È passato ormai qualche mese da quando è entrato in vigore il Dlgs n.104/2022 , il cosiddetto “Decreto trasparenza” con il quale il nostro Stato ha recepito quanto sancito dalla Direttiva comunitaria 1152/2019 in merito a condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili all’interno dei paesi dell’Unione Europea.
Abbiamo avuto modo di sperimentarlo e siamo quindi in grado di valutare, con maggiore chiarezza, le novità introdotte e quindi analizzare come di conseguenza cambia il rapporto di lavoro e la sua gestione e soprattutto indagare quali siano gli obblighi per i datori di lavoro.
A prescindere dall’indiscutibile valenza etica che la direttiva europea ha previsto e che il nostro Stato ha finalmente accolto, questa sembra perdere di valore perché le principali innovazioni che il Dlgs n.104/2022 ha introdotto si scontrano subito con una maggiore complessità degli adempimenti informativi che il datore di lavoro deve eseguire se non vuole incombere in sanzioni, e con l’irrigidimento dei controlli che, d’ora in avanti, si fanno più gravosi.
In altre parole, si è partiti da una direttiva comunitaria che era già sufficientemente dettagliata – e che doveva solo essere recepita – e vi sono state fatte delle aggiunte e delle specificazioni che hanno come conseguenza l’ulteriore proliferazione di burocrazia ridondante.
E così, mentre da una parte si reclama a gran voce l’esigenza di alleggerire il lavoro e la politica del lavoro dalla burocrazia, dall’altra c’è l’impressione che ogni volta che si va a toccare la materia lavoristica si appesantiscano gli oneri e i rischi che i datori di lavoro corrono quando instaurano un rapporto di lavoro.
Quindi, al di là dei contenuti legittimi e certamente fondamentali, di trasparenza c’è la sensazione che si sia andati oltre questa esigenza, e che alla fine si siano create situazioni – di incertezza su tutta su una serie di aspetti – che sicuramente creeranno non pochi problemi soprattutto sotto il profilo sanzionatorio.
Si parte da un presupposto necessario salvo poi perseguire uno sotto-fine che si dura veramente fatica a non considerare solo essere destinato ad ingessare procedure e complicare relazioni; quindi a far incrementare le potenzialità del contenzioso ed una burocrazia già oltremodo florida.
Ma forse, non è solo questo. La complessità delle procedure previste in questo decreto – come potrete appurare da soli, continuando nella lettura di questo articolo (n.d.r.) – è tale da non escludere che esista anche un altro risultato occulto, ovvero quello di far monetizzare all’erario il cosiddetto rischio statistico dell’errore: in parole spicce, più la cosa si fa complessa, più è facile incorrere in errore e quindi in sanzioni.
Esattamente l’opposto di quello che ci si dovrebbe aspettare dalla lettura della nostra Costituzione la quale richiede finalità di buon andamento ed imparzialità della pubblica amministrazione. Il riscontro costante è dato dall’aumento delle complessità e dai potenziali sviluppi che queste possono avere sia in termini di contenzioso che di sanzioni. Lavoro per sindacati, avvocati ecc… che andrebbe evitato fin dalla genesi di qualsiasi provvedimento normativo ed amministrativo.
Ça va sans dire, un altro modo per fare cassa, come direbbero in nostri cugini d’oltralpe.
Quello che colpisce è il fatto che il contratto individuale di assunzione è diventato un documento la cui complessità e completezza non può più essere colmata con il semplice rinvio al CCNL, ma deve contenere una serie di specificazioni al punto da non poter più essere compreso nella ordinaria assistenza che un consulente del lavoro fa rientrare nell’ottica dell’elaborazione del cedolino. L’attuale modalità di assunzione richiede un lavoro notevole sotto il profilo della conoscenza degli ambiti strutturali del rapporto di lavoro che si vanifica nel caso, molto frequente, in cui il lavoratore o non inizia od interrompe il periodo di prova.
A prescindere da queste considerazioni, una cosa è sicuramente evidente, oseremo dire persino trasparente: ora più che mai il datore di lavoro è costretto a sobbarcarsi l’onere economico di affidarsi a professionisti di elevato livello in grado di redigere un contratto di assunzione che tenga conto (anche) di questi oneri economici e comunicativi.
