Imprenditore chiede il diritto all’oblio dai risultati di Google


Il Garante della Privacy

diritto all'oblioIl Garante si è pronunciato (doc. web n. 6692214.5) in merito alla richiesta di un imprenditore che richiedeva la rimozione di alcuni url dai risultati di ricerca ottenuti digitando il proprio nominativo su Google. Questi url, infatti, rinviavano ad articoli nei quali erano riportate notizie relative ad una vicenda giudiziaria nella quale lo stesso era stato coinvolto e che si era conclusa con la sua condanna.

Si trattava di una vicenda molto risalente nel tempo e l’interessato era stato nel frattempo integralmente riabilitato. Con la pronuncia è stato ordinato a Google di deindicizzare l’url che rinviava all’unico articolo avente ad oggetto la notizia della condanna penale inflitta al ricorrente, il quale all’epoca ricopriva un ruolo diverso da quello attualmente svolto. L’Autorità ha ritenuto infatti che, considerato il tempo trascorso e l’intervenuta riabilitazione, la notizia non risultasse più rispondente alla situazione attuale.

Altra interessante pronuncia del Garante è sull’episodio di un video pregiudizievole nei confronti di una persona, ripresa durante una udienza dibattimentale, e ritrasmesso in onda a distanza di anni.

La questione, oggetto del Provvedimento 7 luglio 2015 (doc. web 1148642), riguardava la liceità della diffusione a distanza di anni, di immagini riprese durante un dibattimento penale e trasmesse nuovamente in televisione.

Caso in cui durante un processo penale veniva ripresa la reazione emotiva di una donna mentre il Giudice condannava l’uomo al quale la stessa era legata sentimentalmente.

Il video è stato trasmesso in televisione dopo 16 anni e la donna, vede lesa sua reputazione e dignità in quanto, la stessa si è costruita una nuova vita. L’Autorità Garante ha affrontato il caso e nel provvedimento che ha emesso, ha esposto chiaramente che per l’interessata esiste il diritto di non essere più ricordata pubblicamente, a distanza di tempo per quella esperienza della sua vita. Le immagini riguardanti il processo erano state mandate in onda contemporaneamente allo svolgimento delle udienze nel 1988, mentre nel 2004 una trasmissione che si occupa di delitti aveva trasmesso nuovamente i suddetti filmati. Per il garante della Privacy la riproposizione televisiva di una delicata vicenda giudiziaria, a distanza di anni, ha reso il diritto della signora di veder rispettata la propria rinnovata dimensione sociale e affettiva che si è sviluppata negli anni, successivamente alla vicenda.

L´Autorità ha così imposto il divieto di ulteriore diffusione delle immagini.

La cronaca

Per approfondire il tema del diritto a non ricomparire in televisione, sono opportune alcune precisazioni. Innanzitutto è necessario inquadrare il concetto di “cronaca”.

L’Ordinamento italiano include il diritto di cronaca tra le libertà di manifestazione del pensiero.

Il secondo comma dell’art.21 della Costituzione dispone: “..La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”. L’art. 21 della Costituzione deve essere inteso come il fondamento di un più ampio diritto, non solo per le espressioni del pensiero sulla carta stampata, ma anche per ogni altro mezzo di diffusione. Il giornalista deve raccontare alla collettività gli accadimenti di interesse pubblico, e il suo diritto di cronaca si estende anche ad altri mezzi, quali testate giornalistiche online, blog e ovviamente la televisione.

Suddetto diritto non può essere garantito in maniera indiscriminata e assoluta, ma è necessario porre dei limiti al fine di poter contemperare tale diritto con quelli dell’onore e della dignità, proteggendo ciascun individuo da aggressioni morali ingiustificate da parte della stampa.

I limiti che incontra il diritto di cronaca sono la verità, la continenza e la pertinenza della notizia.

La libertà di espressione rappresenta la base dell’ordinamento democratico, ma è altrettanto vero che il diritto alla tutela della personalità è costituzionalmente riconosciuto e garantito, quindi è indubbio che vi sia un bilanciamento tra questi diritti, entrambi di portata costituzionale.

