In queste ultime settimane tantissimi datori, o ex datori, di lavoro da nord a sud d’Italia, stanno ricevendo un’incredibile quantità di ordinanze ingiunzioni da parte dell’INPS. Nulla di strano potreste dire, ma le sanzioni amministrative sono pesantissime.
In effetti, potrebbe sembrare “normale amministrazione”, se non fosse che si tratta di un tipo di ordinanza ingiunzione emessa per sanzioni relative ad omesso versamento delle ritenute di contributi non versati in anni ormai lontani dalla loro memoria – partono addirittura dal 2010 – e che la loro quantificazione monetaria è quanto mai spropositata rispetto all’importo del mancato versamento.
La normativa che sanziona l’omesso versamento delle ritenute
Fino al 2016 l’omesso versamento delle ritenute previdenziali era un reato qualunque fosse la cifra trattenuta dal datore di lavoro e non versata all’INPS per cui era il giudice che, caso per caso, stabiliva la misura della pena.
Con la di depenalizzazione operata dall’art.lo 3 comma 6 del D.L.vo n. 8/2016 l’art. l’articolo 2 del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 1983, n. 638, il precedente testo è stato aggiornato e quindi attualmente il testo vigente è il seguente:
“Le ritenute previdenziali ed assistenziali operate dal datore di lavoro sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti, ivi comprese le trattenute effettuate ai sensi degli articoli 20, 21 e 22 della legge 30 aprile 1969, n. 153, debbono essere comunque versate e non possono essere portate a conguaglio con le somme anticipate, nelle forme e nei termini di legge, dal datore di lavoro ai lavoratori per conto delle gestioni previdenziali ed assistenziali, e regolarmente denunciate alle gestioni stesse, tranne che a seguito di conguaglio tra gli importi contributivi a carico del datore di lavoro e le somme anticipate risulti un saldo attivo a favore del datore di lavoro.”.
«1-bis. L’omesso versamento delle ritenute di cui al comma 1, per un importo superiore a euro 10.000 annui, è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a euro 1.032. Se l’importo omesso non è superiore a euro 10.000 annui, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 10.000 a euro 50.000. Il datore di lavoro non è punibile, né assoggettabile alla sanzione amministrativa, quando provvede al versamento delle ritenute entro tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell’avvenuto accertamento della violazione.»
Le motivazioni con cui l’INPS giustifica gli addebiti
Ciò che ci colpisce di più nelle procedure adottate dalle varie sedi INPS di tutto lo stivale è il fatto che le sanzioni da loro imposte per l’omesso versamento delle ritenute, vengono argomentate tutte con la stessa formula di stile, come se il comportamento di un datore di lavoro di Catania fosse identico sempre a quelle di un altro di Alessandria, in pieno spregio delle più basilari regole di motivazione.
Come si vede, queste sono le motivazioni così come le sedi le hanno inserite nei loro provvedimenti:
– constatata la ritualità degli atti di notificazione delle violazioni sopradescritte; – rilevato che non è stata data dimostrazione all’Ufficio di aver provveduto al pagamento nei termini di legge delle ritenute previdenziali e assistenziali e/o delle trattenute e delle sanzioni in misura ridotta;
– rilevato che non sono stati prodotti scritti difensivi ex articolo 18 della legge n. 689/1981 e s.m.i.;
– rilevato che sulla base della condotta dell’autore delle violazioni, delle eventuali dichiarazioni rese e della documentazione raccolta e presente in atti si confermano le violazioni contestate;
– ritenuto che la gravità della condotta, la personalità dell’autore delle violazioni e gli altri elementi di valutazione di cui all’articolo 11 della legge n. 689/1981 consentono di determinare la sanzione amministrativa nella misura di €” XXX
Proseguono poi i provvedimenti riportando:
“- visti gli articoli 6, 8, 10, 11, 18, 19, 20, 21 e 35 della legge n. 689/1981;
– visto l’articolo 3, comma 6, del decreto legislativo 15 gennaio 2016, n. 8, che ha stabilito che, se l’importo omesso non è superiore a euro 10.000 annui, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 10.000 a euro 50.000;”
01. ORDINANZA INGIUNZIONE per articoloL’avvertimento che in caso di mancato pagamento l’INPS procederà ad esecuzione forzata
Da quanto sopra ne deriva l’ordine di pagare immediatamente le somme specificate oltre spese di notifica con relativa ingiunzione al cui difetto l’INPS, con un tono molto formale ed autoritario “procederà ad esecuzione forzata ai sensi dell’art.lo 27 della legge 689/81 in combinato disposto con l’articolo 30 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2020, n. 122 che, al comma 1, ha disposto che, a decorrere dal 1° gennaio 2011, l’attività di riscossione relativa al recupero delle somme a qualunque titolo dovute all’Inps è effettuata mediante la notifica di un avviso di addebito con valore di titolo esecutivo.”
