Gestione separata inps. Fondo pensionistico o voragine?
Il prelievo contributivo relativo alla gestione separata trae origine dall’art. 2 della legge 335/1995 il quale dispone che:
“29. Il contributo alla Gestione separata di cui al comma 26 è dovuto nella misura percentuale del 10 per cento ed è applicato sul reddito delle attività determinato con gli stessi criteri stabiliti ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, quale risulta dalla relativa dichiarazione annuale dei redditi e dagli accertamenti definitivi. Hanno diritto all’accreditamento di tutti i contributi mensili relativi a ciascun anno solare cui si riferisce il versamento i soggetti che abbiano corrisposto un contributo di importo non inferiore a quello calcolato sul minimale di reddito stabilito dall’articolo 1, comma 3, della legge 2 agosto 1990, n. 233. E successive modificazioni ed integrazioni. In caso di contribuzione annua inferiore a detto importo, i mesi di assicurazione da accreditare sono ridotti in proporzione alla somma versata. I contributi come sopra determinati sono attribuiti temporalmente dall’inizio dell’anno solare fino a concorrenza di dodici mesi nell’anno. Il contributo e’ adeguato con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale di concerto con il Ministro del tesoro, sentito l’organo di gestione come definito ai sensi del comma 32”.
Tale norma, oltre a fissare l’imposizione contributiva nella percentuale del 10%, stabiliva una procedura di concertazione interministeriale per l’eventuale riadeguamento di tale percentuale.
Gestione separata inps come funziona –
Il nobile scopo originario della norma
Una procedura che aveva l’evidente scopo di consentire agli organi di gestione di ponderare le aliquote alle erogazioni secondo una logica di proporzionalità contributiva
Dalla normativa originaria e dalla ratio ad essa sottostante si è, tuttavia, sensibilmente allontanata la successiva normativa.
L’ingiustificato appesantimento contributivo
Il peso contributivo, infatti, nel corso del tempo, è stato deviato verso l’alto senza alcuna pregevole giustificazione giuridica.
L’art. 1, comma 165 della legge 11 dicembre 2016 n. 232 ha previsto che:
“a decorrere dall’anno 2017, per i lavoratori autonomi, titolari di posizione fiscale ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, iscritti alla Gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, che non risultano iscritti ad altre gestioni di previdenza obbligatoria ne’ pensionati, l’aliquota contributiva di cui all’articolo 1, comma 79, della legge 24 dicembre 2007, n. 247, e’ stabilita in misura pari al 25 per cento”.
Già in precedenza la legge 147/2013 all’art. 1 comma 491 aveva stabilito che:
“491. All’articolo 1, comma 79, secondo periodo, della legg 24 dicembre 2007, n. 247, e successive modificazioni, le parole: «al 21 per cento per l’anno 2014, al 22 per cento per l’anno 2015» sono sostituite dalle seguenti: «, al 22 per cento per l’anno 2014, al 23,5 per cento per l’anno 2015».
Il profilo strettamente pensionistico
l’art. 1, comma 3, del D.M.2 maggio 1996, n. 282, stabilisce che i contributi versati nella gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, per periodi successivi alla data di decorrenza della pensione a carico della gestione stessa danno titolo ad un supplemento di pensione.
L’articolo 1, comma 2, del D.M. n. 282 del 1996 ha stabilito che “qualora gli iscritti alla gestione non raggiungono i requisiti per il diritto ad una pensione autonoma, ma conseguono la titolarità di un trattamento pensionistico a carico dell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti, delle forme esclusive e sostitutive della medesima, delle gestioni speciali dei lavoratori autonomi, di cui alla legge n. 233 del 1990, nonché delle gestioni previdenziali obbligatorie dei liberi professionisti hanno diritto alla liquidazione della pensione supplementare ai sensi dell’art. 5 della legge 12 agosto 1962, n. 1338, e successive modificazioni, sempreché in possesso del requisito di età di cui all’art. 1, comma 20, della legge n. 335 del 1995”.
In virtù di tale previsione la liquidazione della pensione supplementare sarà possibile soltanto qualora il trattamento pensionistico richiesto risulti inferiore a 1,5 volte l’importo dell’assegno sociale pur in presenza dei prescritti requisiti di età anagrafica e contributiva per la pensione di vecchiaia introdotti dall’articolo 24, comma 7, del d.l. n. 201 convertito dalla legge n. 214 del 2011 per il diritto autonomo alla pensione.
Pertanto, le domande di pensione supplementare sono suscettibili di accoglimento nei confronti di soggetto titolare di trattamento pensionistico a carico dei Fondi come individuati dall’articolo 5 della legge n. 1338 del 1962, nonché della gestione separata, qualora il medesimo non abbia perfezionato il requisito minimo dell’importo del trattamento pensionistico richiesto dalla norma ed a condizione che alla data di decorrenza della pensione supplementare sia perfezionato il requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia, adeguato agli incrementi della speranza di vita e che l’interessato abbia cessato il rapporto di lavoro dipendente.
