L’evoluzione dei caratteri distintivi del rapporto di lavoro subordinato da quello autonomo ha portato, con il tempo, alla determinazione di varie caratterizzazioni delle figure professionali.
L’evoluzione dei tratti distintivi del lavoro parasubordinato
La continua ricerca dei tratti distintivi del lavoro subordinato da quello autonomo ha effettuato un percorso che dagli anni ’90 ad oggi si è evoluto con un fortissimo contributo della giurisprudenza che ha sempre interpretato le evoluzioni del sistema economico ed anticipato le iniziative legislative.
L’ultimo intervento in termini di criteri comparativi utili a distinguere e caratterizzare il lavoro autonomo da quello subordinato è stato quello del 2015.
La presunzione contenuta nel DECRETO LEGISLATIVO 15 giugno 2015, n. 81
Questo Decreto si occupa della Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni, a norma dell’articolo 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183 ed ha espressamente previsto che “il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato costituisce la forma comune di rapporto di lavoro”.
Si tratta di una “norma di chiusura” del sistema lavoro che non ha un contenuto residuale, ma normalizzante. Ciò significa che chi dovesse rivendicare un diverso rapporto ha sempre l’onere di provarne i relativi diversi contenuti caratterizzanti
L’articolo 2 del decreto 81/2015
Ancor più interessante appare il successivo articolo 2 avente ad oggetto le collaborazioni organizzate dal committente il quale prevede che si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità’ di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro prevedendo specifica esclusione:
- a) per le collaborazioni per le quali gli accordi collettivi nazionali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale prevedono discipline specifiche riguardanti il trattamento economico e normativo, in ragione delle particolari esigenze produttive ed organizzative del relativo settore;
- b) per le collaborazioni prestate nell’esercizio di professioni intellettuali per le quali e’ necessaria l’iscrizione in appositi albi professionali;
- c) per le attività’ prestate nell’esercizio della loro funzione dai componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società’ e dai partecipanti a collegi e commissioni;
- d) per le collaborazioni rese a fini istituzionali in favore delle associazioni e società’ sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione sportiva riconosciuti dal O.N.I., come individuati e disciplinati dall’articolo 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289.
Fino al completo riordino della disciplina dell’utilizzo dei contratti di lavoro flessibile da parte delle pubbliche amministrazioni, la disposizione sopra illustrata non trova applicazione nei confronti delle medesime. Dal 1° gennaio 2017 e’ stato comunque fatto divieto alle pubbliche amministrazioni di stipulare i contratti di collaborazione come sopra evidenziato.
La giurisprudenza Cassazione 24 gennaio 2020 sentenza n. 1663
Interessati al riguardo sono le analisi della sentenza 24 gennaio 2020 n. 1663 della Suprema Corte di Cassazione che con una serie di passaggi illustra alcune logiche fondamentali dei tratti distintivi e caratterizzanti del rapporto equiparato per legge alla subordinazione in riferimento alle varie figure di lavoratori che pur godendo di una certa autonomia, comunque prestano attività lavorativa per terzi.
La Corte di Cassazione ha avuto l’accortezza di specificare che “Sul testo del D.Lgs. n. 81 del 2015, art. 2, e, più in generale, sul lavoro attraverso piattaforme digitali, in specie sui riders, è intervenuto il decreto L. 3 settembre 2019, n. 101, convertito, con modificazioni, nella L. 2 novembre 2019, n. 128. Le modifiche alla disciplina in discorso non hanno carattere retroattivo, per cui alla fattispecie in esame deve applicarsi il suddetto art. 2, nel testo previgente al citato recente intervento legislativo. Quest’ultimo, in particolare, quanto dell’art. 2, comma 1, primo periodo, in discorso, sostituisce la parola “esclusivamente” con “prevalentemente” e sopprime le parole “anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro”. Inoltre, la novella aggiunge, dopo il primo periodo, il seguente testo: “Le disposizioni di cui al presente comma si applicano anche qualora le modalità di esecuzione della prestazione siano organizzate mediante piattaforme anche digitali”.”.
