E’ possibile ricevere l’incentivo NASPI per coadiuvare un congiunto?


Ci è stato chiesto se, nel caso in cui due coniugi si trovino contemporaneamente ad essere licenziati con accesso in Naspi, gli stessi possono fruire entrambi dell’incentivo all’autoimprenditorialità – quindi aprire in proprio l’attività intestata ad uno solo dei due con la partecipazione dell’altro coniuge a solo titolo di collaborazione familiare ex art.lo 230 bis c.c. – .

Incentivo all’autoimprenditorialità del lavoratore in partita IVA NASPI e limiti normativi

Cosa prevede la normativa riguardo all’incentivo all’autoimprenditorialita’?

NASPI ANTICIPATA – La normativa che prevede a favore del lavoratore in trattamento NASPI tende a favorire la nascita di nuove imprese attraverso uno strumento di incentivazione costituito dalla liquidazione immediata di quanto ancora dovrebbe percepire. Lo strumento è particolarmente interessante per tutti quei lavoratori che, stanchi di lavorare alle dipendenze altrui, ritengono di avere le capacità di aprire una attività in proprio.

In base agli articoli 8 e seguenti del D.L.vo 4 marzo 2015 n. 22 il lavoratore avente diritto alla corresponsione della NASpI puo’ richiedere la liquidazione anticipata, in unica soluzione, dell’importo complessivo del trattamento che gli spetta e che non gli e’ stato ancora erogato, a titolo di incentivo all’avvio di un’attivita’ lavorativa autonoma o di impresa individuale o per la sottoscrizione di una quota di capitale sociale di una cooperativa nella quale il rapporto mutualistico ha ad oggetto la prestazione di attivita’ lavorative da parte del socio.

L’erogazione anticipata in un’unica soluzione della NASpI non da’ diritto alla contribuzione figurativa, ne’ all’Assegno per il nucleo familiare.

Il lavoratore che intende avvalersi della liquidazione in un’unica soluzione della NASpI deve presentare all’INPS, a pena di decadenza, domanda di anticipazione in via telematica entro trenta giorni dalla data di inizio dell’attivita’ lavorativa autonoma o di impresa individuale o dalla data di sottoscrizione di una quota di capitale sociale della cooperativa.

La persona che lavora e instaura un rapporto di lavoro subordinato prima della scadenza del periodo per cui e’ riconosciuta la liquidazione anticipata della NASpI e’ tenuto a restituire per intero l’anticipazione ottenuta, salvo il caso in cui il rapporto di lavoro subordinato sia instaurato con la cooperativa della quale il lavoratore ha sottoscritto una quota di capitale sociale.

Il lavoratore che durante il periodo in cui percepisce la NASpI instauri un rapporto di lavoro subordinato il cui reddito annuale sia superiore al reddito minimo escluso da imposizione fiscale decade dalla prestazione, salvo il caso in cui la durata del rapporto di lavoro non sia superiore a sei mesi. In tale caso la prestazione e’ sospesa d’ufficio per la durata del rapporto di lavoro.

Durante il periodo in cui percepisce la NASpI, il lavoratore che instauri un rapporto di lavoro subordinato il cui reddito annuale sia inferiore al reddito minimo escluso da imposizione conserva il diritto alla prestazione, ridotta nei termini di legge, a condizione che comunichi all’INPS entro trenta giorni dall’inizio dell’attivita’ il reddito annuo previsto e che il datore di lavoro o, qualora il lavoratore sia impiegato con contratto di somministrazione, l’utilizzatore, siano diversi dal datore di lavoro o dall’utilizzatore per i quali il lavoratore prestava la sua attivita’ quando e’ cessato il rapporto di lavoro che ha determinato il diritto alla NASpI e non presentino rispetto ad essi rapporti di collegamento o di controllo ovvero assetti proprietari sostanzialmente coincidenti.

Il lavoratore titolare di due o piu’ rapporti di lavoro subordinato a tempo parziale che cessi da uno dei detti rapporti a seguito di licenziamento, dimissioni per giusta causa, o di risoluzione consensuale intervenuta nell’ambito della procedura di cui all’art.lo 7 della legge 604/66  e il cui reddito corrisponda a un’imposta lorda pari o inferiore alle detrazioni spettanti ai sensi dell’articolo 13 del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, ha diritto, ricorrendo tutti gli altri requisiti, di percepire la NASpI, ridotta nei termini di cui all’art.lo 10 del D.L.vo 22/2015, a condizione che comunichi all’INPS entro trenta giorni dalla domanda di prestazione il reddito annuo previsto.

