Capita che gli ispettori dell’INPS, dell’INAIL e dell’Ispettorato del lavoro si presentino in azienda e chiedano documenti. Capita anche che sentano alcuni lavoratori presenti e che per altri dicano al datore di lavoro di mandarli presso i loro uffici per essere sentiti.
Il datore di lavoro ha l’obbligo nei confronti degli ispettori ed il diritto di esigere da parte dei suoi lavoratori o ex lavoratori una tale prestazione?
Questa attività deve essere retribuita e da chi?
Queste sono le domande che spesso ci vengono poste e quindi cercheremo di fare luce su alcuni legittimi interrogativi.
Gli Ispettori del lavoro, dell’INPS e dell’INAIL possono sempre accedere nei luoghi di lavoro e conferire con i lavoratori dipendenti e, in caso di dichiarazioni spontanee, possono raccoglierne i contenuti avendo cura di rappresentare quanto effettivamente viene loro riferito. Possono anche formulare loro domande specifiche, ma in quel caso dovrebbero verbalizzare esattamente domanda e risposta citando, nella verbalizzazione, la norma che consente loro di procedere con tale modalità.
Le funzioni degli ispettori sono state oggetto di notevoli modifiche normative delle quali ci siamo via via occupati così come l’INPS, in particolare, è stato oggetto di critiche sotto il profilo della inadeguatezza delle logiche nella lotta all’evasione contributiva sul cui fenomeno e metodo di approccio contributivo abbiamo sollevato una serie di dubbi che ad oggi nessuno ha chiarito.
Le prerogative di vigilanza
Al di là di ogni critica e di ogni riserva del diritto di difesa, le prerogative di vigilanza devono sempre essere rispettate in quanto i datori di lavoro e i loro rappresentanti che impediscono ai funzionari ispettivi del lavoro l’esercizio dei poteri di vigilanza previsti dall’art.lo 3 del D.L. 12 settembre 1983 n. 463 possono essere soggetti a sanzione amministrativa. L’attività impeditiva non è necessariamente commissiva potendo la stessa configurarsi attraverso una omissione che di fatto costituisce un impedimento oggettivamente riconoscibile.
Quali documenti il datore di lavoro è tenuto a fornire nel corso degli accertamenti INL, INPS e INAIL e quali attività a lui richieste sono legittimamente esigibili?
Una delle questioni più segnalate
Ormai tutti sanno che gli ispettori hanno libero accesso a tutti i luoghi di lavoro in qualunque ora del giorno e della notte, ma una delle questioni più segnalate è relativa al fatto che gli ispettori talvolta invitano il datore di lavoro a mandar loro i lavoratori presso la sede ispettiva; la domanda è se possono obbligarlo a ciò e soprattutto se ciò avviene a seguito di semplice intimazione verbale.
Al di la del fatto che nella prassi tutto è possibile purché avvenga nel rispetto delle più trasparenti e reciproche funzioni di rispetto e trasparenza del ruolo, sotto altro profilo è da ritenere che ogni attività ispettiva debba essere formalmente documentata e che quindi ogni intimazione verbale o pressione diretta nei confronti del datore di lavoro al fine di ottenere che i suoi dipendenti (addirittura talvolta suoi ex dipendenti) si rechino presso gli uffici dell’INPS dovrebbe essere adeguatamente formalizzata risultando altrimenti inadeguata al sistema giuridico in essere.
Se da un lato è vero che coloro che legalmente richiesti dall’Ispettorato di fornire notizie non le forniscano o le diano scientemente errate ed incomplete sono soggetti a contravvenzione (Legge 628/61 art.lo 4), dall’altro è da considerare che è discutibile che una richiesta informale dell’ispettore di tale tenore possa essere assistita da una sufficiente base del diritto.
In primo luogo si deve osservare come il datore di lavoro non può essere portatore di un diritto mediato né, nella sua veste di titolare di un rapporto di lavoro, può essere nominato ausiliario di polizia ex art. 348 c.p.p. per attività di tipo probatorio in ambito contributivo-amministrativo.
E’ la norma stessa (legge 628/61) che richiede un contenuto conforme alla legge facendo riferimento ad una richiesta “legale”; indiscutibilmente riferita alla forma e ad un soggetto che deve possedere una piena legittimazione, quindi non è detto che sia la voce del semplice ispettore, ma l’ufficio del“l’Ispettorato del Lavoro”.
