DURC di congruità, costi e ruolo delle Casse Edili


Il Durc di congruità è in applicazione a partire dal 1 novembre 2021, ma sulla sua legittimità sono necessarie alcune riflessioni che certamente faranno molto risentire le imprese, ma poco discutere. Vi spiego perché.

E’ evidente che lo strumento del DURC, così come strutturato e così privo di incisivi ed esemplari strumenti di punizione degli abusi da parte di enti preposti al suo rilascio, ammutolisce i diritti di lavoratori ed imprese.

Mentre INPS ed INAIL sono enti pubblici, le casse edili sono associazioni private ed in quanto tali sono soggetti che nessuno controlla e che si prestano ad ogni variabile comportamentale.

Certamente in Italia vige un regime di monopolio di certe associazioni sindacali rispetto ad altre ed il sistema del DURC non consente alcuna rilevazione mobile della rappresentatività.

Su queste basi va da se che le imprese, anche di fronte alla più grossolana ingiustizia, nella consapevolezza del fatto che senza durc non si lavora, preferiscono pagare piuttosto che far valere i propri diritti.

In passato ci siamo già occupati della natura e della funzione delle casse edili così come sono nate e cresciute in Italia a partire dagli anni ’50 del secolo scorso.

E’ certamente apprezzabile il fatto che al controllo degli enti pubblici si possa affiancare anche il ruolo delle organizzazioni sindacali, ma questo deve essere fatto creando un sistema trasparente capace di rendere uniformi i trattamenti economici delle maestranze è in grado di evitare che alla base della diversità dei costi di produzione, si possano annidare riduzione dei diritti dei lavoratori.

Se da un lato l’intento di disciplinare la materia risulta positivo, dall’altro non si può ignorare la sussistenza di un diverso problema legato alla cristallizzazione convogliata della effettiva rappresentatività.

Questo è certamente dovuto alla circostanza che il DRUC ha costituito e costituisce un potentissimo strumento che non solo è in grado di deviare grandemente enormi flussi di denaro, ma soprattutto realizza un sistema capace di generare enormi condizionamenti e discriminazioni tra le imprese.

Cercheremo in questo nostro momento di riflessione, di capire se tra la delega normativa e la prassi realizzata dalle norme secondarie, vi siano discrepanze.

La questione non è di scarso rilievo atteso che il flusso economico che viene consentito di gestire alla casse edili da parte dello stato è enorme, che questo avviene senza alcun controllo e soprattutto che se lo stato dovesse, in qualunque modo, convogliare direttamente od indirettamente adesioni od iscrizioni alla cassa di una associazione  piuttosto che all’altra associazione cui il datore di lavoro aderisce od intende aderire, si porrebbe un serio problema di interpretazione del flusso di denaro.

Si porrebbe cioè un problema di finanziamento pubblico ad organizzazioni sindacali la cui rappresentatività è stata preventivamente cristallizzata  su determinate sigle che non avranno mai concorrenti.

La normativa aveva previsto il DURC di congruità solo per gli appalti pubblici

Certamente lodevole l’intento rappresentato nell’articolo 30 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, recante «Principi per l’aggiudicazione e l’esecuzione di appalti e concessioni» che, al comma 4, prevede espressamente che “Al personale impiegato nei lavori, servizi e forniture oggetto di appalti pubblici e concessioni è applicato il contratto collettivo nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e quelli il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l’attività oggetto dell’appalto o della concessione svolta dall’impresa anche in maniera prevalente.”.

l’articolo 8 del decretolegge 16 luglio 2020, n. 76, recante «Misure urgenti per la semplificazione e
l’innovazione digitale» (Decreto semplificazioni), convertito, con modificazioni, dalla legge 11 settembre
2020, n. 120
ha come oggetto “altre disposizioni urgenti in materia di appalti pubblici“.

Nell’ambito del comma 10 del citato articolo 8 si rileva che “per la selezione del contraente o per la stipulazione del contratto relativamente a lavori, servizi o forniture previsti o in qualunque modo disciplinati dal presente decreto, è richiesto di produrre documenti unici di regolarità contributiva di cui al decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali 30 gennaio 2015, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 125 del 1° giugno 2015, ovvero di indicare, dichiarare o autocertificare la regolarità  contributiva ovvero il possesso dei predetti documenti unici”.

