Inps e rifiuto di iscrizione del socio artigiano di cooperativa


L’INPS da qualche anno rifiuta le iscrizioni nelle cooperative di soci artigiani

affermando, quando è costretta a motivare oppure in successiva fase di accertamento, che non è possibile ravvisare in ambito cooperativo un rapporto autonomo con un artigiano.

L’INPS afferma, ad avviso di questo studio, l’esatto contrario di quanto confermato dalle leggi vigenti che, anzi, ne valorizzano i contenuti. 

Per una corretta interpretazione

non si può non fare espresso richiamo, all’art.lo 1 comma 114 della Legge 208 del 28 dicembre 2015 che, pur trattando solo di aspetti reddituali, conferma l’ammissibilità del rapporto socio artigiano – cooperativa anche in senso interpretativo e pregresso:  

  • “114. Fermo restando il trattamento previdenziale peri  soci  delle cooperative artigiane che stabiliscono un rapporto di lavoro in forma autonoma ai sensi dell’articolo 1, comma  3,  della  legge  3  aprile 2001, n. 142, ai fini dell’imposta sul reddito si applica  l’articolo 50 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al  decreto  del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n.  917,  e  successive modificazioni.”  
Alcuni verbali dell’INPS

riportano il principio (di derivazione giurisprudenziale) per cui “ non risulta possibile ravvisare nel rapporto che i soci instaurano con la cooperativa le caratteristiche tipiche dell’imprenditore artigiano. La posizione dell’INPS è stata di fatto confermata da una serie di pronunciamenti costanti della Magistratura (Corte di Cassazione 238/2003, Corte d’Appello di Ancona 140/2004, Corte d’Appello di Torino del 27.10.2004 ecc.) dalle quali si evince (…)” . 

Quanto affermato dall’Istituto in tal senso si fonda su un orientamento giurisprudenziale attualmente inapplicabile in quanto maturato e riferito a posizioni anteriori all’entrata in vigore della Legge 03/04/2001 n. 142, G.U. 23/04/2001 n. 94. 

E’ evidente che la giurisprudenza di riferimento dell’INPS era quella relativa alle norme precedenti la riforma. 

L’art. 1 della legge n.142/2001, diversamente da quanto avveniva prima, prende in considerazione la posizione dei soci di cooperativa disponendo che: 

1. Le disposizioni della presente legge si riferiscono alle cooperative nelle quali il rapporto mutualistico abbia ad oggetto la prestazione di attività lavorative da parte del socio, sulla base di previsioni di regolamento che definiscono l’organizzazione del lavoro dei soci.  

  1. I soci lavoratori di cooperativa: 
  2. a) concorrono alla gestione dell’impresa partecipando alla formazione degli organi sociali e alla definizione della struttura di direzione e conduzione dell’impresa; 
  3. b) partecipano alla elaborazione di programmi di sviluppo e alle decisioni concernenti le scelte strategiche, nonché alla realizzazione dei processi produttivi dell’azienda; 
  4. c) contribuiscono alla formazione del capitale sociale e partecipano al rischio d’impresa, ai risultati economici ed alle decisioni sulla loro destinazione; 
  5. d) mettono a disposizione le proprie capacità professionali anche in relazione al tipo e allo stato dell’attività svolta, nonché alla quantità delle prestazioni di lavoro disponibili per la cooperativa stessa. 
  6. Il socio lavoratore di cooperativa stabilisce con la propria adesione o successivamente all’instaurazione del rapporto associativo un ulteriore rapporto di lavoro, in forma subordinata o autonoma o in qualsiasi altra forma, ivi compresi i rapporti di collaborazione coordinata non occasionale, con cui contribuisce comunque al raggiungimento degli scopi sociali.Dall’instaurazione dei predetti rapporti associativie di lavoro in qualsiasi forma derivano i relativi effetti di natura fiscale e previdenziale e tutti gli altri effetti giuridici rispettivamente previsti dalla presente legge, nonché, in quanto compatibili con la posizione del socio lavoratore, da altre leggi o da qualsiasi altra fonte”. 