Il tenore letterale del precetto sembra assai chiaro.
La questione soggettiva tuttavia non risulta ancora essere stata vagliata dalla Corte di Cassazione così che la formulazione della legge nella parte in cui afferma che “Coloro che, legalmente richiesti dall’Ispettorato di fornire notizie a norma del presente articolo, non le forniscano o le diano scientemente errate ed incomplete, sono puniti …..” assume connotati tutt’altro che scontati. Mai l’articolo 4 parla di Ispettore, ma solo e sempre di Ispettorato.
Diversamente occorre fare l’esempio del DPR 19 marzo 1955 che quando parla delle facoltà e dei poteri fa sempre riferimento agli Ispettori (art.li 8, 10, 11); anche più recentemente ogni riferimento inserito nella nuova disciplina di cui al D.Lvo 124/2004 non fa che parlare del personale ispettivo quando si riferisce agli ispettori e dell’Ispettorato del lavoro quando si riferisce all’ufficio (art.li 3, 10, 14, 16 e 17).
Se così è non si comprende come e perché nel caso della legge 628/61 si possa ritenere che la sola voce dell’Ispettore sia in grado di rappresentare l’Ufficio ora individuato dal D.L. 149/2015 anche nella compagine ispettiva di un ruolo a esaurimento come quello degli ispettori degli istituti di previdenza INPS e INAIL.
Si deve tenere conto che la giurisprudenza ha via via preso in considerazione il reato ci cui al comma 7 della legge 628/61 ed ha chiarito (Cass. Sez. III Pen. 6 novembre 2018 n. 6913) che quando l’Ispettorato agisce all’interno di un’indagine penale non si configura il reato della legge 628/61 essendo il medesimo previsto nell’ambito dell’attività amministrativa finalizzata alle semplici “notizie”.
E’ una notizia, per esempio, la rappresentazione del luogo in cui si trovano i lavoratori. Non sembra essere una notizia costringere un lavoratore a recarsi presso la sede dell’ispettore. La giurisprudenza, invece, ha considerato la sussistenza del reato, come vedremo, anche quando non vengono esibiti alcuni documenti.
Tali questioni tuttavia si espongono a forti critiche riguardo soprattutto a due aspetti.
- Le norme che obbligano la pubblica amministrazione a reperire i documenti da essa detenuti direttamente presso gli uffici pubblici (vedasi l’articolo 15, comma 1, della Legge 12 novembre 2011, n. 183, che ha modificato il “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa” di cui al DPR 28 dicembre 2000, n. 445.);
- Lo statuto del contribuente che legittima l’esame dei documenti presso il professionista o presso gli uffici dei verbalizzanti solo previo assenso del contribuente.
Vale la pena di citare i contenuti del D.P.R. 445/2000 nelle parti in cui si afferma non tanto che “Le certificazioni rilasciate dalla pubblica amministrazione in ordine a stati, qualita’ personali e fatti sono valide e utilizzabili solo nei rapporti tra privati. Nei rapporti con gli organi della pubblica amministrazione e i gestori di pubblici servizi i certificati e gli atti di notorieta’ sono sempre sostituiti dalle dichiarazioni di cui agli articoli 46 e 47 come specificato all’articolo 40, quanto invece le specifiche dei successivi articoli 43 e 44.
L’articolo 43 stabilisce che “Le amministrazioni pubbliche e i gestori di pubblici servizi sono tenuti ad acquisire d’ufficio le informazioni oggetto delle dichiarazioni sostitutive di cui agli articoli 46 e 47, nonche’ tutti i dati e i documenti che siano in possesso delle pubbliche amministrazioni, previa indicazione, da parte dell’interessato, degli elementi indispensabili per il reperimento delle informazioni o dei dati richiesti, ovvero ad accettare la dichiarazione sostitutiva prodotta dall’interessato”.
– Lo stesso articolo specificava che “Fermo restando il divieto di accesso a dati diversi da quelli di cui e’ necessario acquisire la certezza o verificare l’esattezza, si considera operata per finalita’ di rilevante interesse pubblico, ai fini di quanto previsto dal decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 135, la consultazione diretta, da parte di una pubblica amministrazione o di un gestore di pubblico servizio, degli archivi dell’amministrazione certificante, finalizzata all’accertamento d’ufficio di stati, qualita’ e fatti ovvero al controllo sulle dichiarazioni sostitutive presentate dai cittadini. Tale ultimo periodo è stato soppresso dal D.L. 31 maggio 2021 n. 77. –
E’ anche stabilito che l’amministrazione procedente opera l’acquisizione d’ufficio, ai sensi del precedente comma, esclusivamente per via telematica.
