Revoca benefici contributivi. si può parlare di difetto di legittimazione da parte INPS?
Sono scaduti i termini di fruizione dei benefici della legge 190/14 (comma 118 legge 190/14 e legge 208/2015 commi 178-181) l’INPS va a caccia di contributi.
Una caccia che sta procurando alle casse dell’istituto entrate cospicue ed un flusso di denaro spesso basato su posizioni relative alla mancata osservanza di alcuni istituti di specifici contratti collettivi che sono ritenuti più rappresentativi.
La questione della maggiore rappresentatività di alcuni contratti collettivi dovrebbe far riflette sulla possibilità che fare riferimento non alle tariffe di tali contratti collettivi, ma alla loro osservanza, possa costituire uno strumento di finanziamento indiretto sollecitato da parte delle istituzioni (si pensi al contributo istituzionalmente canalizzato solo su alcuni enti bilaterali di cui nessuno verifica i bilanci), a favore soltanto di alcune organizzazioni sindacali.
La casistica che comporta disconoscimenti e revoche di benefici è varia.
La revoca dei benefici
Tutti ricorderanno che a suo tempo fu lo Stato a cercare le risorse per finanziare l’incentivo teso a favorire nuova occupazione.
La soluzione non sempre è agevole e la complessità della materia soprattutto nella soluzione per durc negativo richiede particolare preparazione ed adeguata formazione nella materia.
Normativa
Più precisamente la legge 190/2014 all’art.lo 1 comma 122, 123 e 124 aveva previsto che:
“122. Al finanziamento degli incentivi di cui ai commi 118 e 121 si provvede, quanto a 1 miliardo di euro per ciascuno degli anni 2015, 2016 e 2017 e a 500 milioni di euro per l’anno 2018, a valere sulla corrispondente riprogrammazione delle risorse del Fondo di rotazione di cui all’articolo 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183, gia’ destinate agli interventi del Piano di azione coesione, ai sensi dell’articolo 23, comma 4, della legge 12 novembre 2011, n. 183, che, dal sistema di monitoraggio del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato del Ministero dell’economia e delle finanze, risultano non ancora impegnate alla data del 30 settembre 2014.
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- 123. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Gruppo di azione coesione, di cui al decreto del Ministro per la coesione territoriale 1º agosto 2012, provvede all’individuazione delle specifiche linee di intervento oggetto di riprogrammazione ai sensi del comma 122.
- 124. Le risorse di cui al comma 122 sono versate all’entrata del bilancio dello Stato e restano acquisite all’erario.”
Le aberrazioni
E’ capitato che qualche accertamento INPS si sia sbizzarrito sui piccoli numeri del contratto collettivo rilevando (non stiamo qui a sottolineare quanto a torto o quanto a ragione) piccolissime differenze di imponibile contributivo. Nel caso capitato a questo studio si trattava di circa un euro al mese per dipendente.
Su questa apparente base l’INPS ha revocato tutti i benefici andando indietro nel tempo per alcuni anni.
Le cifre che sono venute fuori hanno dell’incredibile.
Ma cosa sta succedendo?
Sta accadendo che lo Stato prima concede le agevolazioni (nel caso della legge Renzi si parlava di circa 9 miliardi di Euro);
poi, con calma, l’INPS se le va a riprendere con aggiunta di sanzioni civili.
In pratica quei circa 9 miliardi erogati dalla legge Renzi alle aziende stanno transitando all’INPS con una maggiorazione del 60% di sanzioni civili.
In pratica nessun aiuto è stato dato alle piccole e medie aziende, anzi, lo stato si sta comportando come una banca che ha prestato i soldi con gli interessi al 60%.
Questo è nella prassi.
In teoria le cose però non tornano.
Chi può pretendere la restituzione, l’INPS o l’erario?
Qualche critica a questo punto è meritevole di riflessione.
Le risorse provengono da una manovra finanziaria, non dall’INPS.
Quindi ogni competenza e legittimazione su eventuali restituzioni sembrerebbe appartenere all’erario.
Sembrerebbe logico quindi che l’INPS, se dovesse riscontrare l’illegittimità della fruizione del contributo, segnalasse all’erario l’anomalia astenendosi da chiedere al datore di lavoro quanto già integralmente ricevuto a suo tempo.
Ne consegue anche che la pretesa di incamerare nuovamente il denaro che ha già ricevuto (in quanto versate dallo stato) non si limiti solo alla contribuzione, ma comprenda anche le sanzioni civili (somme aggiuntive).
In tal senso l’INPS facendo riferimento alle evasioni “contributive” (Legge 388/2000 art.lo 116 comma 8) andrebbe a trattare la perdita dei requisiti (ammesso che sia affettivamente applicabile) come se fosse evasione contributiva di tipo intenzionale.
Quindi sul piano delle uscite o delle attribuzioni di contributi a favore dei lavoratori l’INPS non erogherà maggiori prestazioni.
Sul piano delle entrate, invece, ha già preso 1 dall’erario, poi prende 2 dal datore di lavoro ed in tutto, alla fine del percorso di recupero di sanzioni ed interessi, avrà incassato quasi 3 volte il contributo che gli spetta.
Nonostante la peculiarità della situazione, al momento sulla vicenda non risulta essersi espressa né essere intervenuta la Corte dei Conti.
Per approfondimenti o consulenza è possibile contattare lo Studio Tirrito.

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