Fondi di solidarietà bilaterale e DURC


Dal 1° gennaio 2022, la regolarità del versamento dell’aliquota di contribuzione ordinaria ai fondi di solidarietà bilaterali è condizione per il rilascio del DURC.

Sulla Gazzetta Uff. 23/09/2015 n. 221, all’articolo 1 della Legge 30 dicembre 2021, n. 234 è stato inserito il comma 214 che ha aggiunto al D.L.vo 148 del 2015 l’articolo 40 bis quale nuova “Disposizione in materia di rilascio del documento unico di regolarità  contributiva”.

Il testo normativo si limita ad affermare in modo lapidario che “a decorrere dal 1° gennaio 2022, la regolarità del versamento dell’aliquota di contribuzione ordinaria ai fondi di solidarietà bilaterali di cui agli articoli 26, 27 e 40 è condizione per il rilascio del documento unico di regolarità  contributiva (DURC)”.

Quali sono i fondi e chi rimane fuori dalle regole di legittimazione del DURC sono gli ambiti giuridici che maggiormente ci interessano ai fini di comprendere che cosa sta concretamente avvenendo nel mondo del lavoro.

Già l’art.lo 1 comma 1175 della legge 296/2006 aveva generato polemiche in ordine alla posizione che più volte Ministero del Lavoro ed Ispettorato del Lavoro avevano assunto con la circolare n. 3/2017 dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro che faceva riferimento agli obblighi dei contratti collettivi dei quali si dava atto che il datore di lavoro doveva osservare. Evidente il riferimento ai contratti collettivi cristallizzati come leader.

Quali sono i fondi di solidarietà da considerare ai fini del rilascio del DURC?

La attuale realtà di alcuni fondi bilaterali è piena di incognite sotto il profilo della certezza soggettiva della natura sindacale degli organismi che vantano tale qualifica. Sull’argomento questo studio si è recentemente espresso con senso critico.

Occorre subito premettere che i fondi di solidarietà bilaterale non sono gli enti bilaterali e quindi per meglio comprendere quali possano essere i soggetti indicati dalla nuova disposizione normativa si deve entrare nel merito delle definizioni che scaturiscono dagli art.li 26, 27 e 40 del D.L.vo 148/2015.

Secondo l’art.lo 26 rientrano nella definizione di fondi di solidarietà bilaterale costituiti per i settori che non rientrano nell’ambito di applicazione del Titolo I del decreto 148/2015 con la finalità di assicurare ai lavoratori una tutela in costanza di rapporto di lavoro nei casi di riduzione o sospensione dell’attività lavorativa.

A partire dal 1 gennaio 2022 sono le organizzazioni sindacali e imprenditoriali comparativamente più rappresentative a livello nazionale che stipulano accordi e contratti collettivi, anche intersettoriali, aventi a oggetto la costituzione di fondi di solidarietà bilaterali per i datori di lavoro con la finalità di assicurare ai lavoratori una tutela in costanza di rapporto di lavoro nei casi di riduzione o sospensione dell’attività lavorativa per le causali ordinarie e straordinarie.

Sono compresi nella previsione normativa anche i fondi territoriali intersettoriali delle province autonome di Trento e di Bolzano e altri fondi di solidarietà.

Fondi di solidarietà alternativi

Secondo la legge sono compresi nella previsione normativa anche i fondi di solidarietà alternativi in riferimento ai settori dell’artigianato e della somministrazione di lavoro.

Si tratta di fondi nei quali, in considerazione dell’operare di consolidati sistemi di bilateralità e delle peculiari esigenze di tali settori, le organizzazioni sindacali e imprenditoriali comparativamente più rappresentative a livello nazionale hanno adeguato le fonti normative e istitutive dei rispettivi fondi bilaterali alle finalità di assicurare ai lavoratori una tutela in costanza di rapporto di lavoro nei casi di riduzione o sospensione dell’attività lavorativa.

