Professionisti stressati da note e circolari – l’INPS deve risarcire?


E’ possibile, per il professionista vessato da istruzioni, circolari e note dell’ultimo minuto, invocare uno stress da lavoro correlato nei confronti dell’INPS. Cosa accade se il Consulente del Lavoro non ha le energie per adempiere alle attività imposte con modalità degradanti o se la piattaforma non funziona o se per altri motivi non è riuscito a presentare in tempo una domanda amministrativa per eccesso di restrizioni o ritardi operativi?

Professionisti stressati da note e circolari – l’INPS deve risarcire? Partiamo dall’ipotesi che il Consulente del Lavoro si è dimenticato di presentare l’SR41 per la CIG -.

  • Se la presenta in ritardo l’INPS rigetta le istanze e sarà necessario attivare la polizza.
  • Se non fa niente potrà comunque denunciare il sinistro all’assicurazione.

Se non fa niente?

Questa terza ipotesi deve far riflettere.

  • Cosa può fare l’impresa che, esausta, ha deciso di reagire.
  • Cosa può fare il consulente del lavoro (o il commercialista od altro soggetto abilitato dalla legge 12/79) che ha deciso, una volta per tutte, di porre un limite all’eccesso di burocrazia che attraverso la continua adozione di disposizioni aberranti, disfunzionali, tardive, cervellotiche ed irrispettose degrada ogni categoria di liberi professionisti a meri servi, non tutelati, dello stato.
  • Partiamo da cosa può fare l’impresa nel caso di Stress provocato ai professionisti da note e circolari dell’ultimo momento.

Non c’è dubbio che quando il datore di lavoro risulta costretto a chiusure illogiche ed inutili per effetto di uno o più DPCM ed ostacolato nello stesso tempo nella libertà di riduzione del personale possano sorgere valide ragioni per prendere posizione giuridicamente sostenibile contro le vessazioni subite.

In questo caso non è da  escludere tassativamente una eventuale azione verso INPS (assieme ai lavoratori affinché l’azienda venga sollevata dal goffo tentativo di porre a carico ed esclusivo rischio datoriale e delle maestranze  forzatamente ostacolata nelle attività).

Analoga considerazione deve essere rivolta per lo – Stress provocato ai professionisti  – verso i competenti organi dello stato per chiedere al Giudice di porre a carico dell’erario l’intera retribuzione e contribuzione spettante ai lavoratori quando il tutto è derivato da scelte che potevano essere diversamente gestite ovvero da un divieto di licenziamento per gmo del tutto irragionevole e contrario ai principi fondamentali del diritto ordinario e costituzionale.

E’ di tutta evidenza che con la procedura cig il lavoratore viene penalizzato ad una riduzione dello stipendio tale da compromettere addirittura la sufficienza di quello che gli serve per vivere.

Non è assolutamente pensabile che un dipendente possa vivere con 750 € mensili che l’INPS eroga con tempistica indefinita così come sia improbabile che il datore di lavoro possa anticipare trattamenti economici durante le fasi di chiusura forzata dell’attività prolungata al di là di ogni ragionevole possibilità di trovare alternative di prevenzione epidemiologica.

Al riguardo occorre un richiamo al codice civile il quale fa riferimento allo strumento dell’inadempimento per sopravvenuta impossibilità da un lato e dall’altro si deve considerare che nessuna norma impone al datore di lavoro di chiedere la cig a favore dei lavoratori. L’intero impianto cig-intervento COVID presenta quindi numerosi profili di sospetta incostituzionalità per comportamenti statali irragionevoli e di gravissima e intensa mutilazione delle libertà e dei diritti fondamentali di cittadini e imprese.

Stress provocato ai professionisti per istigazione, di fatto, alla conflittualità.

Lo stress provocato ai professionisti e alle imprese si traduce anche in frequentissime revoche di mandato e liti tra assistente ed assistito

Non sempre il committente impresa ha la capacità co comprendere le difficoltà alle quali è stato ingiustificatamente esposto il professionista.

Questo tipo di danno, pur essendo difficoltoso da un punto di vista probatorio, non è da trascurare in quanto è capace di erodere risorse importanti ad uno studio organizzato per un certo numero di servizi che all’improvviso si trova impoverito di clientela sol perché qualcuno, dall’altra parte del server, ha deciso di farlo operare in modo eccessivamente restrittivo con procedure spesso ingannevoli o disposizioni operativi che arrivano in prossimità o addirittura, a volte, solo dopo la scadenza.

Stress provocato ai professionisti da note e circolari dell’ultimo momento – Adesso vediamo cosa potrebbe fare il Consulente del Lavoro (od altro soggetto abilitato) nel caso in cui l’INPS abbia tenuto comportamenti vessatori ed eccessivamente restrittivi delle sue libertà professionali.