La sproporzione tra il mancato versamento e l’importo sanzionato
Le modalità con le quali l’INPS procede a notifiche e quantificazioni sono quanto mai discutibili e fanno temere che dall’altra parte si sia veramente perso il senso ed il controllo della misura dell’effettivo omesso versamento delle ritenute.
La questione colpisce soprattutto perché a fronte di mancati versamenti dovuti all’INPS a volte per pochissimi spiccioli (talvolta si tratta solo di qualche centinaio di euro, che tuttavia nelle ordinanze ingiunzione che ha visionato e di cui si è occupato questo studio non sono stati specificati nel loro ammontare) le sanzioni amministrative cumulate su più annualità sono notificate per decine ed a volte anche oltre il centinaio di migliaia di euro.
L’avvicendamento degli amministratori e le problematiche che ne conseguono
Spesso chi riceve la notifica non è più amministratore e non ha più la disponibilità documentale per difendersi; pertanto, quando arriva la notifica dell’ordinanza ingiunzione ha serie difficoltà a ricostruire, in punto di fatto e quindi anche di diritto, gli elementi che possono esimere la sua responsabilità.
Travalicazione della schermatura tipica della srl e prescrizione
La sanzione amministrativa segue l’autore del fatto che ne risponde sempre in prima persona. Questo significa che l’azienda (la srl per esempio) risponde solo in via solidale e chi pagherà con certezza, se non paga la società, sarà la persona fisica dell’amministratore o dell’ex amministratore.
La sanzione, essendo svincolata dalla scadenza del pagamento in quanto il fatto tipico si concretizza con il trascorrere di tre mesi dalla data della notifica della pretesa, si allontana inoltre dalla comune percezione del termine prescrizionale creando notevole disagio nel contribuente.
Inoltre, occorre osservare che anche se il destinatario non è più il soggetto obbligato al pagamento dei contributi, è lui che dovrà pagare la sanzione prevista per l’omesso versamento delle ritenute.
Da qui l’importanza della sproporzione che talvolta sussiste tra l’importo non versato (spesso da parte di soggetti non più capaci di pagare come ad esempio una srl decotta o cessata) e quanto richiesto con il ruolo esattoriale che con l’ordinanza ingiunzione si va a formare.
I rimedi ed i tempi
Alla luce degli atti che fino ad ora ci sono stati sottoposti si ritiene sempre opportuno rivolgersi al giudice per ottenere l’annullamento o comunque la riduzione delle sanzioni applicate.
I termini per presentare ricorso sono di soli trenta giorni decorsi i quali il ruolo è definitivo. Tuttavia, se il ruolo non viene sospeso dal giudice l’ufficio potrà procedere ugualmente all’esecuzione con ogni conseguenza che questo può comportare alla famiglia stessa della persona che risponde con il proprio patrimonio salvo che non provveda il datore di lavoro in quanto tale (per esempio la srl) nei termini di legge.
Per agevolare chi vuole rivolgersi al proprio avvocato od anche al nostro studio abbiamo redatto uno specifico articolo con l’elenco dei documenti da preparare per fare opposizione .
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