Retribuzione lordo netto
Netto – netto o lordo – lordo sono questioni interpretative che vanno avanti da anni e le regole contabili hanno poco da spartire, spesso, con quelle giuridiche. I percorsi giuridici sono talmente complicati che appaiono lontanissimi dalla realtà, talmente lontani da richiedere continue re-interpretazioni.
Poco tempo fa scrivevo su un social professionale che nei conteggi delle differenze retributive capita spesso di trovare i calcoli del sindacato che detraggono il netto dal lordo.
Aggiungevo quindi una riflessione sul metodo dell’operazione lordo meno netto che darà sempre una differenza.
Quindi specificavo che un conto è sostenere che un istituto non è stato pagato ed un altro conto è il calcolo delle differenze. In quest’ultimo caso la logica contabile richiederebbe il calcolo per poste omogenee ovvero lordo meno lordo oppure netto meno netto.
Alla fine, come vedremo, tutto diventa così, ma con passaggi che, in un’ottica di avversione alla semplificazione tipica di noi Italiani, sono la conferma di una cultura diciamo, particolare.
Ci sono cose che un comune cittadino non coinvolto nella disputa del lavoro subordinato, stenta a capire.
Sentenze della Corte di Cassazione
Il punto di partenza sono alcune sentenze della Corte di Cassazione, tra le quali la n. 13164 del 25 maggio 2018, che sono solidamente ancorate a criteri contabili ed interpretativi assolutamente particolari.
Il caso riguarda un lavoratore occupato dal 1995 al 2001 al quale il Tribunale aveva riconosciuto differenze retributive per oltre 24.000 € poi nettizzati in quasi 17.000 da parte della Corte di Appello.
Il tribunale aveva ragionato lordo – netto e la Corte di Appello, invece, per poste omogenee.
La Corte di Cassazione, invece, prende in mano la questione sotto un profilo strettamente normativo e, in riferimento agli art.li 2099, 2114 e 2115 del codice civile, afferma (ancora una volta) che dalle somme lorde spettanti al lavoratore devono essere detratte quelle concretamente erogate (ovvero il netto) a nulla rilevando che il datore di lavoro non abbia operato le ritenute previdenziali e fiscali prescritte. Le ritenute previdenziali sono normalmente costituite dal 9,19%)
Ogni riferimento della Cassazione è volta alla valorizzazione dell’art.lo 19 della legge 4 aprile 1952 n. 218 ogni volta in cui il datore di lavorano abbia provveduto al versamento tempestivo dei contributi.
Fin qui, data l’esiguità della percentuale a carico del dipendente, tutto quasi chiaro.
Per quello che riguarda e ritenute fiscali, invece, la Corte afferma che il Giudice chiamato a decidere non può interferire. In effetti mentre per quanto riguarda gli oneri contributivi vale la regola della competenza temporale (il periodo di maturazione del contributo – esempio il 16 marzo per la mensilità di febbraio e così via), per quello che riguarda gli oneri fiscali vale il criterio per cassa. cita cioè il momento del pagamento.
Nel conteggio del sindacato
Pertanto, al di la di ogni logica, non c’è da meravigliarsi se nel conteggio del sindacato si trovano abnormità contabili come lordo meno netto, ma bisogna rimboccarsi le maniche e procedere come segue.
Se i contributi sono stati versati nei termini si deve dimostrare di averlo fatto producendo ricevute (F24, e-mens od altro che possa fornirne prova) . In questo caso dal lordo preteso si potrà detrarre le ritenute versate per la quota a carico del lavoratore.
Al momento del pagamento si potrà quindi elaborare una busta paga di liquidazione delle differenze che, applicando il criterio di detrazione per cassa, provvederà alla decurtazione delle ritenute fiscali (anche Cass. 18044/2015; 2010/2013 e tante altre).
Quindi avremo una sentenza con grandi numeri che non ha considerato l’omogeneizzazione delle differenze contabili.
Cosa può fare il datore di lavoro
La filosofia che ne traspare è che se il datore di lavoro non si difende e si lascia sopraffare dall’esecuzione, pagherà sicuramente il lordo e manterrà la sua posizione di sostituto contributivo e fiscale.
Per evitare questo è quindi necessario dimostrare di avere versato le ritenute previdenziali ed effettuare il pagamento della somma esercitata mediante emissione di una busta paga riepilogativa delle posizioni operate come sostituto di imposta.
A fronte di un precetto di € 10.000,00 il pagamento potrebbe ben essere di soli € 6.200,00 (il calcolo è puramente esemplificativo).
Avremo ottenuto, quindi, alla fine del percorso, quell’omogeneizzazione contabile lordo – lordo o netto – netto, ma solo attraverso una traslazione contabile e temporale che ha comportato, da parte del lavoratore, l’illusione di poter riscuotere una somma più elevata e, da parte del datore di lavoro, l’onere di provare il tempestivo versamento delle ritenute previdenziali prima ed il versamento dell’IRPEF subito dopo l’erogazione della busta paga di saldo.

- Audizione disciplinare del lavoratore - 3 Novembre 2023
- Estratto di ruolo non impugnabile. La Corte Costituzionale dice la sua. - 21 Ottobre 2023
- Credito di imposta 110, DURC e crescente burocrazia stanno logorando il sistema imprese. - 21 Ottobre 2023