E’ evidente che in caso di verifica ispettiva si pone la necessità di un coordinamento logico-sistematico delle varie norme di legge.
Di particolare interesse appare l’art. 46 del DPR 445/2000 nella parte in cui tratta le c.d. “Dichiarazioni sostitutive di certificazioni affermando che “sono comprovati con dichiarazioni, anche contestuali all’istanza, sottoscritte dall’interessato e prodotte in sostituzione delle normali certificazioni i seguenti stati, qualita’ personali e fatti:
n) qualifica professionale posseduta, titolo di specializzazione, di abilitazione, di formazione, di aggiornamento e di qualificazione tecnica;
o) situazione reddituale o economica anche ai fini della concessione dei benefici di qualsiasi tipo previsti da leggi speciali;
p) assolvimento di specifici obblighi contributivi con l’indicazione dell’ammontare corrisposto;
q) possesso e numero del codice fiscale, della partita IVA e di qualsiasi dato presente nell’archivio dell’anagrafe tributaria;
r) stato di disoccupazione;
s) qualita’ di pensionato e categoria di pensione;
t) qualita’ di studente;
u) qualita’ di legale rappresentante di persone fisiche o giuridiche, di tutore, di curatore e simili;
v) iscrizione presso associazioni o formazioni sociali di qualsiasi tipo;
cc) qualita’ di vivenza a carico;
dd) tutti i dati a diretta conoscenza dell’interessato contenuti nei registri dello stato civile;
La giurisprudenza della Corte di Cassazione
Ancora la Corte di Cassazione III sezione penale con la sentenza 28 maggio 2019 n. 44286 rappresenta che per dare corpo ad una richiesta non è necessaria una rituale notifica nelle forme previste dall’art.lo 157 c.p.p. e ss., ma che è sufficiente la sua conoscibilità.
Questo potrebbe per esempio essere anche una email.
La stessa III Sezione Penale con sentenza 17 gennaio 2017 n. 13102 fa riferimento, per la configurazione del reato, alla mancata esibizione dei documenti di lavoro richiesti dall’Ispettorato del lavoro.
Un altro caso è stato giudicato dalla III Sezione Penale della Corte di Cassazione che in data 9 novembre 2021 ha deciso in merito all’impugnazione dell’imputato che ha proposto ricorso pur essendo stato assolto per particolare tenuità del fatto anziché per insussistenza dell’accusa dovuta ad un difetto di motivazione.
Secondo la Corte, in relazione alla sentenza di merito impugnata “dal capo di imputazione emerge solo che la richiesta aveva ad oggetto la documentazione in materia di personale occupato, tutela dei rapporti di lavoro e legislazione sociale. Dalla motivazione della sentenza non emergono indicazioni specifiche sul contenuto della richiesta, se non la generica indicazione che riguardava i documenti in materia di lavoro: dunque, manca la motivazione sulla sussistenza dell’elemento oggettivo del reato”.
Dalla sentenza non emergerebbe con chiarezza quale sarebbe stata l’omissione contestata al ricorrente ritenuta concretizzante il reato; mancherebbe la motivazione su quale documentazione non sia stata consegnata. Il Tribunale si sarebbe limitato a riportare le fonti di prova.
La giurisprudenza di legittimità (Sez. 3, n. 43702 del 12/06/2019, Rv. 277983) ha chiarito che tale fattispecie punisce l’inosservanza di obblighi di informazione strumentali a consentire alla competente Autorità amministrativa di esercitare le funzioni di vigilanza e controllo alla stessa attribuite dalla legge, a condizione che la richiesta rivolta dall’Ufficio sia stata legalmente formulata. (Cass. III Sez. Penale sentenza n. 29361 del 2 dicembre 2020).
L’INPS può avere accesso a tutti i dati rilevati dagli ispettori?
Fin dal 1961 è stato previsto, con la legge 628, che le notizie comunicate all’Ispettorato o da questo richieste o rilevate non possono essere pubblicate ne’ comunicate a terzi e ad uffici pubblici in modo che se ne possa dedurre l’indicazione delle persone o dei datori di lavoro ai quali si riferiscono, salvo il caso di loro espresso consenso.
