Regolarizzare il DURC: facciamo chiarezza


Le regole del DURC sono giustificate dalla necessità di semplificare gli adempimenti a carico delle imprese e favorire l’occupazione.

Così dice la legge di delega, ma vogliamo approfondire la questione perché l’affermazione non convince.

L’incoerenza del titolo della legge rispetto alle sue previsioni non è una novità nel panorama giuridico italiano; un panorama spesso intriso di principi dichiarati e sistematicamente smentiti nei fatti.

Il DECRETO-LEGGE 20 marzo 2014, n. 34 entrato in vigore il  21/03/2014 e successivamente convertito con modificazioni dalla L. 16 maggio 2014, n. 78 (in G.U. 19/5/2014, n. 114) è la legge da cui deriva l’attuale disciplina del DURC.

Lo scopo dichiarato dalla riforma del 2014 è, o almeno, era:

  1. favorire il rilancio dell’occupazione;
  2. la semplificazione degli adempimenti a carico delle imprese.

Con il suo articolo 4 era stato previsto, al titolo di “semplificazioni in materia di documento di regolarità  contributiva” che chiunque  vi  abbia  interesse  possa verificare  con  modalità esclusivamente  telematiche  ed  in  tempo   reale   la   regolarità  contributiva.

Tale regolarità è accessibile riguardo ai versamenti ed agli inquadramenti nei confronti dell’INPS, dell’INAIL e delle casse edili.

Per le casse edili, tuttavia, tale possibilità riguarda solo le  imprese tenute ad  applicare  i  contratti  del  settore  dell’edilizia. Delle casse edili e della loro legittimità si è già fatto qualche cenno in passato.

La costituzionalità di questa disposizione nel suo articolato complesso normativo e contrattuale sarà oggetto di successiva ed approfondita trattazione essendo la contribuzione trattenuta dalle casse edili  nella misura di circa il 10% del costo delle maestranze operaie, un costo sociale di un certo rilievo.

La norma ha stabilito, nell’ambito delle regole del DURC, che l’esito dell’interrogazione ha validita’ di 120 giorni dalla  data  di  acquisizione  e  sostituisce  ad  ogni effetto  il  Documento  Unico  di  Regolarita’  Contributiva  (DURC).

E’ poi prevista una procedura da disciplinare con decreto ministeriale che deve ispirarsi ai seguenti criteri:

  • la verifica della  regolarità avviene in  tempo  reale;

Questa  riguarda  i pagamenti scaduti sino all’ultimo giorno del secondo mese antecedente a quello in cui la verifica  è  effettuata (a  condizione  che  sia scaduto anche il termine  di  presentazione  delle  relative  denunce retributive  e  comprende  anche  le  posizioni  dei  lavoratori  con contratto  di  collaborazione  coordinata  e  continuativa  anche   a progetto che operano nell’impresa).

  • la verifica avviene  tramite  un’unica  interrogazione  negli archivi dell’INPS, dell’INAIL e  delle  Casse  edili  indicando esclusivamente il codice fiscale del soggetto da verificare;

I casi in cui, secondo le regole del DURC, la certificazione viene comunque rilasciata.

Irregolarità non grave con riferimento all’importo

  • In questo caso la norma parla di scostamento non grave tra le somme dovute e quelle versate a ciascun Istituto previdenziale ed a  ciascuna  Cassa

La norma poi precisa che si considera non grave uno scostamento che, comprese le sanzioni civili, è contenuto nel limite di € 150,00. Il tenore letterale, tuttavia, non appare tassativo e consente di considerare tale indicazione come esemplificativa.

Ad avviso di questo studio, quindi, valutate le dimensioni di un’impresa che versa ogni mese decine di migliaia di euro, un debito complessivo di € 160, 200 o 300 non è certamente da considerare un grave scostamento.

Ove rilevante, la valutazione, se del caso, sarà del Giudice.

Ci sono casi di presunzione temporanea di regolarità.

Casistica applicativa delle regole del DURC.

Si verifica nelle situazioni di:

  • rateizzazioni concesse dagli enti creditori ovvero  dagli  Agenti  della  riscossione  sulla  base   delle disposizioni di legge e dei rispettivi regolamenti;
  • sospensione  dei   pagamenti   in   forza   di   disposizioni legislative (costituisce un esempio il caso COVID);
  • crediti in fase amministrativa oggetto di compensazione. Ma questo pone non pochi problemi interpretativi in quanto la presunzione vale solo nel caso in cui sia stato verificato il credito e sia stato fatto  nelle  forme  previste  dalla legge o dalle disposizioni emanate dagli Enti preposti alla  verifica e che sia stata accettata dai medesimi Enti;
  • crediti affidati per il recupero agli Agenti della riscossione per i quali sia stata  disposta  la  sospensione  della  cartella  di pagamento o dell’avviso di addebito a seguito di ricorso giudiziario.

