E’ sempre corretto che il Comune ordini al privato la demolizione del ponticello sul canale del consorzio di bonifica?
la prassi
Con specifiche ordinanze Dirigenziali alcuni Dirigenti dei Comuni, partendo da un verbale della polizia di bonifica sono soliti elaborare, a cascata, tutta una serie di considerazioni, procedimenti e provvedimenti.
Orbene, questa tipologia di azione potrebbe invece rivelarsi un inopportuno strumento capace di alterare una corretta distribuzione dei costi.
Premesso che ogni Regione ha le sue regole ( es. art.lo 210 LRT 65/2014) e le sue prassi, vediamo insieme perché.
Tale prassi, infatti, potrebbe essere in contrasto con le ordinarie regole civilistiche ed amministrative con conseguente aggravio nei confronti del cittadino e comunque di soggetti estranei ad ogni opera.
lo stato dei luoghi prima di tutto
Il punto di partenza è lo stato dei luoghi perché i terreni serviti dall’opera “da demolire” sono spesso divenuti inaccessibili quando, per esempio, le opere di bonifica li hanno stretti tra due canali.
Quando i Canali artificiali sono stati stretti in una morsa per iniziativa pubblica si deve considerare quanto segue.
“La funzione principale ed essenziale di un ponte realizzato su un fiume, torrente o corso d’acqua è il suo scavalcamento con la conseguenza che si tratta di opera costituente pertinenza del bene demaniale, essendo posta a durevole servizio di questo e a questo incorporata mediante l’appoggio stabile sulle sue sponde, oltre che in relazione alla sua insistenza sullo spazio verticale sovrastante l’alveo del corso d’acqua pubblica.”(ConfermaTarLazio, Roma, sez. II, n. 33983 del 2010). Consiglio di Stato, sez. IV, 08/11/2013, n. 5337 – C. e altri c. (avv. Gattamelata, Floridi) Comune di Segni (avv. Boazzelli).
Quindi in questi casi l’ingiunzione nei confronti di terzi è inappropriata ed illegittima sotto il profilo della “proprietà”.
Sotto il profilo dell’esecutore dell’opera la questione molto spesso è risolta dai consorzi di bonifica che utilizzano lo strumento del verbale.
Con il verbale le Guardie del Consorzio, da cui soltanto dipende l’accertamento delle autorizzazioni delle opere (ponti per esempio) afferma, seppure sia di tutta evidenza che l’opera esiste da decenni o secoli addirittura, di non sapere né chi né quando è stata realizzata.
ma chi ha costruito i canali?
Spesso di tratta proprio di canali costruiti dal Consorzio di Bonifica che hanno isolato i terreni per i quali a suo tempo erano state applicate le regole del codice civile.
L’art.lo 1042 del codice civile, infatti, stabilisce che “Se un corso d’acqua impedisce ai proprietari dei fondi contigui l’accesso ai medesimi, o la continuazione dell’irrigazione o dello scolo delle acque, coloro che si servono di quel corso sono obbligati, in proporzione del beneficio che ne ritraggono, a costruire e a mantenere i ponti e i loro accessi sufficienti per un comodo e sicuro transito, come pure le botti sotterranee, i ponti-canali o altre opere simili per continuare l’irrigazione o lo scolo, salvi i diritti derivanti dal titolo o dall’usucapione.”.
Detta norma riguarda anche la bonifica dei territori ed i relativi corsi d’acqua.
Sulla base delle disposizioni vigenti all’epoca della costruzione del fossato di bonifica il principio di cui alla citata norma civile è stato certamente assecondato dal costruttore Consorzio di Bonifica mediante la realizzazione di vari attraversamenti. Attraversamenti che nei decenni scorsi sono stati necessari per accedere agli argini ristretti ai lati di entrambi i canali.
Gli attraversamenti di cui trattasi non solo sono stati di solito funzionali alla manutenzione delle opere consortili, ma risultano spesso visibilmente costruiti con le medesime modalità e con i medesimi tubi risalenti alla prima metà del XX secolo. Altre volte risultano interventi che trovano riscontro su tutto il territorio del consorzio così da far presumere, senza alcuna ombra di dubbio, che quel determinato ponte di attraversamento, se nel corso dei decenni è stato restaurato, lo è stato sulla base di un intervento ben più ampio del singolo proprietario di servizio.
Quindi, anche quei tunnel costituiti da un tubo in cemento, spesso attribuiti ai proprietari attuali, non solo possono essere stati realizzati dal Consorzio di Bonifica per rendere accessibili i terreni ai sensi della citata normativa (derivante dal precedente codice d’Italia), ma addirittura ben potrebbero essere stati strumentali ed assolutamente necessari per l’accesso in sicurezza nelle zone comprese tra i due canali e quindi interdette alla circolazione dei mezzi.