Ma entriamo nello specifico del decreto trasparenza e analizziamolo nei suoi vari aspetti per fare emergere la complessità degli obblighi che impone.
Avendo già detto anche troppo abbiamo deciso di riportare per intero intere porzioni della legge, senza semplificarle o accorciarle.
Non ci resta quindi che augurarvi buona lettura e buone riflessioni.
Decreto trasparenza – Ambito di applicazione
Le complessità palesate sopra, si riscontrano già nell’articolo 1, che riguarda l’ampio ambito di applicazione del decreto trasparenza in merito agli obblighi informativi e che si rivolge a:
- contratto di lavoro subordinato, ivi compreso quello di lavoro agricolo, a tempo indeterminato e determinato, anche a tempo parziale;
- contratto di lavoro somministrato;
- contratto di lavoro intermittente;
- rapporto di collaborazione con prestazione prevalentemente personale e continuativa organizzata dal committente di cui all’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81;
- contratto di collaborazione coordinata e continuativa di cui all’articolo 409, n. 3, del Codice di procedura civile;
- contratto di prestazione occasionale di cui all’articolo 54-bis del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96.
- ai rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e a quelli degli enti pubblici economici;
- ai lavoratori marittimi e ai lavoratori della pesca, fatta salva la disciplina speciale vigente in materia;
- ai lavoratori domestici, fatta eccezione per le previsioni di cui agli articoli 10 e 11.
Gli obblighi informativi non si applicano, invece, ai (art. 1, comma 4, Dlgs. n. 104/2022):
- i rapporti di lavoro autonomo di cui al titolo III del libro V del Codice civile e quelli di lavoro autonomo di cui al decreto legislativo 28 febbraio 2021, n. 36, purché non integranti rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, di cui all’articolo 409, n. 3, del Codice di procedura civile;
- i rapporti di lavoro caratterizzati da un tempo di lavoro predeterminato ed effettivo di durata pari o inferiore a una media di tre ore a settimana in un periodo di riferimento di quattro settimane consecutive. È considerato nella media delle tre ore il tempo di lavoro prestato in favore di tutti i datori di lavoro che costituiscono una stessa impresa, uno stesso gruppo di imprese. La presente esclusione non opera in relazione ai rapporti di lavoro nell’ambito dei quali non sia stata stabilita una quantità garantita di lavoro retribuito prima dell’inizio del lavoro;
- i rapporti di agenzia e rappresentanza commerciale;
- i rapporti di collaborazione prestati nell’impresa del datore di lavoro dal coniuge, dai parenti e dagli affini non oltre il terzo grado, che siano con lui conviventi;
- i rapporti di lavoro del personale dipendente di amministrazioni pubbliche in servizio all’estero, limitatamente all’articolo 2 del decreto legislativo 26 maggio 1997, n. 152, come modificato dal presente decreto;
- i rapporti di lavoro del personale di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, relativamente alle disposizioni di cui al Capo III del presente decreto.
Modalità di comunicazione al lavoratore
Le complessità si fanno poi “più complesse” negli articoli a seguire.
Si legge infatti all’articolo 3 del decreto trasparenza, che il datore di lavoro – sia pubblico che privato – è tenuto a comunicare a ciascun lavoratore neoassunto, in modo chiaro e trasparente e in formato cartaceo oppure elettronico, tutte le informazioni previste nel decreto. Il lavoratore dovrà sempre potervi avere accesso e la prova della loro trasmissione dovrà essere conservata dal datore di lavoro per almeno cinque dalla conclusione del rapporto di lavoro.
Si legge poi al comma 2 dell’articolo 4 che questi obblighi di comunicazione vengono assolti mediante la consegna al lavoratore, all’atto dell’instaurazione del rapporto di lavoro e prima dell’inizio dell’attività lavorativa, in alternativa con la consegna della:
- copia del contratto individuale di lavoro redatto per iscritto e firmato;
- copia della comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro di cui all’articolo 9-bis del decreto-legge 1° ottobre 1996, n. 510
Su questo punto, un’altra considerazione è quanto mai necessaria.