Una prima considerazione sulle modalità di attuazione del rapporto tra le parti committente e prestatore d’opera viene svolta prendendo spunto dal contratto sottoscritto tra le parti.
In particolare nella sentenza si afferma che nel contratto (delle parti del giudizio) era previsto che:
– si trattava di un contratto di “collaborazione coordinata e continuativa”;
– che il lavoratore fosse “libero di candidarsi o non candidarsi per una specifica corsa a seconda delle proprie disponibilità ed esigenze di vita”;
– il lavoratore si impegnava ad eseguire le consegne avvalendosi di una propria bicicletta “idonea e dotata di tutti i requisiti richiesti dalla legge per la circolazione”;
– il collaboratore avrebbe agito “in piena autonomia, senza essere soggetto ad alcun vincolo di subordinazione, potere gerarchico o disciplinare, ovvero a vincoli di presenza o di orario di qualsiasi genere nei confronti della committente”, ma era tuttavia “fatto salvo il necessario coordinamento generale con l’attività della stessa committente”;
Vi era la possibilità di recedere liberamente dal contratto, anche prima della scadenza concordata, con comunicazione scritta da inviarsi a mezzo raccomandata a/r con 30 giorni di anticipo;
il lavoratore, una volta candidatosi per una corsa, si impegnava ad effettuare la consegna tassativamente entro 30 minuti dall’orario indicato per il ritiro del cibo, con la comminatoria a suo carico di una penale di 15 Euro;
il compenso era stabilito in Euro 5,60 al lordo delle ritenute fiscali e previdenziali per ciascuna ora di disponibilità; il collaboratore doveva provvedere ad inoltrare all’INPS “domanda di iscrizione alla gestione separata di cui all’art. 2, comma 26, della L. 8 agosto 1995 n. 335” e la committente doveva provvedere a versare il relativo contributo;
– la committente doveva provvedere all’iscrizione del collaboratore all’INAIL ai sensi del D.Lgs. 23 febbraio 2000, n. 38, art. 5;
il premio era a carico del collaboratore per un terzo e della committente per due terzi;
la committente – come accennato – doveva affidare al collaboratore in comodato gratuito un casco da ciclista, un giubbotto e un bauletto dotato dei segni distintivi dell’azienda a fronte del versamento di una cauzione di Euro 50.
Interessante e nuovo, sul piano giuridico, appare il riflesso applicativo che potrebbe avere il riferimento all’utilizzo della piattaforma multimediale che avvicina il concetto telematico a quello del “luogo” della prestazione.
In relazione al dibattito che si è sviluppato intorno all’art.lo 2 comma 1 del decreto 81/2015 la Corte uno schema di soluzioni interpretative riferite alle posizioni proposte dalla Corte di Appello di Torino così sintetizzate:
- a) una prima via, che segue inevitabilmente il metodo qualificatorio, preferibilmente nella sua versione tipologica, è quella di riconoscere alle prestazioni rese dai lavoratori delle piattaforme digitali i tratti della subordinazione, sia pure ammodernata ed evoluta;
- b) una seconda immagina l’esistenza di una nuova figura intermedia tra subordinazione e autonomia, che sarebbe caratterizzata dall’etero-organizzazione e che troverebbe nel D.Lgs. n. 81 del 2015, art. 2, comma 1, il paradigma legale (teoria del tertium genus o del lavoro etero-organizzato);
- c) la terza possibilità è quella di entrare nel mondo del lavoro autonomo, dove tuttavia i modelli interpretativi si diversificano notevolmente essendo peraltro tutti riconducibili nell’ambito di una nozione ampia di parasubordinazione;
- d) infine, vi è l’approccio “rimediale”, che rinviene in alcuni indicatori normativi la possibilità di applicare una tutela “rafforzata” nei confronti di alcune tipologie di lavoratori (quali quelli delle piattaforme digitali considerati “deboli”), cui estendere le tutele dei lavoratori subordinati.
Circa tale rappresentazione sintetica la Corte di Cassazione non manca di considerare che “la via seguita dalla sentenza impugnata è quella per cui il D.Lgs. n. 81 del 2015, art. 2, avrebbe introdotto un tertium genus avente caratteristiche tanto del lavoro subordinato quanto di quello autonomo, ma contraddistinto da una propria identità, sia a livello morfologico, che funzionale e regolamentare”.