Solo con il successivo comma 10-bis viene espressamente previsto che “al Documento unico di regolarità contributiva è aggiunto quello relativo alla congruità  dell’incidenza della manodopera relativa allo specifico intervento, secondo le modalità indicate con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto”.

La previsione di delega alle casse edili solo limitatamente ai subappalti

E’ con l’articolo 105, comma 16, del predetto decreto legislativo n. 50 del 2016,  che si è espressamente previsto che in caso di subappalti, la congruità della incidenza della mano d’opera relativa allo specifico contratto affidato “è verificata dalla Cassa edile in base all’accordo assunto a livello nazionale tra le parti sociali firmatarie del contratto collettivo nazionale comparativamente più rappresentative per l’ambito del settore edile ed il Ministero del lavoro e delle politiche sociali.”;

Le incongruenze del decreto ministeriale sul DURC di Congruità

Il disegno del legislatore al governo è chiarissimo nel senso che il DURC di congruità è previsto per gli appalti pubblici controllati dalle pubbliche amministrazioni nelle procedure di appalto e, invece, per quanto riguarda soltanto i subappalti un successivo controllo è affidato alle Casse Edili.

La pubblica amministrazione verifica le condizioni di aggiudicazione e le associazioni private i successivi passaggi in subappalto.

Il documento che è stato pubblicato, invece, ha di fatto conferito alle associazioni private che nessuno controlla il diritto di apertura o chiusura del cantiere, il monopolio sul diritto al lavoro.

il Durc di congruità in mano alle casse edili

Il nuovo decreto ministeriale che disciplina il Durc di Congruità incorre in un errore laddove stabilendo l’ambito di applicazione della procedura all’articolo 2 applica non tanto la normativa (è normale che un provvedimento come il decreto ministeriale trovi la sua fonte nella legge) che ne ha delegato la disciplina, quanto una regola dettata da una contrattazione collettiva che è certamente frutto di un perseverante ed ultradecennale  monopolio applicativo da parte di alcune associazioni.

L’eccesso di delega diventa evidente laddove all’ambito delegato dei soli lavori pubblici viene estesa l’applicazione del DURC di congruità anche ai lavori privati, ai lavori privati svolti da lavoratori autonomi ed al rinvio diretto alla contrattazione collettiva senza porsi alcuna domanda circa le modalità con cui, nel settore edile, sia precluso alle associazioni sindacali minori, di operare liberamente o di applicare liberamente contratti collettivi di maggior favore per imprese e lavoratori.

Per un più puntuale riscontro può essere utile confrontare i testi normativi sopra riportati con il testo dei primi commi dell’articolo 2 del decreto ministeriale.

“1. La verifica della congruità di cui all’articolo 1 si riferisce all’incidenza della manodopera relativa allo specifico intervento realizzato nel settore edile, sia nell’ambito dei lavori pubblici che di quelli privati eseguiti da parte di imprese affidatarie, in appalto o subappalto, ovvero da lavoratori autonomi coinvolti a qualsiasi titolo nella loro esecuzione.”

Anche per quanto riguarda la definizione di settore edile lo stato fa un passo indietro e lascia spazio alle casse edili che potranno decidere se una lavorazione rientra o meno nel settore edile con un evidente rinvio alla definizione che ne da la “contrattazione collettiva resa nobile” laddove viene precisato che …..rientrano nel settore edile tutte le attività, comprese quelle affini, direttamente e funzionalmente connesse allattività resa dall’impresa affidataria dei lavori, per le quali trova applicazione la contrattazione collettiva edile, nazionale e territoriale, stipulata dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.”

Una breve analisi sulla natura dei soggetti delegati a vigilare

Per quanto riguarda la natura e le peculiarità delle casse edili non occorre aggiungere nulla a quanto già trattato da questo studio in altre occasioni, tuttavia occorre fare insieme un percorso storico degli ultimi decenni per capire come è cambiato il mondo dell’edilizia e come questo settore sia via via stato schiacciato e dominato dalle tre sigle sindacali senza che alcuna altra associazione possa più accedere a quella stanza dei bottoni.

