Per verificare se sussista o meno l’obbligo di iscrizione all’ENASARCO si deve prendere in considerazione il tipo di rapporto o di contratto in essere tra preponente e lavoratore.
Il primo problema è stabilire se si tratta di semplici procacciatori o di veri e propri rappresentanti.
Una volta stabilito che l’attività del lavoratore è riconducibile a quella del rappresentante di commercio secondo la nozione del codice civile (articolo 1742) e non ad altre figure, si impone l’esigenza di verificarne l’obbligo assicurativo all’ENASARCO.
L’art.lo 5 della legge n. 12/1973 disciplina, in generale, la materia dell’obbligo dell’iscrizione all’ENASARCO prevedendo che:
“Sono obbligatoriamente iscritti al Fondo di previdenza dell’ENASARCO tutti gli agenti ed i rappresentanti di commercio che operano sul territorio nazionale in nome e per conto di preponenti italiani o di preponenti stranieri che abbiano la sede o una qualsiasi dipendenza in Italia; sono altresì obbligatoriamente iscritti all’ENASARCO gli agenti ed i rappresentanti di commercio italiani che operano all’estero nell’interesse di preponenti italiani.
È fatta comunque salva l’applicazione delle convenzioni internazionali contro la doppia contribuzione.
L’obbligo di iscrizione al Fondo di previdenza riguarda gli agenti ed i rappresentanti di commercio che operano individualmente e quelli che operano in società, anche di fatto, o comunque in associazione, qualunque sia la forma giuridica assunta, che siano illimitatamente responsabili per le obbligazioni sociali.
All’iscrizione degli agenti e dei rappresentanti di commercio presso l’ENASARCO provvede il preponente entro tre mesi dalla data d’inizio del rapporto di agenzia. L’ENASARCO accenderà un conto personale intestato ad ogni singolo agente o rappresentante di commercio, secondo le modalità previste dal regolamento di esecuzione”.
Un contributo interpretativo sull’obbligo di assicurazione ENASARCO perviene dalla circolare AIS n. 2/2012 prot. AIS/46 della fondazione ENASARCO 19 luglio 2012 con la quale viene specificato che l’obbligo di iscrizione è prevista “anche gli agenti italiani operanti in zona estera, per conto di preponenti con sede o dipendenza in Italia, ma residenti in Italia dove svolgono la parte sostanziale dell’attività di agenzia diversa dalla mera visita personale ai clienti; per questi soggetti l’iscrizione e la contribuzione sono obbligatorie (come a suo tempo stabilito con O.d.S. n. 7/2004 del 26/4/2004 sotto la rubrica “Art. 2 – Obbligo di iscrizione al Fondo Previdenza”) ai sensi sia del comma 1 sia del comma 2, in applicazione dei principi dell’U.E., proprio perché parte sostanziale dell’attività è pur sempre svolta in Italia, ove non a caso si producono anche gli effetti giuridici rilevanti ai fini della normativa fiscale”.
Mentre per i preponenti dell’Unione Europea detta circolare specifica che:
“i sistemi previdenziali dei Paesi membri sono coordinati dal Regolamento C.E. 24 aprile 2004, n. 883, direttamente applicabile con forza di legge in ciascuno degli Stati membri.
In virtù di tale Regolamento i preponenti dell’Unione Europea sono tenuti all’iscrizione e alla contribuzione presso la Fondazione:
– per gli agenti operanti in Italia, in virtù del principio della lex loci laboris che prevede parità di trattamento previdenziale e, quindi, di concorrenza fra tutti i lavoratori all’interno di uno stesso Paese
– per gli agenti operanti in Italia e all’estero, purché l’agente risieda in Italia e vi svolga parte sostanziale della sua attività
– per gli agenti operanti in Italia e all’estero che non risiedano in Italia, purché l’agente abbia in Italia il proprio centro d’interessi (valutato in riferimento al numero dei servizi prestati, alla durata dell’attività, alla volontà dell’interessato)
– per gli agenti operanti abitualmente in Italia e che si rechino a svolgere attività esclusivamente all’estero purché la durata di tale attività non superi i ventiquattro mesi.
L’iscrizione alla Fondazione avviene sulla base di moduli predisposti in lingua inglese di contenuto analogo a quello previsto per i preponenti aventi sede o dipendenza in Italia”.
Per i preponenti che risiedono al di fuori dell’Unione Europea la medesima circolare prende posizione nel senso che:
– “I preponenti extra U.E. di agenti operanti in Italia sono tenuti all’applicazione delle norme italiane in materia di tutela sociale se ciò è previsto da trattati o accordi internazionali sottoscritti e vincolanti il singolo Paese di volta in volta interessato”.

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