Oggi non può quindi non sorgere il dubbio sul fatto che l’INPS non possa non essere considerato, alla luce della riforma del 2015, un soggetto titolato ad accedere a tutti gli atti ed a ricevere tutte le informazioni di un accesso ispettivo.
L’INPS, secondo la nuova configurazione organizzativa degli uffici, è da ritenere soggetto terzo nei confronti del quale vige il divieto di cui alla legge 628/61.
Quanto all’accessibilità dei dati da parte INPS si può fare riferimento alle seguenti norme che tuttavia riguardano solo gli aspetti fiscali, ma non quelli personali ed eventualmente di U.P.G. quali sono le funzioni ora rivestite anche dagli ispettori dell’INPS.
- Art. 50, del D.Lgs. 7 marzo 2005, n.82 “Codice dell’Amministrazione Digitale”, così come modificato dall’art. 34 del D.Lgs. 30 dicembre 2010, n.235, prevede che “Qualunque dato trattato da una pubblica amministrazione, con le esclusioni di cui all’ articolo 2, comma 6 , salvi i casi previsti dall’articolo 24 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e nel rispetto della normativa in materia di protezione dei dati personali, è reso accessibile e fruibile alle altre amministrazioni quando l’utilizzazione del dato sia necessaria per lo svolgimento dei compiti istituzionali dell’amministrazione richiedente, senza oneri a carico di quest’ultima, salvo per la prestazione di elaborazioni aggiuntive”;
- Art. 58, comma 2, del medesimo D.Lgs. 82/2005, così come sostituito dall’articolo 41, comma 1, lett. a), del D.Lgs. 30 dicembre 2010, n.235, prevede che: “Ai sensi dell’ articolo 50, comma 2 , nonché al fine di agevolare l’acquisizione d’ufficio ed il controllo sulle dichiarazioni sostitutive riguardanti informazioni e dati relativi a stati, qualità personali e fatti di cui agli articoli 46 e 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, le Amministrazioni titolari di banche dati accessibili per via telematica predispongono, sulla base delle linee guida redatte da DigitPA, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, apposite convenzioni aperte all’adesione di tutte le amministrazioni interessate volte a disciplinare le modalità di accesso ai dati da parte delle stesse amministrazioni procedenti, senza oneri a loro carico. Le convenzioni valgono anche quale autorizzazione ai sensi dell’articolo 43, comma 2, del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000”;
- Art. 15 della Legge 183/2011, che oltre alle modifiche del D.P.R. 28.12.2000, n. 445, ha previsto al comma 2 che le amministrazioni certificanti individuino e rendano note, attraverso la pubblicazione sul sito istituzionale dell’amministrazione, le misure organizzative adottate per l’efficiente, efficace e tempestiva acquisizione d’ufficio dei dati e per l’effettuazione dei controlli medesimi, nonché’ le modalità per la loro esecuzione;
- Art. 43, comma 2, del D.P.R. 28.12.2000, n. 445 (Testo unico sulla documentazione amministrativa), prevede che “Fermo restando il divieto di accesso a dati diversi da quelli di cui è necessario acquisire la certezza o verificare l’esattezza, si considera operata per finalità di rilevante interesse pubblico, ai fini di quanto previsto dal decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 135 (confluito nel decreto legislativo 2003, n. 196), la consultazione diretta, da parte di una pubblica amministrazione o di un gestore di pubblico servizio, degli archivi dell’amministrazione certificante, finalizzata all’accertamento d’ufficio di stati, qualità e fatti ovvero al controllo sulle dichiarazioni sostitutive presentate dai cittadini. Per l’accesso diretto ai propri archivi l’amministrazione certificante rilascia all’amministrazione procedente apposita autorizzazione in cui vengono indicati i limiti e le condizioni di accesso volti ad assicurare la riservatezza dei dati personali ai sensi della normativa vigente”;
- Art. 43, comma 4, del predetto Testo Unico, sempre per gli accertamenti d’ufficio, stabilisce che “al fine di agevolare l’acquisizione d’ufficio di informazioni e dati relativi a stati, qualità personali e fatti, contenuti in albi, elenchi o pubblici registri, le amministrazioni certificanti sono tenute a consentire alle amministrazioni procedenti, senza oneri, la consultazione per via telematica dei loro archivi informatici, nel rispetto della riservatezza dei dati personali”.