Come si evince, la legge impone che queste informazioni di trasparenza siano comunicate a qualunque lavoratore che venga assunto, anche se solo in prova. Teoricamente non ci sarebbe nulla da eccepire. Ma nella quotidianità della vita lavorativa, sappiamo bene che un’altissima percentuale di coloro che sono in prova decidono spontaneamente di non proseguire nel rapporto di lavoro e quindi di licenziarsi già dopo i primissimi giorni.
Il datore di lavoro non solo deve sobbarcarsi della spesa del consulente che gli rediga un contratto ineccepibile anche dal punto di vista della trasparenza. In caso contrario, rischia di incappare in salate sanzioni. Inoltre, il datore di lavoro è obbligato a conservare una copia del contratto in archivio per almeno cinque anni.
Dispendio di denaro, dispendio di tempo, dispendio di spazio.
Decreto Trasparenza: le informazioni da comunicare
Proseguiamo nell’analisi del decreto trasparenza e entriamo nello specifico, delle informazioni da comunicare al lavoratore, come riportato nell’Articolo 4 :
- l’identità delle parti ivi compresa quella dei co-datori nei contratti di rete
- il luogo di lavoro. In mancanza di un luogo di lavoro fisso o predominante, il datore di lavoro comunica che il lavoratore è occupato in luoghi diversi, o è libero di determinare il proprio luogo di lavoro;
- la sede o il domicilio del datore di lavoro;
- l’inquadramento, il livello e la qualifica attribuiti al lavoratore o, in alternativa, le caratteristiche o la descrizione sommaria del lavoro;
- la data di inizio del rapporto di lavoro;
- la tipologia di rapporto di lavoro, precisando in caso di rapporti a termine la durata prevista dello stesso;
- nel caso di lavoratori dipendenti da agenzia di somministrazione di lavoro, l’identità delle imprese utilizzatrici, quando e non appena è nota;
- la durata del periodo di prova, se previsto;
- il diritto a ricevere la formazione erogata dal datore di lavoro, se prevista;
- la durata del congedo per ferie, nonché degli altri congedi retribuiti cui ha diritto il lavoratore o, se ciò non può essere indicato all’atto dell’informazione, le modalità di determinazione e di fruizione degli stessi;
- la procedura, la forma e i termini del preavviso in caso di recesso del datore di lavoro o del lavoratore;
- l’importo iniziale della retribuzione o comunque il compenso e i relativi elementi costitutivi, con l’indicazione del periodo e delle modalità di pagamento;
- la programmazione dell’orario normale di lavoro e le eventuali condizioni relative al lavoro straordinario e alla sua retribuzione, nonché le eventuali condizioni per i cambiamenti di turno, se il contratto di lavoro prevede un’organizzazione dell’orario di lavoro in tutto o in gran parte prevedibile;
- se il rapporto di lavoro, caratterizzato da modalità organizzative in gran parte o interamente imprevedibili, non prevede un orario normale di lavoro programmato, il datore di lavoro informa il lavoratore circa:
- la variabilità della programmazione del lavoro, l’ammontare minimo delle ore retribuite garantite e la retribuzione per il lavoro prestato in aggiunta alle ore garantite;
- le ore e i giorni di riferimento in cui il lavoratore è tenuto a svolgere le prestazioni lavorative;
- il periodo minimo di preavviso a cui il lavoratore ha diritto prima dell’inizio della prestazione lavorativa e, ove ciò sia consentito dalla tipologia contrattuale in uso e sia stato pattuito, il termine entro cui il datore di lavoro può annullare l’incarico;
- il contratto collettivo, anche aziendale, applicato al rapporto di lavoro, con l’indicazione delle parti che lo hanno sottoscritto;
- gli enti e gli istituti che ricevono i contributi previdenziali e assicurativi dovuti dal datore di lavoro e qualunque forma di protezione in materia di sicurezza sociale fornita dal datore di lavoro stesso;
- gli elementi previsti dall’articolo 1-bis qualora le modalità di esecuzione della prestazione siano organizzate mediante l’utilizzo di sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati.
Tutte le informazioni eventualmente non contenute nella lettera d’assunzione (o nella copia della comunicazione dell’istaurazione del rapporto di lavoro) devono essere in ogni caso fornite per iscritto al lavoratore entro i 7 giorni successivi all’inizio della prestazione lavorativa.