La legge 12/79 stabilisce che Tutti gli adempimenti in materia di lavoro, previdenza ed assistenza sociale dei lavoratori dipendenti, quando non sono curati dal datore di lavoro, direttamente od a mezzo di propri dipendenti, non possono essere assunti se non da coloro che siano iscritti nell’albo dei consulenti del lavoro.

La figura del consulente del lavoro (o di altro soggetto abilitato) è quindi quella di un libero professionista che agisce in forza di mandato a favore del datore di lavoro sostituendosi alle sue attività di amministrazione del personale.

Nel corso degli anni le attività amministrative del personale sono divenute di tale complessità da non consentire ad aziende medio-piccole di avere le risorse per sostenere una struttura sufficientemente capace di  gestire gli adempimenti di legge. Quindi la delega ad un professionista abilitato, per la piccola-media impresa, non è una scelta, ma un obbligo-necessità.

Secondo l’art.lo 1703 ccil mandato è il contratto col quale una parte si obbliga a compiere uno o più atti giuridici per conto dell’altra”. A norma del successivo articolo 1708 il mandato comprende non solo gli atti per i quali è stato conferito, ma anche quelli che sono necessari al loro compimento ed anche che il mandato generale non comprende gli atti che eccedono l’ordinaria amministrazione, se non sono indicati espressamente.

Il successivo articolo 1710 prevede che il mandatario è tenuto a eseguire il mandato con la diligenza del buon padre di famiglia; ma se il mandato è gratuito, la responsabilità per colpa è valutata con minor rigore.

Il mandatario è anche tenuto a rendere note al mandante le circostanze sopravvenute che possono determinare la revoca o la modificazione del mandato.

Una norma che non può essere taciuta sono anche l’art.lo 2232 del c.c. secondo il quale “Il prestatore d’opera deve eseguire personalmente l’incarico assunto. Può tuttavia valersi, sotto la propria direzione e responsabilità, di sostituti e ausiliari, se la collaborazione di altri è consentita dal contratto o dagli usi e non è incompatibile con l’oggetto della prestazione“ e l’art.lo 2238 c.c. il quale prevede che se l’esercizio della professione costituisce elemento di un’attività organizzata in forma d’impresa (2082), si applicano anche le disposizioni del titolo II e che in ogni caso, se l’esercente una professione intellettuale impiega sostituti o ausiliari, si applicano le disposizioni delle sezioni II, III e IV del capo I del titolo II (2094 ss.).

Dalla disamina della normativa più evidente appare chiaro che impresa e professione si combinano in un simposio amministrativo non privo di aspetti critici.

Tuttavia una cosa è certa, il professionista non è un dipendente del mandante (anche si di fatto, talvolta, quasi lo diventa nei confronti dell’INPS che gli impone tutta una serie di attività riducendolo quasi ad una figura di cococo).

E’ indubbio che nella realtà, si possa riscontrare una costante prevaricazione da parte di certi ambiti istituzionali che perseverano nella reiterazioni di disposizioni tardive e, talvolta, cervellotiche al punto da assediare la libera scelta del dove svolgere l’attività e quando, gli studi professionali; anche quelli più organizzati.

E’ sempre più frequente l’eventualità che le istituzioni ritardino le indicazioni utili o necessarie per adempiere correttamente agli obblighi di legge a carico dei contribuenti.

Sono altrettanto frequenti i casi di omissione di attività da parte della pubblica amministrazione (si pensi ai casi di richieste inevase per anni senza alcuna comunicazione) che al momento suscitano scalpore salvo poi essere dimenticati a causa della pesantezza degli adempimenti dei contribuenti e loro professionisti sempre più anestetizzati da un sistema che non concede tregue.

Inutili e spesso retoriche appaiono le discussioni nei salotti para-istituzionali presso i quali ogni problema quando va bene lascia il posto alle più bollenti ragioni di stato.

La questione che si pone è quella di capire se, quando ed in quale misura, certe disarticolazioni di amministrazione possono generare aspettative risarcitorie a favore dei soggetti che ne subiscono le conseguenze; siano questi lavoratori, professionisti o imprese.

La questione verte soprattutto i ruoli che investono le attività dei professionisti che sono la parte più esposta al logoramento e che non hanno alcuna possibilità di sottrarsi alle tempistiche ed alle casistiche organizzate quasi sempre ad esclusiva utilità ed intempestività della pubblica amministrazione.

Mentre le tempistiche imposta dal cliente possono essere in qualche modo contrastate o superate eventualmente mediante trattativa o rinuncia al mandato, così non è per le imposizioni sorte negli ambiti istituzionali.