Deve inoltre rappresentarsi che l’Agenzia per l’Italia Digitale, nel giugno 2013, ha emanato le “Linee guida per la stesura di convenzioni per la fruibilità di dati delle PA”, redatte ai sensi dell’art. 58, comma 2, del D.Lgs. 82/2005 che sostituiscono la versione pubblicata da DigitPa nell’aprile 2011” e che il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione con la Direttiva n. 14 del 22 dicembre 2011, avente ad oggetto “Adempimenti urgenti per l’applicazione delle nuove disposizioni in materia di certificati e dichiarazioni sostitutive di cui all’articolo 15 della legge 12 novembre 2011, n. 183”, ha ulteriormente valorizzato l’utilizzo dello strumento convenzionale per la regolamentazione degli accessi agli archivi delle amministrazioni titolari di banche dati sia per l’acquisizione d’ufficio delle informazioni sia per l’espletamento dei controlli, di cui agli artt. 71 e 72 del D.P.R. n. 445/2000 circa la veridicità delle dichiarazioni sostitutive, effettuati da parte delle amministrazioni procedenti.
La riservatezza dei dati
Questa normativa non esenta gli accertatori e gli Ispettorati del lavoro dal segreto di cui all’articolo 4 della legge 628/61 per tutto quanto non inerente gli atti non pertinenti azioni specificamente di competenza dell’INPS. Analoga considerazione deve essere posta anche per quanto riguarda la normativa sulla privacy.
Le qualità personali del lavoratore o suoi familiari, i fatti che possono costituire reato nei confronti di chiunque ed ogni altra informazione che non abbia specifica pertinenza con l’obbligazione contributiva è certamente un bagaglio di informazioni che, se avulse dalle prestazioni e dalle contribuzioni specificamente di competenza dell’ente, non possono essere trasferite alla sede di soggetti diversi da quelli che svolgono gli accertamenti.
E’ da considerare che coloro che si presentano ancora come Ispettori dell’INPS sono soggetti che rientrano nella nuova disciplina di cui al D.L.vo 149/2015 che ha istituito una Agenzia unica per le ispezioni del lavoro denominata «Ispettorato nazionale del lavoro» che integra i servizi ispettivi del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dell’INPS e dell’INAIL.
Questo nuovo organismo è l’unico titolare dei rapporti dato che ora concentra su di sé tutte le attività ispettive già esercitate dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dall’INPS e dall’INAIL.
Se quindi da un lato ai funzionari ispettivi dell’INPS e dell’INAIL sono estensivamente attribuiti i poteri già assegnati al personale ispettivo del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ivi compresa la qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria secondo quanto previsto dall’articolo 6, comma 2, del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124 dall’altro lato il nuovo Ispettorato del Lavoro ha assunto la personalità giuridica di diritto pubblico.
Il nuovo organismo è dotato di autonomia organizzativa e contabile ed è ora sottoposto alla vigilanza del Ministro del lavoro e delle politiche sociali che ne monitora periodicamente gli obiettivi e la corretta gestione delle risorse finanziarie essendo lo stesso soggetto al controllo della Corte dei Conti alla quale deve rispondere in caso di danno erariale o di altra questione che sia di competenza della stessa.
Per la Regione Siciliana e per le Province autonome di Bolzano e Trento sono istituiti gli speciali dipartimenti del lavoro con i relativi servizi di Ispettorato Territoriale aventi ruolo e funzioni anche Regionali o Provinciali corrispondenti a quello nazionale.
La verbalizzazione delle dichiarazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro
Sotto un profilo funzionale è da ritenere sempre illegittima una verbalizzazione basata su domante specifiche senza una puntuale verbalizzazione coerente con il dato di fatto ovvero laddove venisse verbalizzata come se si trattasse di una dichiarazione spontanea.
La questione, vista sotto il profilo della valenza probatoria di cui all’art.lo 2.700 del codice civile, assumerebbe connotati rilevanti anche sotto il profilo civile in ragione di una falsa rappresentazione delle circostanze avvenute in presenza del pubblico ufficiale; con tutte le conseguenze e diritti di impugnazione del caso.