Il successivo art. 3 relativo al “Trattamento economico del socio lavoratore”, dispone che: 

  1. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 36 della legge 20 maggio 1970, n. 300, le società cooperative sono tenute a corrispondere al socio lavoratore un trattamento economico complessivo proporzionato alla quantità e qualità del lavoro prestato e comunque non inferiore ai minimi previsti, per prestazioni analoghe, dalla contrattazione collettiva nazionale del settore o della categoria affine, ovvero,per i rapporti di lavoro diversi da quello subordinato, in assenza di contratti o accordi collettivi specifici, ai compensi medi in uso per prestazioni analoghe rese in forma di lavoro autonomo. 
  2. Trattamenti economici ulteriori possono essere deliberati dall’assemblea e possono essere erogati: 
  3. a) a titolo di maggiorazione retributiva, secondo le modalità stabilite in accordi stipulati ai sensi dell’articolo 2; 
  4. b) in sede di approvazione del bilancio di esercizio, a titolo di ristorno(…)

L’art. 4 della medesima legge prevede che: 

1. Ai fini della contribuzione previdenziale ed assicurativa si fa riferimento alle normative vigenti previste per le diverse tipologie di rapporti di lavoro adottabili dal regolamento delle società cooperative nei limiti di quanto previsto dall’articolo 6.  

  1. I trattamenti economici dei soci lavoratori con i quali si è instaurato un rapporto di tipo subordinato, ad eccezione di quelli previsti dall’articolo3 ,comma 2, lettera b), sono considerati, agli effetti previdenziali, reddito da lavoro dipendente.  
  2. Il Governo, sentite le parti sociali interessate, è delegato ad emanare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi intesi a riformare la disciplina recata dal decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1970, n. 602, e successive modificazioni, secondo i seguenti criteri e princìpi direttivi:
  3. a) equiparazione della contribuzione previdenziale e assistenziale dei soci lavoratori di cooperativa a quella dei lavoratori dipendenti da impresa; 
  4. b) gradualità, da attuarsi anche tenendo conto delle differenze settoriali e territoriali, nell’equiparazione di cui alla lettera a) in un periodo non superiore a cinque anni; 
  5. c) assenza di oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato(…)”.

Il successivo art. 6 disciplina la materia relativa al regolamento interno e riporta quanto segue: 

1. Entro il 31 dicembre 2003, le cooperative di cui all’ articolo 1 definiscono un regolamento, approvato dall’assemblea, sulla tipologia dei rapporti che si intendono attuare, in forma alternativa, con i soci lavoratori. Il regolamento deve essere depositato entro trenta giorni dall’approvazione presso la Direzione provinciale del lavoro competente per territorio. Il regolamento deve contenere in ogni caso (1):  

  1. a) il richiamo ai contratti collettivi applicabili, per ciò che attiene ai soci lavoratori con rapporto di lavoro subordinato; 
  2. b) le modalità di svolgimento delle prestazioni lavorative da parte dei soci, in relazione all’organizzazione aziendale della cooperativa e ai profili professionali dei soci stessi, anche nei casi di tipologie diverse da quella del lavoro subordinato; 
  3. c) il richiamo espresso alle normative di legge vigenti per i rapporti di lavoro diversi da quello subordinato(…)”.

Alla luce delle richiamate disposizioni è certo che i singoli soci che apportano lavoro alla cooperativa oggi non possono essere considerati automaticamente subordinati, neppure in base ad una fictio iuris” e con sole finalità previdenziali (in tale senso – vedere Corte d’Appello di Firenze, sentenza del 30 marzo 2017, n. 387). 

Infatti, tali disposizioni laddove parlano di svolgimento di prestazioni lavorative da parte dei soci, fanno riferimento anche a tipologie diverse da quella del lavoro subordinato. 

Rimane da approfondire la possibilità (ci riserviamo di farlo successivamente) di chiedere il risarcimento all’INPS per quanto una cooperativa possa avere subito per effetto di un comportamento illegittimo (quale la mancata iscrizione e collaborazione od il venire meno del socio artigiano) in ragione della perdita di chances o danno diretto indebitamente procurati alla società.