Quanto sopra è estesa anche ai fondi interprofessionali di cui all’articolo 118 della legge n. 388 del 2000, o del fondo di cui all’articolo 12 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276,

Sono escluse le:

a) imprese industriali manifatturiere, di trasporti, estrattive, di installazione di impianti, produzione e distribuzione dell’energia, acqua e gas;

b) cooperative di produzione e lavoro che svolgano attività lavorative similari a quella degli operai delle imprese industriali, ad eccezione delle cooperative elencate dal DPR 602/1970;

c) imprese dell’industria boschiva, forestale e del tabacco;

d) cooperative agricole, zootecniche e loro consorzi che esercitano attività di trasformazione, manipolazione e commercializzazione di prodotti agricoli propri per i soli dipendenti con contratto di lavoro a tempo indeterminato;

e) imprese addette al noleggio e alla distribuzione dei film e di sviluppo e stampa di pellicola cinematografica;

f) imprese industriali per la frangitura delle olive per conto terzi;

g) imprese produttrici di calcestruzzo preconfezionato;

h) imprese addette agli impianti elettrici e telefonici;

i) imprese addette all’armamento ferroviario;

l) imprese industriali degli enti pubblici, salvo il caso in cui il capitale sia interamente di proprietà pubblica;

m) imprese industriali e artigiane dell’edilizia e affini;

n) imprese industriali esercenti l’attività di escavazione e/o lavorazione di materiale lapideo;

o) imprese artigiane che svolgono attività di escavazione e di lavorazione di materiali lapidei, con esclusione di quelle che svolgono tale attività di lavorazione in laboratori con strutture e organizzazione distinte dalla attività di escavazione.

Chi potrà occuparsi della verifica della regolarità dei versamenti ai fondi di solidarietà bilaterali?

Sicuramente dovrà essere individuato soggetto qualificato che si occuperà della verifica della regolarità dei relativi versamenti.

A norma dell’art.lo 6 del D.M. 30 gennaio 2015 la verifica relativa alla regolarità contributiva è attivata dai  soggetti  in possesso di specifiche credenziali che possono ottenere risposta  tramite  un’unica interrogazione negli archivi  dell’INPS,  dell’INAIL  e  delle  Casse edili indicando  esclusivamente  il   codice fiscale del soggetto da verificare.

A norma del successivo articolo 7 Documento viene generato dal sistema in formato pdf che conserva validità di 120 giorni  dalla data effettuazione della verifica ed è liberamente consultabile   tramite   le   applicazioni   predisposte   dall’INPS, dall’INAIL e dalla Commissione  Nazionale  Paritetica  per  le  Casse Edili (CNCE) nei rispettivi siti internet.

Appare più che evidente che il soggetto più vocato a verificare la regolarità dei versamenti è l’INPS per analogia con le altre espresse previsioni di cui agli art.li 26, 27 e 40 del D.L.vo 148/2015.

Alcune riflessioni sulle fonti normative

Occorre prendere atto di una crescente invadenza dello stato nelle relazioni sindacali e soprattutto nell’ambito della c.d. libertà sindacale ed associativa.

Al riguardo le esperienze di FSBA sono state a dir poco scioccanti per quanto riguarda l’introduzione di una retroattività di versamento contributivo che si commenta da sola.

Di fatto FSBA aveva reso impossibile accedere alle integrazioni salariali di alcuni settori senza il pagamento di 36 mensilità arretrate.

Ritornando invece all’introduzione del nuovo articolo 40 bis del D.L.vo 148/2015 si deve osservare un aspetto di particolare interesse.

La modifica di un decreto legislativo mediante l’introduzione di una variante quale è l’articolo 40 bis è stata effettuata con l’articolo 1, comma 214, della legge n. 234/2021 (legge di bilancio 2022).

L’inserimento di una norma di legge (quale è il testo del predetto articolo 41 bis) in un ambito applicativo sviluppato in forza della legge 10 dicembre 2014 n.183 (in Gazz. Uff., 15 dicembre 2014, n. 290) che era stata delegata al Governo fa sorgere non pochi dubbi sulle effettive finalità perseguite dalle istituzioni.

La delega a suo tempo conferita dal parlamento in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, nonché’ in materia di riordino della disciplina dei rapporti di lavoro e dell’attività ispettiva e di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro si è trasformata in tutt’altro.

Lo scopo della legge di delega era stato quello di assicurare, in caso di disoccupazione involontaria, tutele uniformi e legate alla storia contributiva dei lavoratori, di razionalizzare la normativa in materia di integrazione salariale e di favorire il coinvolgimento attivo di quanti fossero stati espulsi dal mercato del lavoro.

A tale scopo era stato previsto un intervento finalizzato a semplificare le procedure amministrative e ridurre gli oneri non salariali del lavoro tenendo conto delle peculiarità dei diversi settori produttivi (Art.lo 1 della legge 183/2014).

I principi ai quali il governo doveva attenersi.

