sistematicamente, ad emette gli avvisi di addebito in pendenza di giudizio di merito.

Espone così la controparte privata al rischio di passaggio in giudicato dell’avviso di addebito.
La visione sistematica delle disposizioni di legge deve essere tratta dalla successiva introduzione dell’art. 20 comma 7 e seguenti del decreto legge 25 giugno 2008 n. 112 con il quale è fatto obbligo al Giudice di riunire tutte le controversie inerenti i medesimi fatti comprese quelle che già sono evolute in fase esecutiva.
In particolare la legge prevede che:
“7. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, nei procedimenti relativi a controversie in materia di previdenza e assistenza sociale, a fronte di una pluralita’ di domande o di azioni esecutive che frazionano un credito relativo al medesimo rapporto, comprensivo delle somme eventualmente dovute per interessi, competenze e onorari e ogni altro accessorio, la riunificazione e’ disposta d’ufficio dal giudice ai sensi dell’articolo 151 delle disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile e disposizioni transitorie, di cui al regio decreto 18 dicembre 1941, n. 1368.
8. In mancanza della riunificazione di cui al comma 7, l’improcedibilità delle domande successive alla prima è dichiarata dal giudice, anche d’ufficio, in ogni stato e grado del procedimento. Analogamente, il giudice dichiara la nullità dei pignoramenti successivi al primo in caso di proposizione di più azioni esecutive in violazione del comma 7.
9. Il giudice, ove abbia notizia che la riunificazione non e’ stata osservata, anche sulla base dell’eccezione del convenuto, sospende il giudizio e l’efficacia esecutiva dei titoli eventualmente già formatisi e fissa alle parti un termine perentorio per la riunificazione a pena di improcedibilità della domanda.”
Il ragionamento sotteso è il seguente:
• una volta opposto in negativo l’ accertamento al verbale ispettivo, non è legittimo da parte degli enti emettere provvedimenti esecutivi fondati sui medesimi fatti (art. 24 D. L.vo 46/99).
• Nel caso in cui, per qualsiasi ragione, tali azioni esecutive vengano poste in essere, i giudizi di opposizione devono essere riuniti alla causa di merito.
Ogni diversa ricostruzione oltre a contrastare con il dato normativo (art. 20 comma 7 e seguenti del decreto legge 25 giugno 2008 n. 112), provocherebbe inevitabilmente la cristallizzazione del credito dell’ente, rendendo completamente inutile il giudizio di merito già pendente da alcuni anni.
Anzi il giudice concederebbe all’Inps l’illegittima ed incostituzionale possibilità di anticipare i contenuti della sentenza mediante uno strumento che si pone alla stregua di un abuso probabilistico del diritto.
Emettere avvisi di addebito dopo che i fatti posti a fondamento dei medesimi sono già oggetto di giudizio pendente, consentirebbe all’ente di fruire di chances, oppure di una serie illimitata di chances (come in alcuni casi in concreto si è verificato mediante emissione di decine di ruoli consecutivi) processualmente squilibrata rispetto alla posizione, della controparte.
L’INPS spesso si limita a citare, a fondamento delle proprie pretese, la Sent. Cass. Civile Sez. Lavoro n. 17978/08.

La stessa, oltre a prendere in esame una fattispecie diversa da quella di cui si tratta, è antecedente al decreto legge 25 giugno 2008 n. 112 in quanto è stata decisa dalla Corte alla data dell’8 maggio 2008 mentre il decreto legge 112/2008 è del 25 giugno 2008.
Inoltre la stessa sentenza rileva l’incontestabilità della pretesa contributiva che verrebbe meno quando “risulti definitivamente precluso il risultato a cui l’opposizione è finalizzata, ossia l’emanazione, nell’ambito del giudizio promosso, di una pronuncia sulla fondatezza della pretesa contributiva portata dalla cartella esattoriale opposta.”
Tale possibilità di verifica della fondatezza della pretesa contributiva, alla luce dell’obbligo di riunione dei procedimenti (art. 20 comma 7 e seguenti del decreto legge 25 giugno 2008 n. 112) non può venire meno fino a quando è pendente il giudizio di opposizione a verbale.
Aderendo alla tesi dell’INPS, il contribuente si vedrebbe privato del diritto ad una effettiva e utile trattazione di merito, peraltro già instaurata.
La violazione degli art.li 3, 97 e 111 della Costituzione nonché degli articoli 6 e 13 del CEDU è di evidente percezione e certamente rilevante e non manifestamente infondata.
La fattispecie deve essere analizzata anche sotto altri profili.
Laddove sulla medesima posizione vengano emessi una pluralità di ruoli non è possibile ammettere che una parte possa trarre definitivo vantaggio da una svista od impossibilità dell’altra di far valere l’opposizione per uno solo dei procedimenti.

