Il credito di imposta derivato dalla procedura fallimentare può essere ceduto a terzi; tuttavia per questo tipo di operazioni occorre usare qualche precauzione. Vediamo come funziona.
Credito d’imposta del fallimento
Il credito IVA può essere compensato, ma è opportuno escludere quanto maturato in data anteriore alla procedura. Quello che è da prendere in considerazione è il credito maturato nelle mani del curatore.
La cessione del credito IVA, infatti, può essere presa in considerazione ai sensi degli art.li 106 e 107 della legge fallimentare tenendo conto di quanto consentito anche dall’art.lo 1260 e seguenti del codice civile.
La forma della cessione di un credito è “pro soluto” nel senso che, secondo codice civile, “il cedente non risponde della solvenza del debitore, salvo che ne abbia assunto la garanzia. In questo caso risponde nei limiti di quanto ha ricevuto.”.
Diciamo quindi che possono essere presi in considerazione i crediti maturati nelle mani del curatore. La specifica normativa è contenuta nell’art.lo 74 bis, commi 1 e 2 del DPR 633/72:
Per le operazioni effettuate anteriormente alla dichiarazione di fallimento o di liquidazione coatta amministrativa, gli obblighi di fatturazione e registrazione, sempreché i relativi termini non siano ancora scaduti, devono essere adempiuti dal curatore o dal commissario liquidatore entro quattro mesi dalla nomina.
Per le operazioni effettuate successivamente all’apertura del fallimento o all’inizio della liquidazione coatta amministrativa gli adempimenti previsti dal presente decreto, anche se è stato disposto l’esercizio provvisorio, devono essere eseguiti dal curatore o dal commissario liquidatore. Le fatture devono essere emesse entro trenta giorni dal momento di effettuazione delle operazioni e le liquidazioni periodiche di cui agli articoli 27 e 33 devono essere eseguite solo se nel mese o trimestre siano state registrate operazioni imponibili.
La compensazione del credito d’imposta
Secondo la Corte di Cassazione Civile Sez. Tributaria (sentenza 1 febbraio 2019 n. 3096) la compensazione è ammessa solo nei casi stabiliti dalla legge. Se quindi il contribuente ha operato una compensazione non consentita l’amministrazione finanziaria può contestare il credito anche se sono scaduti i termini per l’esercizio dei poteri di accertamento.
L’Agenzia delle Entrate con la risoluzione 279/E del 12 agosto 2002 aveva già specificato che:
“l’articolo 5, comma 4 ter, del d.l. n. 70 del 1988, nel disciplinare le garanzie da prestarsi a favore dell’Erario nel caso di imposta chiesta a rimborso, ha previsto implicitamente la cedibilità dei crediti IVA “risultanti dalla dichiarazione annuale”.
Diversi documenti di prassi ministeriale hanno inoltre chiarito che ai fini fiscali possono essere oggetto di cessione esclusivamente i crediti risultanti dalla dichiarazione annuale IVA, richiesti a rimborso ai sensi dell’articolo 38-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e non quelli computati in detrazione nell’anno successivo ai sensi del disposto del comma 2 dell’articolo 30 del citato DPR n. 633, ed hanno altresì precisato le modalità di esecuzione dei rimborsi delle somme cedute (cfr. circolare n. 223 del 28 ottobre 1988; circolare n. 19 del 11 agosto 1993, paragrafo 2.10; circolare n. 192 del 8 luglio 1997; circolare n. 84 del 12 marzo 1998).
Secondo l’Agenzia delle Entrate (Ris. A.E. 279/E del 12 agosto 2002) “La ratio delle interpretazioni che escludono la cessione del credito prima della sua indicazione nella dichiarazione annuale, consentendo la solo nel caso in cui il medesimo sia chiesto a rimborso, risiede nella esigenza di certezza e trasparenza dei rapporti tributari tra il contribuente e l’Amministrazione. Prima che sia presentata la dichiarazione annuale, infatti, l’Amministrazione non può sapere se il credito formatosi negli anni precedenti e nell’esercizio in corso sia stato o meno utilizzato in compensazione di eventuali debiti tributari e previdenziali: il credito IVA spettante diviene, infatti, certo e definito solo al momento della sua esposizione in dichiarazione, cristallizzandosi nella scelta operata dal contribuente tra le alternative in proposito offerte dall’ordinamento (riporto del credito o richiesta di rimborso).