Il DURC in edilizia è di fondamentale importanza perché la sua carenza è capace di mettere una azienda in una posizione di estrema difficoltà.

Come si è evoluto il sistema produttivo edile nel corso degli ultimi decenni?

Gli interventi edili nei cantieri di una certa dimensione, una volta, erano normalmente realizzati da imprese che avevano nel loro organico operai in grado di effettuare lavori che andavano dallo scavo delle fondamenta, all’allestimento e getto vibrato del cemento armato, al muratore, al piastrellista, all’intonachino per poi finire l’immobile con il falegname, l’idraulico, l’elettricista ed anche in giardiniere. L’impresa del passato aveva la capacità di contenere al suo interno una serie di professionalità che era in grado di costruire chiavi in mano qualunque immobile o struttura.

Con l’avvento del progresso tecnologico le varie attività prima svolte in modo professionale dalla media impresa sono state via via normate specialisticamente oppure organizzate in modo settoriale andando a frammentare l’intero settore produttivo.

Ciò è derivato da vari fattori tra cui una contrattazione collettiva poco permissiva – nel senso che chi era stato assunto come carpentiere non era disposto a svolgere attività di piastrellista e chi era stato assunto come muratore non era disposto, anche se ne era capace, a realizzare l’impianto elettrico -.

Di tale contesto si trovano tracce significative nelle ulteriori restrizioni contenute anche nel testo dell’art.lo 2103 che in qualche modo ha sempre ingessato la fluidità della produzione aziendale (vedasi la parte in cui si legge tra l’altro che “il mutamento di mansioni è accompagnato, ove necessario, dall’assolvimento dell’obbligo formativo, il cui mancato adempimento non determina comunque la nullità dell’atto di assegnazione delle nuove mansioni” e che “ulteriori ipotesi di assegnazione di mansioni appartenenti al livello di inquadramento inferiore, purché rientranti nella medesima categoria legale, possono essere previste dai contratti collettivi”).

L’elevata versatilità delle varie professionalità degli operai edili ha via via dovuto cedere il posto alle specializzazioni produttive, alle specializzazioni certificate e soprattutto alle specializzazioni normativamente riservate a particolari categorie come ad esempio la legge 49/90 (norme per la sicurezza degli impianti, la previsione di soggetti abilitati e dell’obbligo di iscrizione di tali soggetti negli elenchi di cui al R.D. 2011/1934 o nell’albo delle imprese artigiane di cui alla legge 443/85, la previsione del possesso di specifici requisiti tecnico professionali, le competenze delegate alle commissioni provinciali per l’artigianato e la previsione di una procedura di riconoscimento formale, la successiva legge 37/08, le tecnologie sempre più spinte verso i massimi livelli di tecnologie, necessità di formazione e professionalità hanno fatto il resto.

Oggi la produzione del settore edile è fortemente frammentato per la necessità di assicurare, nell’ambito di una sia pure elevata produttività, soprattutto una adeguata progressione dei cantieri nel pieno e consapevole rispetto della qualità e soprattutto della sicurezza del lavoro.

Cosa è cambiato a livello di interventi normativi?

Di tale mutamento di tendenza ci si era resi conto anche in sede comunitaria dove, tra le altre iniziative, era stata fortemente voluta la direttiva 92/57/CEE avente ad oggetto le prescrizioni minime di sicurezza e di salute da attuare nei cantieri temporanei e mobili.

Il decreto 494/96, attuativo dei suoi contenuti che tenevano conto della frammentazione sempre più spinta del settore produttivo, aveva previsto varie figure di affiancamento della pluralità di imprese e tra queste soprattutto quella di un coordinatore per la progettazione della sicurezza e di secondo soggetto per il coordinamento dell’esecuzione dei lavori.

