In allineamento con quanto aveva stabilito la legge di Bilancio 2021 (art. 1, c. 16) – che tutti i datori di lavoro del settore privato, cioè, potessero beneficiare di un’esenzione totale dai contributi previdenziali, fino a un massimo di 6.000 euro all’anno, per le assunzioni di lavoratrici svantaggiate nel periodo compreso tra il 2021 e il 2022 – la nuova Legge di Bilancio 2023 (art. 1, c. 298) ha confermato l’esonero contributivo anche per le nuove assunzioni, sia a tempo determinato che a tempo indeterminato, e per le conversioni in contratti a tempo indeterminato di lavoratrici svantaggiate, che avvengano nell’arco di tempo compreso tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2023. È stato inoltre aumentato il limite massimo dell’esonero a 8.000 euro all’anno.
Le indicazioni per la gestione degli adempimenti previdenziali connessi all’esonero contributivo totale previsto per le assunzioni e le trasformazioni riguardanti le lavoratrici svantaggiate sono state definite nei dettagli dall’INPS con la circolare n. 58 del 23.06.2023 (in allegato alla fine di questo articolo, per un maggiore approfondimento, N.d.R.).
Lavoratrici svantaggiate: chi sono?
Si legge nella Circolare INPS che “gli esoneri previsti dalla legge di Bilancio 2023 e dalla legge di Bilancio 2021 spettano in riferimento alle assunzioni di ‘donne lavoratrici svantaggiate’, secondo la disciplina dettata dalla legge n. 92/2012, in base alla quale sono riconducibili alla nozione di ‘donne svantaggiate’ le seguenti categorie”:
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donne con almeno cinquant’anni di età e “disoccupate da oltre dodici mesi”;
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“donne di qualsiasi età, residenti in regioni ammissibili ai finanziamenti nell’ambito dei fondi strutturali dell’Unione europea prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi”. Con riferimento a tale categoria, si precisa che, ai fini del rispetto del requisito, è necessario che la lavoratrice risulti residente in una delle aree individuate dalla Carta degli aiuti a finalità regionale per l’Italia (1° gennaio 2022 – 31 dicembre 2027), approvata dalla Commissione europea con la decisione C (2021) 8655 final del 2 dicembre 2021, e successivamente modificata con la decisione C(2022) 1545 final del 18 marzo 2022. Al riguardo, si fa presente che non sono previsti vincoli temporali riguardanti la permanenza del requisito della residenza nelle aree svantaggiate appositamente previste nella suddetta Carta e che il rapporto di lavoro può svolgersi anche al di fuori delle aree indicate;
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donne di qualsiasi età che svolgono professioni o attività lavorative in settori economici caratterizzati da un’accentuata disparità occupazionale di genere e “prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi”. Tali settori e professioni di cui all’articolo 2, punto 4, lettera f), del Regolamento (UE) n. 651/2014, sono, come previsto nel decreto del Ministro del Lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle finanze, del 16 aprile 2013, e ribadito nella circolare del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali n. 34/2013, “annualmente individuati con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze”, sulla base delle risultanze acquisite dall’lSTAT[2]. Ai fini del legittimo riconoscimento delle agevolazioni, la donna priva di impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi deve essere assunta o in un settore o in una professione comprese nell’elencazione del citato decreto;
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donne di qualsiasi età, ovunque residenti e “prive di un impiego regolarmente retribuito da almeno ventiquattro mesi”. Al riguardo, si precisa che, ai fini del rispetto del requisito, occorre considerare il periodo di 24 mesi antecedente la data di assunzione e verificare che in quel periodo la lavoratrice considerata non abbia svolto un’attività di lavoro subordinato legata a un contratto di durata di almeno 6 mesi o un’attività di collaborazione coordinata e continuativa (o altra prestazione di lavoro di cui all’articolo 50, comma 1, lettera c-bis), del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, c.d. TUIR) la cui remunerazione annua sia superiore a 8.174 euro o, ancora, un’attività di lavoro autonomo tale da produrre un reddito annuo lordo superiore a 5.500 euro.
Lavoratrici svantaggiate: quali datori di lavoro che possono accedere ai benefici
Si legge sempre nella Circolare INPS 58/2023 che “possono accedere ai benefici in trattazione tutti i datori di lavoro privati, anche non imprenditori, ivi compresi i datori di lavoro del settore agricolo”.
