Pagamenti in contanti nulli e sanzionati


pagamenti in contantiDal 1 luglio 2018 sono ammessi solo pagamenti tracciati.

Chi sbaglia paga due volte ed è soggetto ad una sanzione ridotta di € 2.000,00.

A stabilirlo è la legge di bilancio n. 205/2018 che così dispone:

“910 A far data dal 1° luglio 2018 i datori di lavoro o committenti corrispondono ai lavoratori la retribuzione, nonché ogni anticipo di essa, attraverso una banca o un ufficio postale con uno dei seguenti mezzi:

a) bonifico sul conto identificato dal codice IBAN indicato dal lavoratore;

b) strumenti di pagamento elettronico;

c) pagamento in contanti presso lo sportello bancario o postale dove il datore di lavoro abbia aperto un conto corrente di tesoreria con mandato di pagamento;

d) emissione di un assegno consegnato direttamente al lavoratore o, in caso di suo comprovato impedimento, a un suo delegato. L’impedimento s’intende comprovato quando il delegato a ricevere il pagamento e’ il coniuge, il convivente o un familiare, in linea retta o collaterale, del lavoratore, purché di età non inferiore a sedici anni.

I datori di lavoro o committenti non possono corrispondere la retribuzione per mezzo di denaro contante direttamente al lavoratore, qualunque sia la tipologia del rapporto di lavoro instaurato.

911 Per rapporto di lavoro, ai fini del comma 910, si intende ogni rapporto di lavoro subordinato di cui all’articolo 2094 del codice civile, indipendentemente dalle modalità di svolgimento della prestazione e dalla durata del rapporto, nonché ogni rapporto di lavoro originato da contratti di collaborazione coordinata e continuativa e dai contratti di lavoro instaurati in qualsiasi forma dalle cooperative con i propri soci ai sensi della legge 3 aprile 2001, n. 142. La firma apposta dal lavoratore sulla busta paga non costituisce prova dell’avvenuto pagamento della retribuzione.

912 Le disposizioni di cui ai commi 910 e 911 non si applicano ai rapporti di lavoro instaurati con le pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, a quelli di cui alla legge 2 aprile 1958, n. 339, né a quelli comunque rientranti nell’ambito di applicazione dei contratti collettivi nazionali per gli addetti a servizi familiari e domestici, stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale. Al datore di lavoro o committente che viola l’obbligo di cui al comma 910 si applica la sanzione amministrativa pecuniaria consistente nel pagamento di una somma da 1.000 euro a 5.000 euro.”

Incertezze sui pagamenti in contanti

Sanzioni a parte, dal tenore letterale della legge emergono incertezze sulla sorte di quelle somme che non sono tracciate, ma che risulteranno essere state comunque corrisposte al lavoratore.

Come saranno giudicati quei casi di compensazione, anche solo parziale, di precedenti debiti o di anticipi che il lavoratore, con il permesso del titolare, ha prelevato dalla cassa?

Sicuramente nulli, solo che mentre prima si poteva anche attendere il giudizio ed i testimoni, ora non più questo vale. Nullo è nullo.

I risvolti prospettano un nuovo filone di contenzioso per la nullità dei pagamenti, ma che fine faranno quelle somme? Dovranno essere restituite con procedure da attivare a parte per arricchimento senza causa?

E per i rapporti di lavoro domestico che non applicano nessun contratto collettivo maggiormente rappresentativo la norma si applica o no? È legittima e Costituzionale questa regola che espressamente favorisce alcuni contratti collettivi rispetto ad altri e che sembra prescindere dal rispetto o meno dei minimi tabellari dando risalto solo ai soggetti stipulanti?

Certamente il lavoro nero domestico sarà un facile bersaglio ed il lavoratore domestico potrà pretendere di essere pagato due volte.

La cosa più interessante sarà verificare quanto il diritto del lavoro sarà capace di distanziarsi ancora di più dal diritto ordinario.

Mentre nel diritto civile la prova scritta è regina e la prova orale spesso la sostituisce o la interpreta, in materia di pagamenti, invece, quando si tratta  di rapporti di lavoro queste regole generali sembrano non valere più.

E il giuramento decisorio come si inserisce nella possibile vicenda processuale dei crediti di lavoro?

E l’apparato sanzionatorio come si applica?

Il cumulo giuridico della legge 689/81 si può applicare o sarà prevista una sanzione per ogni pagamento e quindi al datore di lavoro conviene non pagare piuttosto che pagare in contanti?

E il lavoratore dichiarerà al fisco le somme ricevute in contanti?

Dal punto di vista fiscale cosa accade, in quale misura e nei confronti di chi?

Capisco che siamo soliti chiedere all’Avvocato chiarimenti e lumi sul diritto, ma quando il diritto diventa rovescio è difficile fare pronostici; quindi facciamoci delle domande, le risposte arriveranno con gli anni e le sentenze.