Alcune informazioni – quelle comprese ai punti i, j, k, o, p dell’elenco di cui sopra – potranno essere fornite al lavoratore entro un termine di tempo maggiore ma non oltre i 30 giorni dall’inizio della prestazione lavorativa.
Nel caso in cui il rapporto di lavoro dovesse interrompersi prima che il datore abbia adempiuto a tutti gli obblighi d’informazione, al lavoratore deve essere consegnata, al momento della cessazione del rapporto stesso, una dichiarazione scritta contenente le informazioni mancanti.
Allo stesso modo, eventuali modifiche agli elementi del contratto di lavoro dovranno essere comunicate dal datore di lavoro entro il primo giorno di decorrenza della modifica a meno che la modifica stessa non derivi da disposizioni legislative o regolamentari o dalle clausole del contratto collettivo.
Sono previsti poi ulteriori obblighi informativi per i datori di lavoro se vengano utilizzati sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati. In questo caso sia il datore di lavoro che il committente hanno obbligo di informare il lavoratore o il collaboratore circa l’utilizzo di sistemi finalizzati a fornire dati relativi all’assunzione o al conferimento dell’incarico, della gestione o della cessazione del contratto, dell’assegnazione di mansioni o compiti, indicazioni sulla sorveglianza, la valutazione e l’adempimento delle prestazioni contrattuali.
Il lavoratore ha quindi diritto ad accedere ai dati che lo riguardano, anche attraverso le sue rappresentanze sindacali aziendali o territoriali, e sia il datore di lavoro che il committente hanno l’obbligo di rispondere per iscritto con la trasmissione dei dati mancanti, entro 30 giorni. (Art. 4 – comma 3)
Le informazioni di cui sopra dovranno essere comunicate dal datore di lavoro in modo trasparente. Inoltre, tali informazioni dovranno essere fornite in formato strutturato, di uso comune e leggibile da un dispositivo automatico.
Le comunicazioni dovranno essere fornite anche all’RSA/RSU o in mancanza alle sedi territoriali delle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
Le sanzioni inflitte dall’Ispettorato del Lavoro
In merito alle sanzioni a cui possono essere soggetti i datori di lavoro inadempienti, il Dlgs 104/2022, “Decreto Trasparenza”, prevede:
- In caso di violazione degli obblighi previsti dai commi da 1 a 4 dell’art. 1 del Dlgs n. 152/1997, come riformato, Dlgs n. 104/2022: sanzione amministrativa da 250 a 1.500 euro per ogni lavoratore interessato;
- In caso di violazione degli obblighi previsti dai commi 2 e 3, secondo periodo dell’art. 1-bis del Dlgs 152/1997: sanzione amministrativa da 100 a 750 euro per ciascun mese di riferimento, ferma restando la configurabilità di eventuali violazioni in materia di protezione dei dati personali ove sussistano i presupposti di cui agli articoli 83 del Regolamento UE 2016/679 e 166 del Dlgs n. 196/2003. Se la violazione si riferisce a più di 5 lavoratori la sanzione amministrativa è compresa tra 400 e 1.500 euro. Se la violazione si riferisce a più di 10 lavoratori, la sanzione amministrativa è compresa tra 1.000 e 5.000 euro e non è ammesso il pagamento in misura ridotta;
- In caso di violazione degli obblighi di cui al comma 6, secondo periodo, dell’art. 1-bis: la sanzione amministrativa per ciascun mese in cui si verifica la violazione, è compresa tra 400 e 1.500 euro. L’Ispettorato del Lavoro è, inoltre, competente per la sanzione prevista dall’art. 41, comma 2, del Dlgs n. 198/2006, richiamata dall’art. 13 del Dlgs n. 104/2022: essa è compresa tra 250 e 1.500 euro.
Prescrizioni minime relative alle condizioni di lavoro
Oltre a introdurre nuovi obblighi informativi a carico delle aziende, il decreto trasparenza introduce nuove tutele per i lavoratori. Tali tutele sono regolamentate nel capo III, rubricato “Prescrizioni minime relative alle condizioni di lavoro”.
Queste riguardano:
- Durata massima del periodo di prova (art. 7)
- Cumulo di impieghi (art. 8)
- Prevedibilità minima del lavoro (art. 9)
- Diritto di precedenza (art. 10)
- Formazione obbligatoria (art. 11)
Ma di queste parleremo in un altro articolo.