Dal momento che non tutti i comportamenti scorretti della pubblica amministrazione costituiscono reato o illecito, vi è la necessità di comprendere se, come e quando, un intervento giudiziale o legale può produrre effetti.

Per verificare se in caso di stress provocato ai professionisti l’INPS deve risarcire, occorre distinguere gli atti di normazione dagli atti di applicazione

La distinzione tra atti di normazione ed atti di amministrazione (o circolari applicative od anche solo semplici apparati o piattaforme applicative) è fondamentale per comprendere la portata di eventuali azioni a tutela dei soggetti che subiscono lesioni derivanti da alterazioni sistematiche della libera determinazione degli ambiti di lavoro.

La prima distinzione deve essere effettuata in ragione del tipo di attività che viene posta in essere in quanto un atto normativo (come ad esempio una legge) potrà esporre il parlamento o l’organo che lo ha emanato alla sola responsabilità politica.

Diverso invece è il caso di semplici atti applicativi o di regolamentazione delle risorse.

L’anarchia del sistema Italia e l’attuazione di una vera e propria abitudine alle circolari e note dell’ultimo momento, alle piattaforme attivate solo pochi giorni prima del termine ultimo ed alle altre attività assimilabili a vere e proprie fonti di stress da lavoro correlato.

L’ “anarchia del sistema Italia” è costellata da norme che di fatto sono ancora ben lontane dalla normale attuabilità concreta. Basti pensare alla legge 241/90 sulla trasparenza amministrativa ed alle sue interferenziali concezioni in relazione alla privacy oppure alla risposta di alcuni funzionari che ti urlano in faccia che loro hanno 30 giorni di tempo per rispondere quando invece tu nei hai solo 20 per fare ricorso.

Ma soprattutto è chi ha contatti costanti con la pubblica amministrazione che percepisce l’irresponsabilità amministrativa di chi, in ambito istituzionale, di fatto ostacola il rispetto delle regole e dei diritti della persona attraverso quella che è nota come burocrazia.

Di fronte a casi di stress provocato ai professionisti l’INPS deve risarcire?

Laddove è stato possibile verificare, senza riserva alcuna, che sono stati commessi abusi del diritto o straripamenti di potere ovvero attività che hanno cagionato danni alla salute od alla libertà dei “sudditi” occorre chiedersi:

  1. Qualcuno ha subito danni?
  2. Quale è il rapporto di quel comportamento con la normativa vigente e la Costituzione?
  3. A quale giudice ci si può rivolgere per quella tipologia di danno?
  4. Esistono pregiudiziali amministrative che deviano responsabilità o competenze nel giudizio?
  5. Esiste un nesso causale tra il fatto (abuso o ritardo od altro) e l’evento da risarcire?
  6. E’ possibile quantificare un danno emergente, un lucro cessante o un danno da perdita di chance?

Normalmente l’eventualità di giudizi finalizzati al risarcimento in via civile nei confronti della pubblica amministrazione investe l’ambito degli appalti pubblici  https://www.segretaricomunalivighenzi.it/11-03-2019-azioni-di-risarcimento-danni-in-sede-civile-nei-confronti-della-p-a .

Più raro invece è riscontrare azioni risarcitorie nei confronti della pubblica amministrazione in altri ambiti, siano questi amministrativi o di vigilanza; ancora meno si riscontrano iniziative quando dall’altra parte vi è la piccola o media impresa o semplici professionisti che sono normalmente sottoposti alla vigilanza ed alle sanzioni della pubblica amministrazione.

Il diritto alla difesa e le garanzie dei principi enunciati dagli art.li 3, 97 e 111 della Costituzione è depotenziato se il legislatore non prevede norme di tutela per il contribuente che assume iniziative contro gli organi amministrativi che sono in grado di punirlo in modo subdolo senza dover poi rispondere ad alcuno sul proprio assai temuto “accanimento amministrativo”.

Timore che è alla base del dilagare di una certa spregiudicatezza di taluni comportamenti di governo delle istituzioni.

Che vi siano situazioni limite è fuori discussione; basta verificare cosa è accaduto in ordine alla gestione del COVID attraverso una inoculata inondazione di regole che imponevano ad aziende e consulenti di passare giornate e nottate a solo cercare di capire cosa fare e quando. Un esempio non esaustivo, ma sufficientemente illuminante lo si ricava da alcuni elenchi di norme e disposizioni amministrative circolati sui social

https://www.facebook.com/manuelabaltoluconsulentedellavoro/posts/2159120050901287

Un ulteriore e non secondario problema investe la posizione della piccola impresa o del professionista che dopo una accesa contrapposizione amministrativa o legale dovrà continuare a convivere con una amministrazione che con tutta probabilità (per non dire certezza) gliela potrebbe far pagare cara.