Incostituzionalità o abuso di posizione da parte INPS

Si deve rilevare come tale procedura di fatto costringe la controparte (che ha fondato motivo di ritenere inutile e superfluo opporre una pluralità di volte i medesimi fatti), a moltiplicare inutilmente gli sforzi difensivi, in fasi economiche in cui anche la semplice parcella dell’avvocato ed il contributo unificato possono costituire un limite sostanziale all’esercizio del diritto di difesa.
Tale deviazione interpretativa appare certamente valutabile in sede di legittimità costituzionale (alla luce di quanto disposto dagli art.li 24 del D. L.vo 46/99 e 20 comma 7 e seguenti della decreto legge 25 giugno 2008 n. 112), per violazione di eguaglianza tra le parti in riferimento agli art.li 3, 97 e 111 Cost. nonché per manifesta contraddittorietà nella parte in cui non ha previsto in modo inequivocabile la nullità dei ruoli emessi dagli istituti previdenziali in violazione dell’art.lo 24 e seguenti del D. L.vo n. 46/99 e comunque la loro inefficacia fino a definitiva decisione ove sia già in corso un giudizio di merito sulle medesime posizioni giuridiche.
Ne consegue, ulteriormente, una disparità di trattamento tale da suscitare oltre a rilievi di natura Costituzionale, anche una subdola, ma manifesta violazione degli art.li 6 e 13 della Convenzione Europea del diritti dell’Uomo (C.E.D.U.) che è opportuno che il difensore si riservi di attivare attendendo gli esiti di tutti i percorsi giudiziali nazionali, come disposto dall’art.lo 35 (C.E.D.U.) per chiedere la condanna dello Stato Italiano.
Infatti l’art.lo 6 della citata convenzione prevede che “ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un tribunale indipendente e imparziale, costituito per legge, il quale sia chiamato a pronunciarsi sulle controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile o sulla fondatezza di ogni accusa penale formulata nei suoi confronti”.
L’art.lo 13 della citata convenzione prevede che “ogni persona i cui diritti e le cui libertà riconosciuti nella presente Convenzione siano stati violati, ha diritto ad un ricorso effettivo davanti ad un’istanza nazionale, anche quando la violazione sia stata commessa da persone che agiscono nell’esercizio delle loro funzioni ufficiali”.
Si specifica inoltre che quando rilievi di formalità vengono eccepiti in ordine a verbali ispettivi ovvero avvisi di addebito (ad esempio per inosservanza di termini e di formalità, anche sostanziali nell’emissione del ruolo), l’INPS è solita sostenere sempre la necessità di entrare in ogni caso nel merito per valutarla fondatezza della pretesa.
Tale richiesta, peraltro da sempre accolta, viene fondata su giurisprudenza che conferma, per il giudice, l’obbligo di verificare processualmente il merito della questione (Cass. 18315/2003, 4121/2001, 4974/2000 e C. A. Torino 1660 del 2005).
Si rileva, invece, la tendenza a disapplicare tale orientamento quando si tratta di decidere su una cartella esattoriale od avviso di addebito impugnato dopo 40 giorni. La necessità di trattare il merito, a parere di questo studio, non può essere valutato come possibilità ammessa solo a senso unico e ad esclusivo favore dell’INPS.

Infatti si deve considerare che, ad esempio per il contributo IVS commercianti, l’INPS ha tempo fino a decenni dopo per annullare, partendo dal merito ed a nulla rilevando la formazione del ruolo (che ha rilevanza amministrativa e non giudiziale) non opposto entro 40 giorni.

L’orientamento giurisprudenziale appare pertanto illogico e sbilanciato atteso che la medesima possibilità di valutazione del merito se viene sempre concessa all’INPS deve essere specularmente concessa anche al ricorrente. Infatti il credito vantato dall’INPS non è acasusale, ma costituisce la base contributiva di un periodo di lavoro che ha, SEMPRE, un riflesso corrispondente sul diritto pensionistico.

Sotto altro profilo si ritiene di fare riferimento alla pronuncia della Corte di Cassazione Sezione IV civile che, con la sentenza n. 30002 del 13 dicembre 2017 ha contribuito a fare chiarezza in merito alla illegittimità delle duplicazione delle procedure di trattazione ed alla emissione di avvisi di addebito quando è in corso di causa.


 

 

 

About Avv. Vito Tirrito

Avvocato del lavoro. Tutela negli accertamenti INL-INPS-INAIL e nelle cause di lavoro.