È notizia di poco tempo fa che la Cassazione ha attestato la nullità del licenziamento che venga comunicato ad un dipendente durante una riunione anche se c’è la conferma da parte di testimoni che la lettera di licenziamento è stata consegnata brevi manu al dipende proprio durante quell’occasione.
Nello specifico della notizia di cui stiamo parlando, la Corte di Cassazione ha confermato la sentenza della Corte di Appello di Firenze, nel respingere il ricorso presentato da una società SPA contro la sentenza del tribunale che aveva dichiarato inefficace il licenziamento intimato in forma orale a una dirigente.
Licenziamento nullo – Il casus
L’8 settembre del 2017 la donna era stata infatti licenziata durante una riunione tenutasi all’interno dei locali dell’azienda alla presenza dell’amministratore delegato e di due dipendenti. Tuttavia, sia la forma scritta del recesso e le modalità di comunicazione erano controverse.
È opinione, infatti, del collegio che – nel caso in cui ci sia stata una contestazione a monte che al momento dell’espulsione al lavoratore sia stata effettivamente consegnata la lettera di licenziamento – questa forma di comunicazione non può essere assunta come prova orale perché, se così fosse, la testimonianza implicherebbe necessariamente anche la prova orale dell‘esistenza scritta di un atto per il quale la forma è richiesta ad substantiam, e altresì, che il divieto di prova orale stabilito dall’art. 2725 c.c. su atti di cui la legge prevede la forma scritta a pena di nullità non è superabile con l’esercizio dei poteri istruttori del giudice del lavoro. Se così non fosse, ha concluso la Corte suprema, verrebbe aggirato surrettiziamente il divieto di licenziamento orale.
Come evitare quindi di incorrere in questo pericolo?
Ma soprattutto, cosa si rischia a licenziare?
Il “mestiere del datore di lavoro” negli ultimi anni si è andato sempre più complicando: la mancanza di certezza normativa in materia, la presenza di una giurisprudenza altalenate in grado di compensare solo in parte questa lacuna, l’insorgere di procedure che invece di “semplificare” sono costellate di preclusioni, impicci e non ultime trappole, fanno sì che un datore di lavoro difficilmente possa affrontare da solo situazioni delicate come quella di un licenziamento.
La gestione improvvisata e “fai da te” di fasi così delicate può esporlo a grandissimi rischi e conseguenze.
Proprio come successo nel caso preso in esame, dove la Corte di Appello di Firenze ha ordinato alla Spa di reintegrare la dirigente licenziata durante la riunione nel suo posto di lavoro e l’ha condannata al risarcimento del danno mediante il pagamento di un’indennità commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto e al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali.
Cosa deve fare quindi un datore di lavoro per esser tutelato?
Il nostro consiglio è quello di rivolgersi per tempo a dei professionisti in grado di affiancarlo e supportarlo, un po’ come ci si rivolgerebbe a delle guide esperte se si volesse intraprendere la scalata di una montagna importante.
Non vogliamo dire che in Italia il mestiere dell’imprenditore sia come scalare la vetta più alta dell’Everest, sicuramente però è impegnativo come arrivare al campo base.

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