Il professionista non è tutelato da specifiche norme come il lavoratore pubblico o quello privato.

Rilevanza della ripetitività dei comportamenti – in caso di stress provocato al professionista la ripetitività metodica del fatto, l’avere ignorato sistematicamente le lamentele, la prova della costanza nell’abuso della posizione dominante con la quale un ente ha illegittimamente od anche solo restrittivamente agito, può costituire la base di partenza per il risarcimento dei danni. In questi casi l’INPS deve risarcire?

E’ così che anche di fronte a centinaia o forse anche migliaia di casi di DURC irregolarmente negati e di una Corte di Cassazione che si è pronunciata apertamente a favore di un percorso risarcitorio (per esempio quando l’INPS agisce in violazione dei diritti fondamentali dell’impresa) i casi di adeguata protesta o richiesta di danni sono quasi assenti.

E’ questo un chiaro “delirio da sudditanza rassegnata” attraverso il quale si rinuncia a dialogare con un soggetto che, salvo sporadici sprazzi di lucidità, ragiona solo a senso unico.

Così accade che per anni le piccole aziende più fragili cadono sotto i colpi del costante disguido tecnico senza che nessuno si preoccupi del fenomeno dell’”irresponsabilità cronica” le cui vittime sono anche i professionisti che le assistono i quali vedono costantemente scemare il loro portafoglio clienti.

La casistica dimostra che la maggior parte dei professionisti tende a cercare il dialogo con gli ambiti istituzionali che applicano prassi automatizzate e/o distorte ritenendo addirittura che tale disumanizzata modalità sia motivo di vanto e prestigio di fronte al cliente ed ai colleghi.

Ad avviso di chi scrive, invece, non deve essere negato il diritto alla tutela del professionista dallo stress da lavoro correlato, ad oggi richiamato solo a favore del lavoratore dipendente, ma i cui principi fondamentali possono essere richiamati quando si verifica un evidente eccesso di disposizioni limitative della libertà professionale e nel lavoro.

Se l’IPNS deve risarcire, COSA PUO COMINCIARE A FARE IL PROFESSIONISTA per preparare la sua causa?

In tal senso non è eccessivo cominciare a prepararsi per una eventuale azione legale laddove in concomitanza di certe vicende amministrative il professionista si sia visto recapitare il conto sanitario del proprio stato fisico. Questo vale sia per chi ha avuto un infarto che per chi abbia subito altri danni alla salute dei quali possa provare l’origine legata ad ingiustificate, logoranti e scellerate scelte amministrative.

Tabella esemplificativa ai cui eventi si è in grado di collegare l’origine del danno sanitario subito dal professionista

NORMA IN VIGORE DAL ADEMPIMENTO ENTRO IL CHIARIMENTI DEL ESTREMI DEL PROVVEDIMENTO ALLEGATO N.

A tutto quanto sopra annotato sarà opportuno inserire anche le segnalazioni che associazioni, singoli, i social o la stampa hanno via via fatto alle istituzioni che sono rimaste inerti.

Al riguardo è opportuno ricordare che la vigilanza sul funzionamento degli enti di previdenza è affidata all’Ispettorato del Lavoro e che allo scrivente non risulta essere mai stata esercitata.

Al riguardo il riferimento va alla legge 628/61secondo il cui art.lo 4 prevede che:

L'Ispettorato del lavoro ha il compito:
    a)  di  vigilare  sull'esecuzione di tutte le leggi in materia di
lavoro   e   di   previdenza   sociale   nelle  aziende  industriali,
commerciali,  negli uffici, nell'agricoltura, ed in genere ovunque e'
prestato   un  lavoro  salariato  o  stipendiato,  con  le  eccezioni
stabilite dalle leggi;
    b)  di  vigilare  sull'esecuzione  dei  contratti  collettivi  di
lavoro;
    c)  di  fornire tutti i chiarimenti che vengano richiesti intorno
alle leggi sulla cui applicazione esso deve vigilare;
    d)  di  vigilare sul funzionamento delle attivita' previdenziali,
assistenziali  e  igienico-sanitarie  a favore dei prestatori d'opera
compiute  dalle  associazioni professionali, da altri enti pubblici e
da   privati,  escluse  le  istituzioni  pubbliche  di  assistenza  e
beneficenza  e  le  istituzioni  esercitate direttamente dallo Stato,
dalle province e dai comuni per il personale da essi dipendente;
    e)  di esercitare le funzioni di tutela e di vigilanza sugli enti
dipendenti dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale;
  ......
  L'azione  di  consulenza,  di  cui  in particolare alla lettera c),
sara'  esercitata  a  mezzo  di apposita sezione da istituirsi presso
ciascun Ispettorato regionale e provinciale.

Avv. Vito Tirrito