La facoltà di computo di cui all’articolo 3 del D.M. n. 282 del 1996 consente a “gli iscritti alla gestione separata che possono far valere periodi contributivi presso l’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti, le forme esclusive e sostitutive della medesima, le gestioni pensionistiche dei lavoratori autonomi di cui alla legge n. 233 del 1990 di chiedere, nell’ambito della gestione separata, il computo dei predetti contributi, ai fini del diritto e della misura della pensione a carico della gestione stessa, alle condizioni previste per la facoltà di opzione di cui all’articolo 1, comma 23, della legge n. 335 del 1995”
Gestione separata: le illogicità del sistema
Gestione separata inps iscrizione – l’iscrizione alla gestione separata non è facoltativa, ma obbligatoria.
Chiarito il quadro normativo di riferimento circa imposizioni contributive e trattamenti pensionistici relativi alla gestione separata, occorre tornare sull’art. 1, comma 165 legge 232/2016 (legge finanziaria 2016) che ha fissato al 25% l’aliquota contributiva per “i lavoratori autonomi, titolari di posizione fiscale ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, iscritti alla Gestione separata”.
La legge finanziaria del 2016 – in cui sono venute, peraltro, meno le procedure di concertazione interministeriale come previste dalla legge 335/1995 finalizzate a consentire agli organi di gestione di ponderare le aliquote contributive in modo proporzionale alle corrispondenti prestazioni pensionistiche – ha proceduto all’individuazione di una percentuale non proporzionale a quelli che sono i corrispondenti trattamenti pensionistici.
Infatti, per i lavoratori iscritti alla gestione separata a fronte di un’imposizione contributiva del 25% (peraltro, di tutti i redditi denunciati ai fini Irpef) non è previsto un corrispondente e proporzionale “adeguamento” pensionistico ma una pensione supplementare, peraltro, solo eventuale (infatti essa è prevista solo laddove il trattamento pensionistico richiesto risulti inferiore a 1,5 volte l’importo dell’assegno sociale).
Nel nostro sistema previdenziale (ispirato a logiche mutualistiche e solidaristiche) i contributi non vanno a vantaggio del singolo che li versa ma di tutti i lavoratori e, peraltro, in proporzione al reddito che ciascuno consegue con il lavoro (i lavoratori con redditi più alti concorrono anche alla copertura delle prestazioni a favore delle categorie con redditi più bassi).
Le sproporzioni del sistema
Se questo è vero e pur tenendo fermo il principio di discrezionalità del Legislatore nella determinazione dell’ammontare delle prestazioni sociali, è altrettanto vero che, per quanto i contributi trascendano gli interessi dei singoli che li versano, essi danno sempre vita al diritto del lavoratore di conseguire corrispondenti prestazioni previdenziali; da ciò discende che il Legislatore non può prescindere dal principio di proporzionalità tra contributi versati e prestazioni previdenziali (vedere sentenza Corte Costituzionale n. 173/1986; n. 501/1988; n. 96/1991), che trova il suo fondamento costituzionale nell’art. 38 della Costituzione.
Premesso che l’assoggettamento contributivo debba essere considerato termometro della quantità e della qualità del lavoro prestato, è evidente come il quadro normativo sopra descritto, prevedendo un assoggettamento contributivo del 25% e sotto il profilo previdenziale solamente una pensione supplementare per chi sia in possesso di certi requisiti, va a determinare una situazione in cui molte prestazioni lavorative restino fuori dal computo pensionistico ed in cui lavoratori aventi la medesima attività lavorativa si trovino ad avere trattamenti differenti sulla base di dati meramente personali e sociali, avulsi dal lavoro prestato.
Cosa fare in caso di contenzioso con l’INPS
E’ evidente una certa trascuratezza del legislatore nei confronti dei contribuenti della gestione separata.
Una trascuratezza che li porta spesso ad essere ignari pagatori di un sistema contributivo pieno di falle e di grossolanità giuridiche quasi sempre meritevoli di sensata opposizione.
Il suggerimento più importante è l’analisi specifica degli atti di addebito e la tempestiva opposizione laddove vi siano margini per ricorrere.
Si deve sempre tenere presente che una volta pervenuto l’avviso di addebito ci sono solo 20 giorni o 40 (a seconda del tipo di eccezioni che si vogliono far valere) per fare ricorso.
20 giorni o 40 poi più niente si può fare
20 o 40, questo è il termine necessario per correre nel ricorrere.
E’ evidente che fondamentale risulta il contatto con lo studio legale appena viene ricevuto l’avviso bonario senza attendere l’ultimatum definitivo dell’avviso di addebito.
Avv. Vito Tirrito
Avv. Matteo Pennati
Avv. Michael Tirrito

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