Casistica contenziosa che supera le regole del DURC.

Si verifica quando ci sono:

  •   crediti in fase  amministrativa  in  pendenza  di  contenzioso amministrativo sino alla decisione che respinge il ricorso;
  •  crediti in fase  amministrativa  in  pendenza  di  contenzioso giudiziario sino al passaggio  in  giudicato  della  sentenza.

Per quest’ultima ipotesi tuttavia esiste un’eccezione costituita dalla possibilità che si possa essere verificato quanto previsto dall’art.  24,  comma  3,  del  decreto  legislativo  26 febbraio 1999, n. 46.

La formulazione della norma ha via via portato alla luce alcune perplessità tra gli operatori che vediamo di chiarire.

Il comma 3 di questo articolo stabilisce che “se l’accertamento effettuato dall’ufficio è impugnato davanti all’autorità giudiziaria, l’iscrizione a ruolo (l’emissione dell’avviso di addebito) è eseguita in presenza di provvedimento esecutivo del giudice”.

Durc: cosa fare per ottenerlo?

Prima di tutto occorre comprendere l’origine del problema per poi valutare se ci sono o meno fondati motivi per pagare, chiedere la dilazione o fare opposizione amministrativa o giudiziale.

Queste soltanto sono le soluzioni, ma tutte richiedono conoscenza della situazione e delle procedure da seguire.

Alcuni interpretano questo riferimento all’avviso di addebito nel senso che se è stato emesso la regolarità contributiva è compromessa.

Nell’ambito delle regole del DURC, prevale una logica che tende ad equiparare l’efficacia esecutiva del ruolo conseguente alla notifica dell’avviso di addebito a quello che la norma definisce “provvedimento esecutivo del giudice”.

Ad avviso di questo studio si devono considerare alcune ipotesi.

Nel caso in cui è stata fatta opposizione all’avviso di addebito e quindi il ruolo è stato impugnato davanti al giudice, la regolarità contributiva potrebbe risultare compromessa soltanto dopo che il giudice ha respinto il ricorso.

Ma la questione si amplia a seconda delle modalità con cui il Giudice viene interpellato.

La sentenza del giudice del lavoro è sempre esecutiva, ma non è detto che il rigetto del ricorso possa essere considerato “provvedimento esecutivo” avente ad oggetto l’obbligazione contributiva.

A nostro avviso (e penso di poter parlare anche a nome dei miei collaboratori) l’iscrizione a ruolo  è da considerarsi “eseguita in presenza di provvedimento esecutivo del giudice” solo quando si è esaurito il giudizio che si pronuncia sul merito e quantifica il dovuto e condanna il contribuente al pagamento.

È solo in quel caso che si è in presenza di un provvedimento esecutivo del giudice ai fini del pagamento.

Se in primo grado si è persa la causa è possibile chiedere la sospensione del ruolo?

Una volta esaurito il primo grado con esito negativo è da ritenere non percorribile, in fase di appello, la richiesta di sospensione della provvisoria esecuzione di una sentenza avente per oggetto il ruolo esattoriale.

Una tale pronuncia non ha (salvo che per il capo relativo alle spese processuali – Cass. 25.1.2010 n. 1.283) natura di sentenza di condanna suscettibile di provvisoria esecuzione ex art.lo 431 c.p.c.

Neppure è da ritenere ammissibile quindi, in un giudizio di appello, una richiesta di sospensione dell’esecuzione dell’avviso di addebito non rientrando questa ipotesi nella previsione dell’art.lo 24 comma 4 del D. L.vo 46/1999.

Quindi, in caso di soccombenza nel giudizio di primo grado, è possibile proporre l’appello, ma avendo l’accorgimento di provvedere alla sistemazione della posizione esecutiva del ruolo.

La soccombenza del contribuente in primo grado è sufficiente a negare il DURC?

In virtù di quanto sopra sembrerebbe sostenibile che l’eventuale revoca del DURC da parte dell’ente creditore, in pendenza di appello, potrebbe lasciare spazio per una valutazione, seppure estrema, di illegittimità del comportamento dell’ente.

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