La definizione di “ponte” è da considerare alla luce delle effettive modalità con cui il tubo in cemento si atteggia rispetto al territorio.
Sotto un profilo più teorico, inoltre, preme sottolineare, che l’oggetto concreto dell’ingiunzione, fa riferimento di solito ad un “ponte”, ma tale definizione non è detto che sia corretta.
Tale tipo di provvedimenti di solito non fanno assoluto riferimento al piano generale dei lavori dei fossati. Piano generale previsto dalla legge per legittimare la realizzazione degli stessi fossati (vedasi anche l’art.lo 858 c.c. e relative ulteriori norme correlate alla fattispecie) il cui richiamo legittimante era fondamentale in tutti ii suoi tratti essenziali.
quale la procedura utilizzata e le sue vulnerabilità
Il punto di partenza di certe procedure è normalmente una lettera raccomandata con la quale il Consorzio di bonifica ha trasmesso al Comune quello che definisce il “Verbale di infrazione alle norme di Polizia di Bonifica elevato sul canale …. contro ignoti” , al di là di ogni considerazione riguardo alla tempistica ed al metodo, si deve sempre far rilevare che il riferimento al Regio Decreto 368 del 1904 è inappropriato in quanto l’art.lo 134, sanzionato in riferimento alla lettera m, riguarda “la costruzione di ponti” e non l’esistenza di un tunnel al di sotto di un percorso di accesso nel quale il consorzio ha convogliato l’acqua per un tratto di alcuni metri.
Il problema si pone nel senso di sapere se è nato prima l’uovo o la gallina.
Se manca la “prova della costruzione” di un ponte manca il presupposto dell’irregolarità considerata.
Anche il frequente richiamo all’art.lo 27 del DPR 380 del 2001 è inappropriato in quanto, come emerge anche dal verbale per le incertezze in esso riportate, il ripristino della stato primitivo dei luoghi altro non è che quello attuale.
Quale è lo stato primitivo?
A chi compete il ripristino all’esecutore dell’opera (non accertato) o al proprietario (l’ente)?
Cosa c’entra in tutto questo la ricorrente ed i suoi comproprietari?
Una serie di carenze insanabili che, insieme a tutte le altre eccezioni e rilievi, inficiano tutto il procedimento.
Infatti passando all’intempestivo “Verbale di accertamento”, le anomalie non sono finite.
Il verbale oltre a dare atto che da un esame visivo di solito presume che il ponte sia di vecchia realizzazione ed afferma che agli atti del Consorzio non risultano autorizzazioni per questo manufatto.
La questione deve essere affrontata sotto vari profili. Il primo riguarda la mancanza dell’elenco degli “atti del Consorzio” consultati né delle ricerche effettuate. L’altra riguarda la bastevolezza e la completezza degli atti e degli archivi del Consorzio che richiedono di essere verificate anche ai sensi della legge 241/90.
Infatti affinché il Pubblico Ufficiale od Agente di Polizia Giudiziaria potesse affermare di non essere “riuscito a risalire all’autore/i del manufatto” avrebbe dovuto spiegare quali attività avrebbe compiuto.
Leggendo alcuni verbali potrebbe colpire infatti che alle X del girono Y la guardi a della bonifica afferma di aver fatto il sopralluogo e lo stesso giorno di avere redatto il verbale.
possibile che un’opera che esiste da decenni non sia mai stata vista prima dalle guardie del consorzio?
Assurdo appare che una cosa esistente da decenni non sia mai stata vista prima così come anche che il medesimo giorno ha anche potuto già individuare particelle ed intestatari delle medesime facendo riferimento alle visure catastali.
In questi casi sarebbe opportuno chiedere l’esibizione delle visure catastali effettuate con tanto di stampigliatura di estrazione della data di formazione del documento del ministero dell’agenzia del Territorio.
Sotto il profilo formale si devono rilevare ulteriori carenze dei requisiti minimi dei verbali come ad esempio:
- A) riferimento al giuramento di cui all’art.lo 149 del RD 368/1904;
- B) residenza del soggetto che ha redatto il verbale (art.lo 150 comma 1 punto 2). La circostanza è rilevante laddove parte ricorrente intendesse procedere ai sensi e per gli effetti di cui all’art.lo 2.700 c.c. a sua tutela in relazione alla completa veridicità di quanto affermato. La norma infatti stabilisce che quanto affermato costituisce prova fino a querela di falso. Possibilità che ogni ricorrente ha il diritto di vagliare a tutela dei propri diritti.
Di solito tutta la normativa richiamata per ottenere la demolizione di quello che viene definito “ponte” altro non è che un’elencazione di norme e di vincoli amministrativi certamente successivi alla realizzazione della canalizzazione sottostante il passaggio che da secoli consente il raggiungimento dei fondi di cui è comproprietaria la ricorrente.
