Con l’ordinanza n. 9249 del 04.04.2023 – in allegato il testo completo alla fine di questo articolo (n.d.r.) – la Cassazione ha affermato come principio di diritto l’impignorabilità dei fondi di previdenza complementare:
“All’atto della cessazione dei requisiti di partecipazione ad una determinata forma di previdenza complementare, la posizione individuale non può convertirsi in prestazione previdenziale (come tale pignorabile) per effetto del mancato esercizio dell’opzione di riscatto totale o parziale oppure del mancato transito ad un’altra forma di previdenza complementare, perché quest’ultimo, al pari della decisione di non provvedere al riscatto, non può determinare, in assenza di una norma “ad hoc” (mancante nel d.lgs. n. 252 del 2005), l’azzeramento della posizione individuale nel frattempo maturata dall’assicurato”.
Ma entriamo nello specifico del fatto in questione.
Impignorabilità dei fondi di previdenza complementare: il fatto in questione
La lavoratrice – ex dipendente di una banca – ha presentato un’opposizione giudiziale avverso due pignoramenti verso terzi notificati dalla banca stessa, aventi oggetto le somme da lei accumulate presso la cassa di previdenza aziendale della sua datrice di lavoro, relative alla contribuzione per il trattamento pensionistico complementare. In riforma alla sentenza di primo livello, la Corte d’Appello di Firenze ha accolto la richiesta della lavoratrice, basandosi sul presupposto che la fine del rapporto di lavoro della ricorrente, e la conseguente cessazione automatica dei requisiti di partecipazione alla previdenza complementare, non costituiscono un motivo sufficiente per rendere vulnerabile la posizione individuale accumulata dalla lavoratrice stessa.
Previdenza complementare: ordinanza della Cassazione
La decisione della Cassazione La Cassazione, nel confermare la decisione presa in primo grado, osserva che al termine dei requisiti di partecipazione a una forma specifica di previdenza complementare, la posizione individuale accumulata non può essere trasformata in un beneficio previdenziale soggetto a pignoramento solo perché il lavoratore non ha scelto di riscattare parzialmente o totalmente la propria posizione o non è passato a un’altra forma di previdenza.
Secondo i giudici, infatti, la posizione individuale continua ad accumularsi finché esiste una legittima aspettativa di future prestazioni pensionistiche in base alla carriera lavorativa futura dell’assicurato. In altre parole, la mancata transizione verso un’altra forma di previdenza complementare, così come la decisione (libera) di non effettuare il riscatto, non possono azzerare la posizione individuale accumulata fino a quel momento dall’assicurato.
Sulla base di questi presupposti, la Corte Suprema respinge il ricorso presentato dal datore di lavoro che ha effettuato il pignoramento.
Cass.-ord.-n.-9249-2023