Tra i compiti del coordinatore per l’esecuzione dei lavori era stabilito che durante la realizzazione dell’opera, in riferimento al predetto decreto legislativo 494/1996, egli provvedesse a:

  1. a) verificare, con opportune azioni di coordinamento e controllo, l’applicazione, da parte delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi, delle disposizioni loro pertinenti contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento di cui all’articolo 12 e la corretta applicazione delle relative procedure di lavoro;
    b) verificare l’idoneità del piano operativo di sicurezza, da considerare come piano complementare di dettaglio del piano di sicurezza e coordinamento di cui all’articolo 12 , assicurandone la coerenza con quest’ultimo, e adeguare il piano di sicurezza e coordinamento e il fascicolo di cui all’articolo 4 comma 1 lettera b), in relazione all’evoluzione dei lavori ed alle eventuali modifiche intervenute, valutando le proposte delle imprese esecutrici dirette a migliorare la sicurezza in cantiere, nonché verificare che le imprese esecutrici adeguino, se necessario, i rispettivi piani operativi di sicurezza;
    c) organizzare tra i datori di lavoro, ivi compresi i lavoratori autonomi, la cooperazione ed il coordinamento delle attività nonché la loro reciproca informazione;
    d) verificare l’attuazione di quanto previsto negli accordi tra le parti sociali al fine di realizzare il coordinamento tra i rappresentanti della sicurezza finalizzato al miglioramento della sicurezza in cantiere;
    e) segnalare al committente o al responsabile dei lavori, previa contestazione scritta alle imprese e ai lavoratori autonomi interessati, le inosservanze alle disposizioni degli articolo 7, 8 e 9, e alle prescrizioni del piano di cui all’articolo 12  e proporre la sospensione dei lavori, l’allontanamento delle imprese o dei lavoratori autonomi dal cantiere, o la risoluzione del contratto. Nel caso in cui il committente o il responsabile dei lavori non adotti alcun provvedimento in merito alla segnalazione, senza fornirne idonea motivazione, il coordinatore per l’esecuzione provvede a dare comunicazione dell’inadempienza alla Azienda unità sanitaria locale territorialmente competente e alla Direzione provinciale del lavoro;
    f) sospendere in caso di pericolo grave e imminente, direttamente riscontrato, le singole lavorazioni fino alla verifica degli avvenuti adeguamenti effettuati dalle imprese interessate.

Di fatto, tutte le norme comunitarie sulla sicurezza del lavoro, comprese quelle che poi sono confluite nel più noto decreto legislativo 19 settembre 1994 n. 626 quale sintesi di recepimento di altre ben otto direttive comunitarie, rispondevano ad una filosofia di allargamento della platea dei responsabili non più solo legati all’organigramma aziendale, ma all’intera filiera produttiva.

È in tale normativa che si cominciano a trovare oltre ai classici datori di lavoro anche specifiche disposizioni destinate ai dirigenti, ai preposti, ma anche soggetti più distaccati dalla filiera di impresa quali gli addetti al servizio di prevenzione e protezione, i medici competenti, i formatori, i progettisti, i fabbricanti, gli installatori, i responsabili del servizio esterno di prevenzione, il rappresentante per la sicurezza e così via prevedendo per tante di queste figure specifici percorsi e requisiti professionali.

Come la legislazione ha influito sul sistema appalti?

Questa normativa, peraltro sempre più articolata e confusa, è infine approdata nel successivo testo unico della sicurezza del lavoro approvato con il decreto legislativo n. 81/2008.

L’art.lo 17 di tale norma individua esattamente le attività che il datore di lavoro non può assolutamente delegare quali la valutazione dei rischi e la designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione.

L’art.lo 26 di tale decreto, tuttavia, tenendo conto della generale necessità di alcuni settori produttivi, stabilisce precisi obblighi di cooperazione tra imprese soprattutto al fine di ridurre al minimo quello che viene definito rischio interferenziale tra i vari lavori che sono svolti all’interno delle imprese coinvolte nell’esecuzione dell’opera.

L’art.lo 27, al riguardo, prevede anche un sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi attraverso una speciale commissione che attesta una qualificazione vincolante per la partecipazione alle gare relative agli appalti.