Per fornire prova della costruzione del ponte, infatti, il consorzio dovrebbe dimostrare (e non solo presumere nell’esatto punto di cui trattasi) che quando ha effettuato i lavori ha effettivamente realizzato un canale e non una canalizzazione sotterranea (con immissione di un tubo di cemento che è del medesimo diametro e della medesima produzione e posa in opera per tutto il tratto di convogliamento delle acque).
E’ opportuno quindi chiarire innanzitutto dove sono gli atti dimostrativi della costruzione concreta in quel punto preciso?
Quale è lo stato finale dei lavori probante ai sensi di legge?
le lacune dei verbali di accertamento
Anche il riferimento agli articoli 6 e 14 della legge 689/81 di solito citato nelle verbalizzazioni è inappropriato.
A parte la regola “tempus raegit actum”, palesemente disattesa, gli articoli 6 e 14 della legge 689/81 prevedono la contestazione immediata all’autore del fatto e la solidarietà.
Nel verbale di accertamento di solito manca l’intimazione al pagamento di una sanzione, intera o ridotta che sia così come manca l’indicazione dell’autorità a cui è possibile ricorrere e mancano altresì in atti le relate di notifica.
E’ opportuno quindi chiedere al consorzio ed al Comune di prendere visione degli atti depositati dal consorzio per tutti i lavori a partire dal progetto iniziale di scavo (come da foto dell’epoca) ed anche di tutti gli atti autorizzativi, concessori e comunque inerenti agli interventi di manutenzione compresa ogni documentazione di programmazione della sicurezza sul lavoro (DPR 547/55, DPR 303/55, DPR 164/56,D.L.vo 626/97 ed infine D.L.vo 81/2008).
La tempistica della contestazione spesso è contraddittoria per quello che viene definito “ponte … di vecchia realizzazione”, alla luce anche della mancata notificazione ex art.lo 14 della legge 689/81, dell’infondatezza del fatto tipico “costruzione di un ponte” ed anche della evidente prescrizione della sanzione (cinque anni dall’evento costruttivo per la sanzione amministrativa, non di più per la prescrizione nel caso in cui si sia ipotizzato, come sembra anche un reato in ambito penale seppure nei confronti di ignoti che dal tenore dell’ingiunzione sembrano essere proprio i destinatari dell’ingiunzione) lascia aperto un dubbio, doveroso quanto fondamentale.
“A qui prodest”, dicevano i latini (a chi giova?).
La tempistica della scelta redazionale del verbale è un parametro tanto certo quanto inequivocabile.
Un parametro che non richiede spiegazioni perché non può non spiegarsi da solo agli occhi dei più.
Per decenni i tecnici e le guardie del consorzio hanno vigilato sui canali ed hanno progettato ed effettuato manutenzioni.
Per decenni le imprese hanno progettato la sicurezza dei loro interventi ed i loro transiti attraverso quel “ponticello”.
Per decenni i tecnici hanno potuto constatare lo stato dei luoghi, per decenni il ponticello non ha costituito oggetto di verbali o rilievi, per decenni eccetto il l’anno in cui è stato redatto il verbale.
Cosa è avvenuto in quell’anno?
E’ quindi sempre opportuno ricercare adeguata documentazione fotografica dell’epoca allo scopo di dimostrare che il canale del cui ponte serve ed è servito per decenni al consorzio di bonifica.
Se invece ora (e cioè dopo la modifica dello stato dei luoghi a seguito per esempio della costruzione di un passaggio transitabile da parte dei mezzi consortili sull’argine opposto) non serve più occorre chiedersi:
– Quale è lo strumento legittimo per ottenere l’adeguamento del canale e dei suoi attraversamenti alle nuove esigenze idriche derivanti dalla costante edificazione dei territori che hanno evidentemente ed inesorabilmente aggravato tutto il sistema di deflusso delle acque ?
A carico di chi devono essere legittimamente poste le spese per detti interventi ?
A carico di chi vengono poste le spese degli interventi attraverso la procedura attivata dal Consorzio di Bonifica mediante quel c.d. “Verbale di infrazione” che, come abbiamo visto, tale non sembra essere ?
Il problema si pone non tanto nel senso della mera legittimità del singolo fatto, ma nel metodo amministrativo con cui la procedura nel suo complesso si atteggia ogni qualvolta l’ordinanza di demolizione si ponga come conseguente o temporalmente collegata ad interventi consortili sui canali.
Qualche foto di come una volta venivano scavate le gore ed i canali.
Può darsi che siano in molti a riconoscere i luoghi; più difficile sarà risalire al riconoscimento delle persone rappresentate dalla foto di presentazione di questo articolo.
Ringrazio un mio cliente che mi ha fatto avere la documentazione fotografica dell’epoca di costruzione di alcuni canali di bonifica. Un tratto di storia e di metodo di lavoro ben diverso da quello attuale.

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