Al riguardo la Corte di Cassazione illustra il proprio orientamento
Sostiene infatti che “il riferimento ai tempi e al luogo di lavoro esprime solo una possibile estrinsecazione del potere di etero-organizzazione, con la parola “anche” che assume valore esemplificativo. In tal senso sembra deporre la successiva soppressione dell’inciso ad opera della novella cui si è fatto più volte cenno. Del resto è stato condivisibilmente rilevato che le modalità spazio-temporali di svolgimento della prestazione lavorativa sono, nell’attualità della rivoluzione informatica, sempre meno significative anche al fine di rappresentare un reale fattore discretivo tra l’area della autonomia e quella della subordinazione”.
Una più importante interpretazione proviene dall’affermazione seconda la quale “le critiche mosse con le due doglianze in esame non valgono a censurare efficacemente la sentenza impugnata, che ha individuato l’organizzazione impressa ai tempi e al luogo di lavoro come significativa di una specificazione ulteriore dell’obbligo di coordinamento delle prestazioni, con l’imposizione di vincoli spaziali e temporali emergenti dalla ricostruzione del regolamento contrattuale e delle modalità di esecuzione delle prestazioni. In particolare, sotto il primo profilo, valorizzando l’impegno del lavoratore, una volta candidatosi per la corsa, ad effettuare la consegna tassativamente entro 30 minuti dall’orario indicato per il ritiro del cibo, sotto comminatoria di una penale. Sotto il secondo profilo, dando peso alle modalità di esecuzione della prestazione, in particolare:
– all’obbligo per ciascun rider di recarsi all’orario di inizio del turno in una delle zone di partenza predefinite e di attivare l’applicativo (OMISSIS), inserendo le credenziali e avviando la geolocalizzazione;
– all’obbligo, ricevuta sulla applicazione la notifica dell’ordine con indicazione dell’indirizzo del ristorante, di recarsi ivi con la propria bicicletta, prendere in consegna i prodotti, controllarne la corrispondenza con l’ordine e comunicare tramite apposito comando della applicazione il buon esito dell’operazione;
– all’obbligo di consegna del cibo al cliente, del cui indirizzo il rider ha ricevuto comunicazione sempre tramite l’applicazione, e di conferma della regolare consegna.” .
Ancora più interessante si fa la parte della sentenza in cui la Corte di Cassazione osserva che “se l’elemento del coordinamento dell’attività del collaboratore con l’organizzazione dell’impresa è comune a tutte le collaborazioni coordinate e continuative, secondo la dizione dell’art. 409 c.p.c., comma 3, nel testo risultante dalla modifica di cui alla L. n. 81 del 2017, art. 15, comma 1, lett. a), nelle collaborazioni non attratte nella disciplina del D.Lgs. n. 81 del 2015, art. 2, comma 1, le modalità di coordinamento sono stabilite di comune accordo tra le parti, mentre nel caso preso in considerazione da quest’ultima disposizione tali modalità sono imposte dal committente, il che integra per l’appunto la etero-organizzazione che dà luogo all’applicazione della disciplina del lavoro subordinato.” .
La Corte di Cassazione individua, di fatto, il criterio di demarcazione tra lavoro autonomo e lavoro subordinato
Si ammette di fatto la possibile sussistenza di due diversi rapporti attratti dal legame che vincola committente ed esecutore.
- Se le modalità di coordinamento sono stabilite di comune accordo tra le parti siamo nell’ambito del lavoro autonomo.
- Se le modalità di coordinamento sono stabilite dal solo committente siamo nell’ambito della presunzione di subordinazione indicata dall’art.lo 2 del decreto 81/2015.
Pertanto, anche alla luce di quanto illustrato dalla Corte di Cassazione, sembra che a tutt’oggi non sia assolutamente da escludere la sopravvivenza della figura del cococo la cui tutela giudiziaria rientra nella previsione dell’art.lo 409 n. 3 del codice di procedura civile.

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