Il modello organizzativo tassativamente stabilito da questa nuova normativa (art.lo 30 e ss.) non lascia spazio alla singola impresa che deve necessariamente seguire un modello  di  organizzazione  e  di gestione idoneo ad avere efficacia esimente della responsabilità  amministrativa dei vari datori di lavoro e che deve essere adottato ed efficacemente attuato, assicurando un sistema  aziendale  per l’adempimento di tutti gli obblighi giuridici relativi al  rispetto  degli  standard  tecnico-strutturali  di  legge relativi  a attrezzature, impianti, luoghi di lavoro, agenti chimici, fisici e biologici,  alle attività  di valutazione dei rischi e di predisposizione delle misure di prevenzione e protezione conseguenti, alle attività  di natura organizzativa, quali emergenze, primo soccorso,  gestione  degli appalti, riunioni periodiche di sicurezza, consultazioni dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza,  alle attività  di sorveglianza sanitaria, alle attività di informazione e formazione dei lavoratori,  alle attività  di vigilanza con riferimento al rispetto delle procedure  e  delle  istruzioni  di  lavoro in sicurezza da parte dei lavoratori, alla   acquisizione   di   documentazioni  e  certificazioni obbligatorie di legge ed alle  periodiche verifiche dell’applicazione e dell’efficacia delle procedure adottate.

Quali sono gli attuali rischi in caso di accertamento?

Questa modalità operativa sta creando non pochi problemi in fase ispettiva quando i verbalizzanti dell’INPS, in particolare, procedendo con interrogatori sommari, raccolgono testimonianze su chi sia a dare gli ordini alle maestranze.

E’ evidente che nel campo dell’edilizia si incrociano molti contesti tra i quali gli ambiti funzionali delle varie imprese possono essere equivocati fino a rischiare di dare luogo a contestazioni di violazione dell’art.lo 29 del c.d. decreto legislativo 276/2003 che si occupa dei casi di appalto come di seguito specificato:

 “ 1. Ai fini della applicazione delle norme  contenute  nel  presente titolo, il contratto di appalto, stipulato e regolamentato  ai  sensi dell’articolo  1655   del   codice   civile,   si   distingue   dalla somministrazione di lavoro per la organizzazione dei mezzi  necessari da parte dell’appaltatore, che puo’  anche  risultare,  in  relazione alle  esigenze  dell’opera  o  del  servizio  dedotti  in  contratto, dall’esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell’appalto, nonche’  per  la  assunzione,  da parte del medesimo appaltatore, del rischio d’impresa.

  1. ((…)) In caso di appalto di opere o di servizi, il committente imprenditore o  datore  di  lavoro  e’  obbligato  in   solido   con l’appaltatore, nonche’ con ciascuno  degli  eventuali  subappaltatori entro  il  limite  di  due  anni  dalla  cessazione  dell’appalto,  a corrispondere ai lavoratori i trattamenti  retributivi,  comprese  le quote  di  trattamento  di  fine  rapporto,  nonche’   i   contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione  al  periodo di esecuzione del contratto di appalto,  restando  escluso  qualsiasi obbligo per le sanzioni civili di cui risponde solo  il  responsabile dell’inadempimento. ((PERIODO SOPPRESSO DAL. D.L. 17 MARZO  2017,  N. 25, CONVERTITO SENZA MODIFICAZIONI DALLA L. 20 APRILE 2017, N.  49)). ((PERIODO SOPPRESSO DAL. D.L. 17 MARZO 2017, N. 25, CONVERTITO  SENZA MODIFICAZIONI DALLA L. 20 APRILE 2017,  N.  49)).((PERIODO  SOPPRESSO DAL. D.L. 17 MARZO 2017, N. 25, CONVERTITO SENZA MODIFICAZIONI  DALLA L. 20 APRILE 2017,  N.  49)).  Il  committente  che  ha  eseguito  il pagamento e’ tenuto, ove previsto,  ad  assolvere  gli  obblighi  del sostituto d’imposta ai  sensi  delle  disposizioni  del  decreto  del Presidente della  Repubblica  29  settembre  1973,  n.  600,  e  puo’ esercitare l’azione di regresso nei confronti del coobbligato secondo le regole generali.  
  2. L’acquisizione del  personale  gia’  impiegato  nell’appalto  a seguito di subentro di nuovo appaltatore dotato di propria  struttura organizzativa e operativa, in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro o di clausola del contratto d’appalto, ove  siano presenti elementi di discontinuita’  che  determinano  una  specifica identita’ di impresa, non costituisce trasferimento  d’azienda  o  di parte d’azienda.