La contribuzione relativa all’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidita’, la vecchiaia e i superstiti versata in relazione all’attivita’ di lavoro subordinato non da’ luogo ad accrediti contributivi ed e’ riversata integralmente alla Gestione prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti, di cui all’art.lo 24 L 88/89.

Compatibilita’ con lo svolgimento di attivita’ lavorativa in forma autonoma o di impresa individuale

NASPI E PARTITA IVA – l lavoratore che durante il periodo in cui percepisce la NASpI intraprenda un’attivita’ lavorativa autonoma o di impresa individuale, dalla quale ricava un reddito che corrisponde a un’imposta lorda pari o inferiore alle detrazioni spettanti ai sensi dell’articolo 13 del testo unico delle imposte sui redditi di cui al DPR 917/86 , deve informare l’INPS entro un mese dall’inizio dell’attivita’, dichiarando il reddito annuo che prevede di trarne.

NASPI E LAVORO AUTONOMO – La NASpI e’ ridotta di un importo pari all’80 per cento del reddito previsto, rapportato al periodo di tempo intercorrente tra la data di inizio dell’attivita’ e la data in cui termina il periodo di godimento dell’indennita’ o, se antecedente, la fine dell’anno.

La riduzione di cui al periodo precedente e’ ricalcolata d’ufficio al momento della presentazione della dichiarazione dei redditi. Il lavoratore esentato dall’obbligo di presentazione della dichiarazione dei redditi e’ tenuto a presentare all’INPS un’apposita autodichiarazione concernente il reddito ricavato dall’attivita’ lavorativa autonoma o di impresa individuale entro il 31 marzo dell’anno successivo. Nel caso di mancata presentazione dell’autodichiarazione il lavoratore e’ tenuto a restituire la NASpI percepita dalla data di inizio dell’attivita’ lavorativa autonoma o di impresa individuale.

La contribuzione relativa all’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidita’, la vecchiaia e i superstiti versata in relazione all’attivita’ lavorativa autonoma o di impresa individuale non da’ luogo ad accrediti contributivi ed e’ riversata integralmente alla Gestione prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti, di cui all’art.lo 24 L 88/89.

Decadenza

Ferme restando le misure conseguenti all’inottemperanza agli obblighi di partecipazione alle azioni di politica attiva p3, il lavoratore decade dalla fruizione della NASpI nei seguenti casi:

a) perdita dello stato di disoccupazione;

b) inizio di un’attivita’ lavorativa subordinata senza provvedere alle comunicazioni del D.L.vo 22/15;

c) inizio di un’attivita’ lavorativa in forma autonoma o di impresa individuale senza provvedere alla comunicazione prescritta;

d) raggiungimento dei requisiti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato;

e) acquisizione del diritto all’assegno ordinario di invalidita’, salvo il diritto del lavoratore di optare per la NASpI.

Il coniuge che chiede l’anticipazione della NASPI per coadiuvare un congiunto può o non può fruire dell’incentivo?

La normativa non affronta il caso specifico del collaboratore familiare che, tuttavia, può assumere un certo rilievo in un contesto nel quale in famiglia esiste già una impresa o venga aperta contestualmente da un congiunto.

Certamente la soluzione specificata dalla previsione normativa risolve con immediatezza il problema, tuttavia occorre capire non solo la logica normativa, ma anche e soprattutto la portata del termine “collaboratore”.

E’ difficile escludere la possibilità di considerare lavoratore autonomo il collaboratore familiare in quanto lo stesso, in un ambito relativo all’impresa commerciale od artigianale per esempio, da un punto di vista previdenziale ha una sua posizione assicurativa a titolo derivato, ma è e rimante comunque un collaboratore considerato lavoratore autonomo a tutti gli effetti.

Non si comprende quindi il motivo per il quale si dovrebbe escludere che lo stesso possa beneficiare dell’incentivo pur nei limiti di cui tratta la legge.

