Contagio da Covid 19. E’ malattia professionale o infortunio sul lavoro?


In queste settimane sono molte le categorie di lavoratori ancora attivi.

Tra queste, sicuramente, spicca il personale sanitario, occupato quasi totalmente nel fronteggiare l’emergenza sanitaria in atto.

I chiarimenti dell’INAIL

L’Inail è intervenuto con una nota cercando di spiegare quale inquadramento e quale la procedura da seguire per i sanitari.

La nota del 17 marzo 2020, prot. n. 3675, chiarisce infatti che i contagi da Covid-19 di medici, di infermieri e di altri operatori di strutture sanitarie in genere, dipendenti del Servizio sanitario nazionale e, in generale, di qualsiasi altra Struttura sanitaria pubblica o privata assicurata con l’Istituto, avvenuti nell’ambiente di lavoro oppure per causa determinata dallo svolgimento dell’attività lavorativa, sono inquadrati nella categoria degli infortuni sul lavoro.

Il contagio da Covid 19, trattandosi di infortunio sul lavoro e non malattia professionale, dovrà essere trattato in sede amministrativa.

Le aziende sanitarie, le strutture pubbliche o private, i “datori di lavoro” devono assolvere all’obbligo di effettuare, come per gli altri casi di infortunio, la denuncia/comunicazione d’infortunio. Altresì vi sarà l’obbligo del medico certificatore di trasmettere all’Istituto il certificato medico di infortunio/positività del contagio, e da tale data decorrerà la tutela Inail.

Sono esclusi i dipendenti sanitari posti in quarantena per motivi di sanità pubblica, salvo che risultino positivi al test di conferma e, in questo caso, sono tutelati per l’intero periodo di quarantena e quello eventualmente successivo dovuto a prolungamento di malattia che determini una inabilità temporanea assoluta al lavoro.

Nel caso in cui, infine, gli eventi infettanti siano intervenuti durante il percorso casa-lavoro, si configura l’ipotesi di infortunio in itinere.

La questione potrebbe essere interessante per quanto riguarda il trasferimento casa-lavoro con esclusivo utilizzo dei mezzi pubblici di trasporto.

L’art.2 del D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 Testo unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali dispone “l’assicurazione comprende tutti i casi di infortunio avvenuti per causa violenta in occasione di lavoro, ivi comprese le attività prodromiche e strumentali (1)”e al 2 comma “agli effetti del presente decreto, è considerata infortunio sul lavoro l’infezione carbonchiosa. È altresì (2) compreso tra i casi di infortunio sul lavoro l’evento dannoso derivante da infezione malarica.”

Ai dibatti che si sono succeduti negli anni sul profilo probatorio e sulla differenza tra infortunio e malattia professionale sono stati dissolti da innumerevoli sentenze della Suprema Corte, tra cui ricordiamo la sentenza n.3090 del 13 marzo 1992 in cui veniva ribadito che “deve essere considerata causa violenta di infortunio sul lavoro anche l’azione di fattori microbici e virali, che penetrando nell’organismo umano ne determinano l’alterazione anatomica-fisiologica…. E si ritiene raggiunta la prova dell’avvenuto contagio per motivi professionali, quando, anche attraverso presunzioni, si giunga a stabilire che l’evento infettante si è verificato in relazione all’attività lavorativa”.

Causa Violenta e Causa Virulenta

La causa violenta è equiparata a quella virulenta,  il lavoratore è sgravato dall’onere probatorio in ordine alla contrazione della malattia in occasione lavorativa, così l’Inail tutela le affezioni morbose inquadrandole, per l’aspetto assicurativo, nella categoria degli infortuni sul lavoro.

Quindi, laddove sia accertata l’origine professionale del contagio da Covid 19 (avvenuta in ambito lavorativo) per i lavoratori dipendenti del servizio sanitario pubblico o privato sarà riconosciuto l’infortunio sul lavoro.

Ne consegue che gli operatori sanitari (che abbiano contratto per lavoro la malattia da Covid-19) possono ricevere dall’Inail l’indennizzo del periodo di temporanea conseguente alla malattia (indennizzabile con l’indennità di inabilità temporanea) e dei postumi permanenti di danno biologico (indennizzati in capitale o con rendita in caso di postumi superiori al 16%).

Infine, nel caso in cui la malattia abbia causato il decesso dell’infortunato, i suoi superstiti hanno diritto all’assegno funerario ed alla rendita ai superstiti (ex art. 85 TU).

L’onere di provare l’origine del contagio, tuttavia, è dirimente ai fini della connessione con l’attività lavorativa.

Avv. Alessandra Severi