Privacy e finalità giornalistiche

Oltre ai limiti sopra accennati, la libertà di espressione esercitata dai giornalisti, deve tenere in considerazione anche la normativa privacy. Il GDPR ha incluso all’art. 85 il trattamento dei dati personali a scopi giornalistici, prevedendo che il diritto alla libertà di espressione deve conciliarsi con il diritto alla protezione dei dati personali di ciascun Stato membro.

Gli Stati membri, ai fini del trattamento effettuato a scopi giornalistici, possono prevedere eccezioni o deroghe rispetto ai capi che riguardano ad esempio i principi, i diritti dell’interessato, il titolare del trattamento e responsabile del trattamento, il trasferimento dei dati verso paesi terzi, autorità di controllo indipendenti…del GDPR qualora, queste deroghe, siano necessarie per conciliare il diritto alla protezione dei dati personali e la libertà di espressione ed informazione (il Considerando 153 fa riferimento al settore audiovisivo come ambito in cui le suddette deroghe dovrebbero essere applicate in particolare).

Sulla base di quanto suggerito dal GDPR ogni Stato membro dovrebbe predisporre misure legislative in grado di prevedere queste deroghe, eventualmente prevedere casi e bilanciamenti dei diritti.

Il decreto legislativo 10 agosto 2018 n.101, recante le disposizioni per l’adeguamento della normativa nazionale italiana alle disposizioni del GDPR, ha provveduto a modificare il Titolo XII rubricato “Giornalismo, libertà di informazione e di espressione” e al 1 comma dell’art. 136 Codice privacy, è disposto che le norme del Titolo XII si applicano ai sensi dell’art.85 GDPR, quindi in caso di necessità si deroga ai capi del GDPR.

Diritto all’oblio: tutele e limiti

Il classico esempio che può essere fatto per descrivere che cosa sia il diritto all’oblio, è il caso in cui l’interessato proponga al titolare la richiesta di rimozione delle informazioni personali che lo riguardano dalla pubblica circolazione. Nel GDPR il diritto all’oblio è espressamente previsto dall’art.17.

Anche la Corte di Cassazione si è espressa più volte sul tema dell’oblio, in particolare, con la sentenza n.5525/2012 è stato riconosciuto all’interessato il diritto di ottenere dall’editore, la contestualizzazione e l’aggiornamento della notizia di cronaca che lo riguardava, notizia ancora presente nell’archivio storico online della testata e resa disponibile tramite i motori di ricerca.

L’interesse pubblico della notizia può far divenire il fatto privato legittimamente oggetto di cronaca, ma una volta che il pubblico è stato informato, viene meno l’interesse stesso, in quanto la collettività ha già acquisito l’informazione sull’accaduto. La reputazione del soggetto e/o dei soggetti interessati può in questo modo esser lesa se il video o la notizia viene diffusa ancora a distanza di tempo. Il diritto dell’interessato ad essere dimenticato trova così i suoi presupposti per essere applicato in riferimento ai fatti che in passato furono oggetto di cronaca.

 

Conclusioni

Tendenzialmente, il diritto di cronaca esaurisce la sua portata nell’immediato, o comunque in tempi brevi: dopo che l’informazione è stata diffusa alla collettività e soddisfatto quindi il bisogno della pubblica conoscenza di quel determinato accaduto. Ciò premesso, si può affermare che l’interessato, quale l’imprenditore coinvolto in fatti di cronaca, che non vuole rivedere trasmessa in tv un video o un servizio in cui è coinvolto, ha sicuramente la possibilità di esercitare il diritto all’oblio.

È necessario che la notizia pubblicata sia vera e che sussista un interesse pubblico alla conoscenza dei fatti. Il diritto di cronaca, infatti, giustifica intromissioni nella sfera privata laddove la notizia riportata possa contribuire alla formazione di una pubblica opinione su fatti oggettivamente rilevanti.Il principio di continenza, invece, richiede la correttezza dell’esposizione dei fatti e che l’informazione venga mantenuta nei giusti limiti della più serena obiettività.