Una certa indicazione perviene, pur entro certi limiti, dal punto 4 della circolare INPS  nella parte in cui trattando delle società di persone afferma che “Per i soci e i familiari e per i soci accomandatari che svolgono la loro attività con carattere di abitualità e prevalenza e sono iscritti alla Gestione previdenziale degli Artigiani o dei Commercianti, a fronte della produzione di un reddito da lavoro in forma autonoma o di impresa, trova applicazione la disciplina di cui all’art.10 del D.lgs. n.22 del 2015 sulla riduzione dell’importo della prestazione di disoccupazione percepita nell’ipotesi di contestuale svolgimento di attività lavorativa in forma autonoma o di impresa individuale.  

Le medesime disposizioni si applicano anche ai soci accomandanti che svolgono in qualità di coadiutore la loro attività e sono iscritti alla Gestione previdenziale degli Artigiani o dei Commercianti.  

Il limite di reddito entro il quale è da ritenersi consentita l’attività in questione è pari a € 4.800.  

Il beneficiario della prestazione deve, a pena di decadenza,  informare l’INPS entro un mese dall’inizio dell’attività cui si riferiscono i compensi, o dalla presentazione della domanda di NASpI se la suddetta attività era preesistente, dichiarando il reddito annuo che prevede di trarne anche ove sia pari a zero.”

E’ evidente che, con tutte le riserve del caso, non si può non considerare la figura del collaboratore familiare alla stregua del lavoratore autonomo che non merita di essere esclusa da quella scarna definizione che la legge indica come “incentivo all’avvio di un’attivita’ lavorativa autonoma o di impresa individuale o per la sottoscrizione di una quota di capitale sociale di una cooperativa nella quale il rapporto mutualistico ha ad oggetto la prestazione di attivita’ lavorative da parte del socio”.

Quindi il problema si pone nel senso che si possa o meno considerare l’inizio di collaborazione familiare in una impresa nascente o già esistente come “attività lavorativa autonoma”.

Su questa definizione e sulla figura del titolare del rapporto assicurativo con l’INPS si gioca tutta la partita.

Occorre in ogni caso ricordare che seppure la contribuzione del collaboratore familiare sia posta e addebitata, ai fini previdenziali, al titolare aziendale o L.R. od altra figura che si voglia considerare, la vigente normativa prevede che i relativi rapporti economici siano regolati tra le parti attraverso la maturazione del diritto al rimborso a favore del titolare che ha anticipato le somme.

Questo ultimo aspetto è certamente quello più rilevante a favore di chi, pur nella veste di semplice collaboratore familiare, intenda far valere il suo diritto a vedersi riconosciuta la posizione di “nuova attività lavorativa autonoma” capace di suscitare un interesse al riconoscimento dell’incentivo di legge.

Nell’attuale sistema normativo e processuale l’onere di provare il diritto alle prestazioni incombe sul richiedente l’applicazione di una specifica norma e quindi chi intende far valere le sue ragioni, in caso di diniego di erogazione da parte INPS, dovrà attivarsi e portare l’istituto davanti al giudice competente fornendo la prova del proprio diritto.

La legge di delega aveva previsto la eliminazione dello stato di disoccupazione come requisito per l’accesso a servizi di carattere assistenziale  attraverso l’attivazione del soggetto beneficiario degli ammortizzatori sociali … con meccanismi e interventi che incentivino la ricerca attiva di una nuova occupazione.

Il tutto prevedendo che il Governo avrebbe dovuto attenersi, tra l’altro, ai seguenti principi di razionalizzazione degli incentivi all’assunzione esistenti, da collegare alle caratteristiche osservabili per le quali l’analisi statistica evidenzi una minore probabilita’ di trovare occupazione, e di  razionalizzazione degli incentivi per l’autoimpiego e l’autoimprenditorialita’, anche nella forma dell’acquisizione delle imprese in crisi da parte dei dipendenti, con la previsione di una cornice giuridica nazionale volta a costituire il punto di riferimento anche per gli interventi posti in essere da regioni e province autonome (Art.lo 1 Legge 183/2014).

L’intervento del Governo non è stato chiarissimo nella parte relativa ai requisiti soggetti e quindi la questione soggettiva di chi possa o meno fruire rimane legata alla definizione di cosa si possa intendere per attività lavorativa autonoma la cui essenza giuridica ai fini della fruizione dell’incentivo, nel caso del collaboratore familiare che non è lavoratore subordinato, è ancora tutta da verificare.