Per contestare una pretesa contributiva derivante da inosservanza delle regole occorre dimostrare uno stretto rapporto di presupposizione capace di generare una sufficiente fondatezza di ragioni che possano determinare l’invalidità del verbale.
in sintesi, non è semplice.
Le più frequenti ragioni di opposizione
Le più frequenti doglianze formulate nei confronti del verbale ispettivo riferite alla violazione:
- del diritto al contraddittorio ex art. 7 e 12 L. 212/2000 come ricordato dal D.L. 70/2011;
- dell’art. 13 D. Lgs. 124/2004);
Esse tuttavia, per quanto talvolta fondate e rilevanti ai fini del risultato dell’accertamento, non trovano facile rilevanza in un ordinario giudizio di opposizione ad avviso di addebito o verbale ispettivo degli enti di previdenza.
Come la pensano le Corti giudicanti?
Secondo la Suprema Corte, infatti, restano irrilevanti:
“eventuali vizi della procedura verificatisi anteriormente alla notifica della cartella, considerato che questa Corte ha ribadito in plurimi arresti che la controversia in opposizione a cartella esattoriale avente ad oggetto crediti degli enti previdenziali non si risolve nella mera verifica della regolarità del titolo, ma comporta la valutazione di merito nel rapporto debito-credito fra datore di lavoro ed ente previdenziale e senza che occorra alcuna domanda riconvenzionale dell’Istituto.
E’ stato infatti affermato (v. Cass. n. 26395 del 26/11/2013, n. 16675 del 06/07/2017, n. 12025 del 07/05/2019) che
- in tema di riscossione di contributi e premi assicurativi, il giudice dell’opposizione alla cartella esattoriale che ritenga illegittima l’iscrizione a ruolo non può limitarsi a dichiarare tale illegittimità, ma deve esaminare nel merito la fondatezza della domanda di pagamento dell’istituto previdenziale, valendo gli stessi principi che governano l’opposizione a decreto ingiuntivo, con la conseguenza che gli eventuali vizi formali della cartella esattoriale opposta comportano soltanto l’impossibilità, per l’Istituto, di avvalersi del titolo esecutivo, ma non lo fanno decadere dal diritto di chiedere l’accertamento in sede giudiziaria dell’esistenza e dell’ammontare del proprio credito.
Dopo l’iscrizione a ruolo neppure potrebbero incidere sulla procedura di riscossione vizi propri dell’accertamento ispettivo, considerato che nel procedimento di riscossione a mezzo ruolo dei contributi previdenziali, come regolato dall’art. 24 e ss. del d.lgs. n. 46 del 1999, in difetto di espresse previsioni normative che condizionino la validità della riscossione ad atti prodromici, a differenza di quanto avviene in materia di applicazione di sanzioni amministrative in forza di quanto previsto, segnatamente, dall’art. 14 della l. n. 689 del 1981, la notifica al debitore di un avviso di accertamento non costituisce atto presupposto necessario del procedimento, la cui omissione invalidi il successivo atto di riscossione, ben potendo l’iscrizione a ruolo avvenire pur in assenza di un atto di accertamento da parte dell’istituto (Cass. n. 4225 del 21/02/2018, Cass. n. 3269 del 10/02/2009) o, si aggiunge, pur in presenza di un accertamento comunque viziato (seppur dovendosi valutare il valore del relativo verbale a fini di prova).
Molti Tribunali si sono già espressi in ordine a possibili dubbi di legittimità costituzionale per asserito contrasto con l’art. 24 Cost. della ricostruzione del sistema di impugnazione del ruolo esattoriale in materia di crediti previdenziali nei sensi appena precisati, poiché il diritto di difesa del debitore è previsto e tutelato dalle norme di legge in esame, mentre rientra nelle facoltà discrezionali del legislatore la previsione dei termini di esercizio del diritto di impugnazione (v. Cass. n. 14692 del 2007, Cass. n. 9174 del 2010).
La stessa Corte Costituzionale, con ordinanza n. 111 del 2007 ha ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 46 del 1999 cit., art. 24, proposta con riferimento all’art. 111 Cost. là dove attribuisce agli enti previdenziali il potere di riscuotere i propri crediti attraverso un titolo (il ruolo esattoriale, da cui scaturisce la cartella di pagamento) che si forma prima e al di fuori del giudizio e in forza del quale l’ente può conseguire il soddisfacimento della pretesa a prescindere da una verifica in sede giurisdizionale della sua fondatezza, osservando, da un lato, che non è irragionevole la scelta del legislatore di consentire ad un creditore, attesa la sua natura pubblicistica e l’affidabilità derivante dal procedimento che ne governa l’attività, di formare unilateralmente un titolo esecutivo, e, dall’altro lato, che è rispettosa del diritto di difesa e dei principi del giusto processo la possibilità, concessa al preteso debitore, di promuovere, entro un termine perentorio ma adeguato, un giudizio ordinario di cognizione nel quale far efficacemente valere le proprie ragioni, sia grazie alla possibilità di ottenere la sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo e/o dell’esecuzione, sia grazie alla ripartizione dell’onere della prova in base alla posizione sostanziale (e non già formale) assunta dalle parti nel giudizio di opposizione.
La notifica della cartella esattoriale per contributi previdenziali e premi determina la sopravvenuta carenza di interesse ad agire nel giudizio di impugnazione dell’accertamento ispettivo che sia stato promosso dopo l’iscrizione a ruolo e con il quale si impugni la fondatezza della medesima pretesa impositiva, considerato che nessun risultato utile il ricorrente potrebbe conseguire in virtù di detta autonoma azione di accertamento negativo e posto che l’interesse ad agire deve sussistere non solo nel momento in cui è proposta l’azione, ma anche al momento della decisione (Cass. n. 10553 del 2017; Cass. n. 21951 del 2013)” (Cass. 6753/2020).
Questi principi si applicano anche all’avviso di addebito che, ai sensi dell’art. 30 DL n. 78/2010, ha sostituito – per i crediti INPS – il precedente sistema di riscossione a mezzo ruolo (co. 4 della citata norma, tutti i riferimenti contenuti in norme previgenti al ruolo, alle somme iscritte a ruolo e alla cartella di pagamento devono intendersi ora effettuati, ai fini del recupero delle somme dovute a qualunque titolo all’INPS, all’avviso di addebito).
Ma allora in caso di violazione delle regole cosa si può fare?
Rivolgersi al Garante del contribuente, per quanto teoricamente possibile, non porta ad alcun risultato essendo la normativa di collegamento tra attività degli enti di previdenza ed articolo 13 dello statuto del contribuente priva di sostanza funzionale.
Occorre invece esaminare gli eventi in modo da poter trovare una strategia che, già in corso di accertamento ispettivo, possa fornire successivo supporto per azioni che abbiano un senso sotto il profilo della difesa del contribuente. Un tentativo di ricorso amministrativo può essere fatto, ma occorre sempre scavare a fondo della questione e trovare una soluzione concretamente applicabile.
Del resto se una norma di legge viene violata e secondo la tendenza sopra illustrata la sua rilevanza rimane bloccata da principi che si sono consolidati, occorre trovare altri modi per far pesare a valere le ragioni di una violazione dei diritti.
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