Nell’esercizio della delega il governo avrebbe dovuto, stante le precise indicazioni inserite nella legge che ha originato il provvedimento delegato, dare sfogo ad una semplificazione delle procedure burocratiche attraverso l’incentivazione di strumenti telematici e digitali, considerando anche la possibilità di introdurre meccanismi standardizzati a livello nazionale di concessione dei trattamenti prevedendo strumenti certi ed esigibili.

Tutto questo non risulta evidente.

Disattesa appare anche la previsione di una maggiore compartecipazione da parte delle imprese utilizzatrici  e la prevista riduzione degli oneri contributivi ordinari e rimodulazione degli stessi tra i settori in funzione dell’utilizzo effettivo.

Il coinvolgimento di soggetti bilaterali non costituisce “maggiore partecipazione delle imprese utilizzatrici” attese le modalità concrete con cui l’attuale sistema DURC si rapporta con il mondo dei fondi di solidarietà bilaterale con criterio monopolistico di un sistema selezionato con criteri certamente molto discutibili sotto il profilo della legittimità costituzionale.

Alla luce di un sempre più evidente utilizzo improprio dello strumento del durc si delinea la nuova frontiera della progressiva erosione di una delle più importanti libertà che i nostri costituenti credevano di averci regalato. Quella della libertà di adesione associativa, anche e soprattutto quella sindacale.

Le strumentalità del DURC

Le novità via via introdotte non lasciano dubbi sul fatto che si stiano creando le condizioni per favorire certi “enti” o “fondi”  bilaterali destinati ad occupare le statistiche di rilevamento ufficiale delle forze di adesione ai fini della qualificazione della maggiore rappresentatività comparativa.

Il DURC quindi si rivela ancora una volta la più attuale ed efficace leva di deformazione della rappresentatività sindacale.

Si pone quindi come strumento capace non solo di gestire flussi di denaro sempre più importanti e canalizzati dalle scelte governative, ma di deviare importanti flussi economici che sfuggono totalmente a qualsiasi controllo di destinazione delle risorse e di legittimità delle poltrone sulle quali si siederanno discutibili rappresentanti di categorie.

Tutto questo avviene attraverso la cristallizzazione di un filone di contrattazione collettiva sponsorizzata da un sistema che la promuove come esclusiva in quanto “comparativamente più rappresentativa”.

Questa manovrabilità deriva dal fatto che la necessità del DURC induce le imprese ad adeguarsi non per scelta associativa, ma quale unica modalità che consente  di ottenere con immediatezza e senza dover discutere con alcuno ottenendo quel minimo di certezza del diritto che altrimenti verrebbe affidata a valutazioni soggettive.

Conserva tutt’ora tutto il suo potere persuasivo l’art.lo 1 della legge 296/2006  il quale con il suo comma n. 1175 stabilisce che: –  “A decorrere dal 1° luglio 2007, i benefici normativi e contributivi previsti dalla normativa in materia di lavoro e legislazione sociale sono subordinati al possesso, da parte dei datori di lavoro, del documento unico di regolarità contributiva, fermi restando gli altri obblighi di legge ed il rispetto degli accordi e contratti collettivi nazionali nonché di quelli regionali, territoriali o aziendali, laddove sottoscritti, stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.” .

E’ di tutta evidenza che sta sfuggendo di mano il concetto di libertà di applicazione della contrattazione collettiva prescelta su basi adesive con il solo limite del rispetto della sola soglia di demarcazione economicamente apprezzabile  che la contrattazione collettiva definita “leader” consente di individuare.

Quello che invece sta avvenendo è una sorta di avulsione coattiva delle adesioni da alcuni istituti di libero finanziamento ad altri coattivamente imposti con l’utilizzo discriminante del DURC.

Le cause di cristallizzazione della maggiore rappresentatività

Solo per convenienza economica e di libertà dagli eccessi di burocratizzazione che ne derivano, le parti sociali (che dovrebbero essere libere di applicare qualunque ccnl che si ponga al di sopra di una apprezzabile soglia economica comparativamente e complessivamente non inferiore alle condizioni previste dai c.d. ccnl leader), pertanto si stanno piegando alla contrattazione cristallizzata dal sistema del durc accettandone ogni imposizione, anche economica.

Di riflesso ne deriva una aberrazione che oltre che sul piano giuridico si riversa anche sul piano statistico-associativo generando il crescente fenomeno della monopolizzazione sindacale.