  3-bis. Quando il contratto di appalto sia stipulato  in  violazione di quanto disposto  dal  comma  1,  il  lavoratore  interessato  puo’ chiedere, mediante ricorso giudiziale a norma dell’articolo  414  del codice di procedura civile, notificato anche soltanto al soggetto che ne ha utilizzato la prestazione, la costituzione di  un  rapporto  di lavoro alle dipendenze di quest’ultimo. In tale ipotesi si applica il disposto dell’articolo 27, comma 2.

  3-ter. Fermo restando quando previsto dagli articoli 18  e  19,  le disposizioni di cui al comma 2 non trovano  applicazione  qualora  il committente sia una persona fisica  che  non  esercita  attivita’  di impresa o professionale”.

Il D.L. 28 giugno 2013, n. 76, convertito con  modificazioni  dalla L. 9 agosto 2013, n. 99, ha disposto (con l’art. 9, comma 1) che  “Le disposizioni di cui all’articolo 29, comma 2, del decreto legislativo 10  settembre  2003,  n.  276  e  successive  modificazioni,  trovano applicazione anche in relazione ai compensi e agli obblighi di natura previdenziale  e  assicurativa  nei  confronti  dei  lavoratori   con contratto di lavoro autonomo. Le medesime  disposizioni  non  trovano applicazione in relazione ai contratti  di  appalto  stipulati  dalle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.  165.  Le  disposizioni  dei  contratti collettivi di cui all’articolo 29, comma 2, del  decreto  legislativo 10 settembre 2003, n. 276 e successive modificazioni,  hanno  effetto esclusivamente in relazione  ai  trattamenti  retributivi  dovuti  ai lavoratori impiegati nell’appalto con esclusione di qualsiasi effetto in relazione ai contributi previdenziali e assicurativi”.

Nei casi di accertamenti da parte degli enti previdenziali o dell’INL è quindi sempre opportuno farsi assistere fin da subito da professionisti esperti in modo da evitare che eventuali equivoci possano generare verbali capaci di influire negativamente sul DURC.

Lo strapotere conferito ad alcuni sindacati attraverso lo strumento del DURC DI CONGRUITA’

Più recentemente, con il decreto Ministeriale 143 del 25 giugno 2021 è definito un sistema di verifica della congruità dell’incidenza della manodopera impiegata nella realizzazione di lavori edili, in attuazione di quanto previsto dall’Accordo collettivo del 10 settembre 2020, sottoscritto dalle organizzazioni che detto decreto ha definito “più rappresentative per il settore edile, come richiamato in premessa e della relativa tabella recante gli indici di congruità.

La verifica della congruità, secondo questo decreto, si riferisce all’incidenza della manodopera relativa allo specifico intervento realizzato nel settore edile, sia nell’ambito dei lavori pubblici che di quelli privati eseguiti da parte di imprese affidatarie, in appalto o subappalto, ovvero da lavoratori autonomi coinvolti a qualsiasi titolo nella loro esecuzione.

Ai fini della verifica di cui sopra, si tiene conto delle informazioni dichiarate dall’impresa principale alla Cassa Edile/Edilcassa territorialmente competente, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445 e successive modificazioni, con riferimento al valore complessivo dell’opera, al valore dei lavori edili previsti per la realizzazione della stessa, alla committenza, nonché alle eventuali imprese subappaltatrici e sub-affidatarie.

In caso di variazioni da parte del committente riferite ai lavori oggetto di verifica, l’impresa è tenuta a dimostrare la congruità in relazione al nuovo valore determinato dalle varianti apportate.

La Commissione Nazionale delle Casse Edili rende disponibili le modalità e le istruzioni operative per la comunicazione delle informazioni.

Con decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, sentite le Parti sociali, sono periodicamente aggiornati gli indici di congruità riferiti all’incidenza della manodopera impiegata nella realizzazione di lavori edili.

L’attestazione di congruità è rilasciata, entro dieci giorni dalla richiesta, dalla Cassa Edile/Edilcassa territorialmente competente, su istanza dell’impresa affidataria o del soggetto da essa delegato ai sensi dell’articolo 1 della legge 11 gennaio 1979, n. 12, ovvero del committente.