Quale è oggi, nel licenziamento, la tutela del lavoratore che denuncia all’organismo di vigilanza dell’azienda costituito ai sensi del D. L.vo 231/2001 irregolarità e fatti illeciti?
Il meccanismo dei licenziamenti e delle procedure disciplinari è sempre più articolato, tuttavia diventa ancora più complesso quando ci si trova di fronte a dipendenti che, per onestà morale, si rivolgono agli organismi di vigilanza od alle autorità superiori per rappresentare le irregolarità che il datore di lavoro sta compiendo. La tutela risulta diversificata a seconda che si tratti di pubblico impiego o di impiego privato.
La tutela del dipendente pubblico che denuncia fatti illeciti
Nella struttura economico sociale italiana la tutela è stata affrontata, con una certa eco, solo nel settore pubblico nell’ambito del quale, per quanto di fatto poco attuata, è stata prevista una disciplina piuttosto articolata.
La Legge 190/2012 (Disciplina per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione) con la disposizione dell’art. 1, co. 51, introduce l’art. 54-bis nel decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche) relativo alla “Tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti”, alla quale seguono le modifiche apportate dalla Legge 114/2014 e la legge 179/2017. L’Autorità Nazionale Anticorruzione con deliberazione n. 6 del 28 aprile 2015 definisce le “Linee guida in materia di tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti (c.d. whistleblower)
La questione, per l’ambito pubblico, ha raggiunto ormai ambiti di notorietà tale che, seppure vi sia la curiosità di verificare cosa scriveranno le Corti di Giustizia, rimane abbastanza chiara, conosciuta, ma sostanzialmente inapplicata.
La tutela del D.L.vo 231/2001 nei confronti del dipendente privato che denuncia fatti illeciti
In ambito privato nel corso degli anni sono molti gli episodi in cui sono stati coinvolti soggetti privati in indagini che hanno riguardato società di un certo rilievo economico e sociale.
Nota è l’importanza che ha assunto nel corso degli anni il D. L.vo 231/2001 in ambito penale, ma non altrettanto noti ne sono alcuni suoi contenuti in materia giuslavoristica.
Salvo casi di palese e pesantissimo coinvolgimento diretto per inevitabile concorso del dipendente, di solito queste indagini hanno sempre “graziato” questa figura considerandola debole e poco tutelata.
In realtà non sarebbe proprio così per quanto riguarda alcune materie che rientrano nella disciplina di cui alla legge 231/90. La questione va affrontata sotto il profilo dell’onere probatorio perché se al lavoratore viene assicurata la stabilità del suo rapporto non si comprende come questo non possa influire sulla sua responsabilità penale nel caso in cui non abbia segnalato le irregolarità datoriali a chi di competenza.
Possiamo considerare alla stregua di una novità la disciplina contenuta del D. Lgs, n. 231 del 2001 in quanto, approvato da un ventennio, resta ancora largamente sotto applicato.
Il corpus iuris in oggetto disciplina la responsabilità amministrativa che si incardina in capo alle persone giuridiche per reati commessi da soggetti posti in posizione apicale -o da essi diretti- per avvantaggiare l’ente in seno al quale costoro prestano la propria opera.
La responsabilità penale resta delle persone fisiche, mentre per quelle giuridiche sono previste dalla normativa in argomento sanzioni che ne colpiscono il patrimonio -mediante la confisca di quote- fino a poterne anche limitare o interdire l’attività.
La persona giuridica ha la possibilità di evitare tali misure adottando modelli organizzativi e gestionali volti a impedire che i soggetti apicali compiano a suo vantaggio o beneficio uno dei reati elencati nel decreto 231.
Sarà onere dell’ente provare in giudizio che ha adottato un modello organizzativo e che la condotta penalmente illecita è stata compiuta dal colpevole aggirando il modello stesso o per un proprio esclusivo vantaggio.
Le norme contenute nel decreto prevedono anche l’istituzione di un organo di controllo, detto organismo di vigilanza, finalizzato a controllare circa l’osservanza dei modelli organizzativi applicati.
Il Decreto legislativo 231/2001
Venendo all’argomento oggetto di interesse in questa sede, meritano particolare attenzione i commi da 2 bis a 2 quater del decreto 231 del 2001.
Essi, infatti, mirano a tutelare il dipendente che, per l’integrità dell’ente, segnali condotte consumate in violazione del decreto legislativo o del modello organizzativo, proteggendolo da licenziamenti, demansionamenti e altri provvedimenti ritorsivi, tentando anche di preservare l’ente datore di lavoro da segnalazioni infondate presentate con dolo o colpa grave.
Nelle norme suddette viene stabilito che il modello organizzativo adottato deve prevedere canali per consentire che i soggetti apicali e gli etero-diretti possano segnalare le menzionate condotte illecite in maniera riservata.
Viene altresì richiesto che le segnalazioni siano fondate su elementi di fatto precisi e concordanti.
Sono dichiarati nulli tutti i provvedimenti assunti nei confronti dei dipendenti segnalanti come ritorsione per le segnalazioni presentate, tra i quali ricordiamo licenziamenti, demansionamenti, trasferimenti et similia.
Va rivolta l’attenzione in modo particolare al comma 2 quater dell’art. 6, nella parte in cui dispone che: E’ onere del datore di lavoro, in caso di controversie legate all’irrogazione di sanzioni disciplinari, o a demansionamenti, licenziamenti, trasferimenti, o sottoposizione del segnalante ad altra misura organizzativa avente effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro, successivi alla presentazione della segnalazione, dimostrare che tali misure sono fondate su ragioni estranee alla segnalazione stessa”.
Questo significa che il lavoratore che ritenga di essere vittima di discriminazione datoriale con conseguenze di tipo disciplinare o risolutive del rapporto di lavoro potrà trovare argomenti validi per considerare la possibilità di impugnare il licenziamento avendo a favore la predetta normativa.
Per preventivi e consulenze rivolgersi a:
- Avv. Paolo Nicodemo 3397865196
- Avv. Vito Tirrito 3474775915

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