Essendo ogni criterio impositivo non basato su dati economici di soglie minime dotate obiettività oggettiva, ma soggettiva, la conseguenza che ne deriva è una limitazione alla libertà associativa ed un limite alla fiducia associativa. Infatti, anche da un punto di vista civilistico, quale diritto potrà avere l’obbligato al pagamento di un fondo di verificare i conti, i bilanci, il rispetto degli oneri di destinazione dei fondi e quanto altro normalmente legittima il libero cittadino.

Oggi, guardando a ritroso quel che avvenne al tempo di fsba, si comprendono meglio le dinamiche di un preciso disegno volto, attraverso il DURC (efficacissima indiretta leva di legittimazione giuridica), a deviare enormi masse economiche a favore di rappresentanze sindacali.

Art.lo 39 della costituzione – un conto è l’inosservanza, un conto la violazione –

Da oltre mezzo secolo ci spiegano che l’articolo 39 della costituzione di fatto non viene applicato per tutta una serie di ragioni che possono o meno essere condivise a seconda della faziosità degli interpreti.

Il senso del testo citato che si esprime con le parole “L’organizzazione sindacale è libera. Ai sindacati non può essere imposto altro obbligo se non la loro registrazione presso uffici locali o centrali, secondo le norme di legge. E` condizione per la registrazione che gli statuti dei sindacati sanciscano un ordinamento interno a base democratica. I sindacati registrati hanno personalità giuridica. Possono, rappresentati unitariamente in proporzione dei loro iscritti, stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce.” è comunque chiaro e non lascia dubbi sulla sua portata.

Quello che tuttavia sta avvenendo con il silenzio di grande masse di giuristi ed operatori del mondo economico non è più riconducibile alla disapplicazione dell’articolo 39 della costituzione, ma la violazione dei suoi principi fondamentali.

Quello che viene colpito con questo trend normativo è la libertà dell’organizzazione sindacale a favore di soggetti che non garantiscono l’osservanza di un ordinamento a base democratica.

Ulteriore violazione della costituzione è da rinvenire in ordine alla inosservanza delle regole di computo della rappresentatività. Il sistema normativo che si sta profilando è con tutta la disinvoltura dei canali che lo accredita, una ulteriore critica sull’ultima parte del citato articolo 39 in termini di rappresentatività violata.

Ci si deve chiedere, infatti, che cosa significa quel rappresentati unitariamente in proporzione dei propri iscritti quando l’intreccio formato dalle norme della contrattazione collettiva e quelle sul DURC consente l’iscrizione ad un ente o ad un fondo soltanto se l’aderente si impegna ad osservare il ccnl che ne legittima l’esistenza e non quello prescelto su base di adesione volontaria.

Va da se che una volta osservato un ccnl ed assoggettati lavoratori e imprese a precisi regimi giuridici e contabili anche il computo della rappresentatività rimane alterato.

la linea di demarcazione tra azienda in regola ed azienda non in regola dovrebbe non infrangersi nei limiti dell’art.lo 39 della costituzione, ma esserne valorizzata attraverso la corretta individuazione di valori oggettivamente e democraticamente comparabili. Valori, insomma, che si pongano nell’ambito di un complessivo trattamento economico-normativo con meccanismi di trasparente certezza e stabilità amministrativa in linea con le esigenza di favorire libertà e lavoro in conformità a tutti gli altri principi costituzionali.

Riflessioni giuridiche sulla natura delle c.d. organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative

Alla luce della progressiva erosione dei diritti fondamentali delineati dalla Costituzione è doveroso non solo comprendere quali siano gli strumenti capaci di riportare il sistema sindacale nell’alveo delle previsioni costituzionali, ma altresì cominciare a chiedersi, sotto il profilo squisitamente giuridico, che cosa possa differenziare l’attuale sistema – che impone sempre più prepotentemente le attuali organizzazioni ritenute  per legge o per prassi amministrativa maggiormente rappresentative (per casse edili e FSBA bilanci ed oneri di destinazione dei contributi imposti alle aziende come vere e proprie “tasse” di denaro e di formalità sfuggono da ogni possibilità di verifica pubblica e dei contribuenti) –  dalle disciolte corporazioni che gestivano, tutelate dalle leggi dell’epoca, tutta la contrattazione collettiva nel corso della prima metà del secolo scorso.

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About Avv. Vito Tirrito

Avvocato del lavoro. Tutela negli accertamenti INL-INPS-INAIL e nelle cause di lavoro.