Precisamente:
In forza di quanto esposto e in linea di continuità con quanto già chiarito con le disposizioni amministrative adottate dall’Istituto (cfr., da ultimo, la citata circolare n. 32/2021), hanno diritto al riconoscimento dei benefici in oggetto:
- gli enti pubblici economici;
- gli Istituti autonomi case popolari trasformati in base alle diverse leggi regionali in enti
- pubblici economici;
- gli enti che per effetto dei processi di privatizzazione si sono trasformati in società di
- capitali, ancorché a capitale interamente pubblico;
- le ex IPAB trasformate in associazioni o fondazioni di diritto privato, in quanto prive dei
- requisiti per trasformarsi in ASP, e iscritte nel registro delle persone giuridiche;
- le aziende speciali costituite anche in consorzio, ai sensi degli articoli 31 e 114 del
- decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267;
- i consorzi di bonifica;
- i consorzi industriali;
- gli enti morali;
- gli enti ecclesiastici.
Sono, al contrario, esclusi dall’applicazione del beneficio:
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le Amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e le scuole di ogni ordine e grado, le Accademie e i Conservatori statali, nonché le istituzioni educative;
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le Aziende e Amministrazioni dello Stato a ordinamento autonomo;
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le Regioni, le Province, i Comuni, le Città metropolitane, gli Enti di area vasta, le Unioni dei comuni, le Comunità montane, le Comunità isolane o di arcipelago e loro consorzi e associazioni;
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le Università;
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gli Istituti autonomi per case popolari e le Aziende territoriali per l’edilizia residenziale pubblica (ATER), comunque denominate, che non siano qualificate dalla legge istitutiva quali enti pubblici economici;
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le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni;
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gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali. Nel novero degli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali sono da ricomprendere tutti gli enti indicati nella legge 20 marzo 1975, n. 70, gli ordini e i collegi professionali e le relative federazioni, consigli e collegi nazionali, gli enti di ricerca e sperimentazione non compresi nella legge n. 70/1975 e gli enti pubblici non economici dipendenti dalle Regioni o dalle Province autonome;
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le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio Sanitario Nazionale;
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l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche Amministrazioni (ARAN);
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le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300.
Quali tipologie di lavoro sono incentivate e quali no
All’art.4 della Circolare INPS – Rapporti di lavoro incentivati e durata degli incentivi – si legge che gli incentivi in esame spettano per:
- le assunzioni a tempo determinato;
- le assunzioni a tempo indeterminato;
- le trasformazioni a tempo indeterminato di un precedente rapporto agevolato;
- le trasformazioni a tempo indeterminato di un precedente rapporto non agevolato
Non spettano invece per i rapporti di lavoro intermittente, nelle ipotesi di instaurazione delle prestazioni di lavoro occasionale disciplinate dall’articolo 54-bis del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, introdotto in sede di conversione dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, i rapporti di apprendistato e i contratti di lavoro domestico.
Si legge inoltre, con riferimento alla durata del periodo agevolato, che, gli incentivi:
- in caso di assunzione a tempo determinato, spettano fino a 12 mesi;
- in caso di assunzione a tempo indeterminato, spettano per 18 mesi;
- in caso di trasformazione a tempo indeterminato di un rapporto a termine già agevolato, sono riconosciuti per complessivi 18 mesi a decorrere dalla data di assunzione;
- in caso di trasformazione a tempo indeterminato di un rapporto a termine non agevolato, sono riconosciuti per complessivi 18 mesi a decorrere dalla data di trasformazione.
Condizioni di spettanza degli incentivi
Per quanto riguarda le condizioni di spettanza degli incentivi, sempre l’art. 6 della Circolare INPS 58/2023 precisa che il diritto alla fruizione degli incentivi in oggetto è subordinato tra l’altro a:
- regolarità degli obblighi di contribuzione previdenziale, ai sensi della normativa in materia di documento unico di regolarità contributiva (DURC);
- assenza di violazioni delle norme fondamentali a tutela delle condizioni di lavoro e rispetto degli altri obblighi di legge;
- rispetto degli accordi e contratti collettivi nazionali, nonché di quelli regionali, territoriali o aziendali, sottoscritti dalle Organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale;
Inoltre, al comma 1 dello stesso art. 6 si evidenzia che “ai fini del legittimo riconoscimento delle agevolazioni in trattazione, è necessario altresì rispettare la condizione specificamente prevista dal comma 17 dell’articolo 1 della legge di Bilancio 2021, consistente nella realizzazione dell’incremento occupazionale netto calcolato sulla base della differenza tra i lavoratori occupati rilevato in ciascun mese e il numero dei lavoratori mediamente occupati nei 12 mesi precedenti”.
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