Nel caso invece in cui gli ispettori intendano porre in essere un interrogatorio è opportuno che venga dagli stessi specificato sulla base di quale norma procedono ed indichino risposta per risposta anche quale è stata la domanda dagli stessi formulata.
E’ da ritenere in particolare che sia assolutamente illegittimo l’interrogatorio (comunque verbalizzato) del titolare d’azienda in quanto il medesimo non solo ha tutto il diritto di essere assistito, ma deve essere lasciato libero di prendere posizione sulle circostanze che gli vengono sottoposte in un contesto di libero e sereno contraddittorio che non comprima il suo diritto alla difesa.
Al di la delle inique previsioni inserite nell’art.lo 20 della legge 241/90 il diritto al contraddittorio (endoprocedimentale) rappresenta un principio fondamentale dell’ordinamento, garantito sia dal diritto comunitario che da quello nazionale.
In ambito comunitario, la Corte di Giustizia Europea ha affermato che “le misure a garanzia del contradditorio preventivo sono imposte dal rispetto del diritto di difesa che costituisce un principio generale del diritto comunitario che trova applicazione ogniqualvolta l’amministrazione di proponga di adottare nei confronti di un soggetto un atto per esso lesivo, con la conseguenza che i destinatari di decisioni che incidono sensibilmente sui loro interessi devono essere messi in condizione di manifestare utilmente il loro punto di vista in merito agli elementi sui quali l’amministrazione intende fondare la propria decisione” (vedere sentenza 18/12/2008 in causa C-349/07 e sentenza 3 luglio 2014 in cause riunite C-129/13 e C.130/13).
Per quanto riguarda il versante interno, la Corte Costituzionale statuisce che “l’attivazione del contraddittorio endoprocedimentale costituisce un principio fondamentale immanente nell’ordinamento, operante anche in difetto di una espressa e specifica disposizione normativa, a pena di nullità, dell’atto finale del procedimento, per violazione del diritto di partecipazione dell’interessato al procedimento stesso” (Corte Costituzionale, sentenza 26 maggio 2015, n. 132 che ha fatto proprio quanto già affermato dalla Corte di Cassazione, Sez. Unite 18 settembre 2014 n. 19667 – vedere anche Cass. sentenza 29 luglio 2013, n. 18184).
Circa il fatto che i lavoratori possano o meno essere convocati presso l’INPS è questione che non riguarda l’azienda nell’immediatezza salvo che ciò non sia preceduto dalle informative di legge e non comporti una interruzione della programmazione lavorativa che vada oltre il tempo strettamente necessario a compiere gli atti dovuti.
È possibile chiedere il rispetto dello statuto del contribuente?
Una violazione significativa dei diritti sopra citati potrebbe anche conferire titolo non solo per prendere posizione immediata in termini di danni subiti, ma anche per la legittimazione di una eventuale richiesta di intervento del garante del contribuente competente per territorio.
Occorre puntualizzare che, al di la di una normativa specifica che lo prevede, gli accertamenti dell’INPS hanno sempre riflessi anche fiscali e quindi tutti gli accessi, ispezioni e verifiche devono essere effettuati sulla base di esigenze effettive di indagine e controllo sul luogo.
Salvo casi eccezionali e urgenti adeguatamente documentati questi devono svolgersi durante l’orario ordinario di esercizio delle attività e con modalità tali da arrecare la minore turbativa possibile allo svolgimento delle attività stesse nonché alle relazioni commerciali o professionali dell’azienda.
E’ anche opportuno precisare che non vi è motivo di dubitare sul fatto che l’imprenditore abbia il diritto di essere sufficientemente informato, fin da quando viene iniziata la verifica, delle ragioni che l’abbiano giustificata e dell’oggetto che la riguarda.
Circa il fatto che l’imprenditore possa decidere di farsi assistere da un professionista, libero, che si aggiunge e non sostituisce il professionista che opera quale consulente ex L. 12/79, costituisce una facoltà che gli ispettori dell’INPS si ritiene non possano impedire.
Gli ispettori, inoltre, durante gli accertamenti, devono sempre dare atto di quanto sia l’imprenditore che il professionista che lo assiste rilevano od osservano.
Di tali rilievi od osservazioni gli stessi sono tenuti a dare atto nel processo verbale relativo alle operazioni di verifica.
Per preventivi ed approfondimenti su questioni specifiche contattare lo studio

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