Dalle considerazioni che precedono emerge chiaramente come un atto che abbia per oggetto la cessione di un credito tributario futuro possa avere rilevanza puramente civilistica tra le parti, non producendo alcun effetto nei confronti dell’Amministrazione finanziaria.”
Il rimborso IVA per cessazione della procedura deve essere ottenuto nel medesimo periodo di imposta di chiusura della procedura (per esempio se l’attività della procedura cessa in un dato anno il relativo credito deve essere speso nell’ambito della dichiarazione IVA dell’anno immediatamente successivo (quindi con competenza sull’anno della cessazione della procedura).
Secondo quanto rappresentato dall’Agenzia delle Entrate nell’ambito della medesima risoluzione:
“Nell’ambito della procedura concorsuale il credito emergente dalla dichiarazione IVA finale, che il curatore presenterà una volta prodotta la dichiarazione di cessazione dell’attività ex articolo 35 del DPR 633 del 1972, ossia una volta concluse le operazioni rilevanti ai fini IVA (ancorché continuino ad esistere eventuali rapporti debitori e creditori come precisato dalla circolare n. 19 del 1993, dalla risoluzione n. 181 del 12 luglio 1995 e, da ultimo, dalla circolare n. 26 del 22 marzo 2002), è un credito destinato alla massa fallimentare cui l’Amministrazione partecipa per la propria quota.
Si ritiene, quindi, che non possa operare la compensazione fra il credito verso il fallito ed il debito verso la massa, poiché lo stesso art. 74-bis, commi 1 e 2, del D.P.R. n. 633/72 distingue nettamente fra le operazioni effettuate anteriormente alla dichiarazione di fallimento e quelle successive all’apertura della procedura; in tale situazione infatti le posizioni del rapporto debitorio e del rapporto creditorio sono relative a soggetti diversi (fallito – massa fallimentare) e a momenti diversi rispetto alla dichiarazione di fallimento (anteriore il credito, posteriore il debito) con conseguente illegittimità della eventuale compensazione, fatta eccezione per l’ipotesi in cui il credito vantato dalla procedura derivi, per effetto del trascinamento, dall’attività del fallito precedente all’apertura della procedura concorsuale. In tale ultima ipotesi, peraltro, la compensazione potrà essere operata in misura comunque non superiore alla quota del credito vantato dalla procedura che effettivamente tragga origine dall’esercizio dell’impresa commerciale ante dichiarazione di fallimento.”.
Questo aspetto è trattato dall’art.lo 30 comma 2 del DPR 633/72 “Se dalla dichiarazione annuale risulta che l’ammontare detraibile di cui al n. 3) dell’art. 28, aumentato delle somme versate mensilmente, è superiore a quello dell’imposta relativa alle operazioni imponibili di cui al n. 1) dello stesso articolo, il contribuente ha diritto di computare l’importo dell’eccedenza in detrazione nell’anno successivo, ovvero di chiedere il rimborso nelle ipotesi di cui ai commi successivi e comunque in caso di cessazione di attività”.
La cessione deve essere formalizzata con atto notarile secondo quanto indicato dall’Agenzia delle Entrate con la risoluzione 103 del 6 settembre 2006.
“… il concessionario della riscossione e gli uffici locali dell’Agenzia delle entrate provvedono in tempi diversi al rimborso dei crediti di rispettiva competenza. Invero, nell’ipotesi in cui la cessione del credito avvenga dopo l’effettuazione del rimborso da parte del concessionario, l’atto di cessione può avere ad
oggetto solo una parte del credito originariamente chiesto a rimborso in dichiarazione annuale.
Come e’ noto, il rimborso del credito IVA annuale è eseguito direttamente dal concessionario della riscossione territorialmente competente, nel limite massimo di 516.456,90 euro per ciascun anno solare – limite comprensivo degli importi che sono stati o saranno compensati nel modello F24 nel corso dell’anno in cui la richiesta è presentata – mentre il rimborso dell’eccedenza spetta all’ufficio locale dell’Agenzia delle entrate competente in ragione del domicilio fiscale del contribuente.
La richiesta di rimborso e’ effettuata mediante la presentazione del modello VR al concessionario della riscossione, a partire dal 1 febbraio dell’anno successivo a quello in cui il credito e’ maturato e fino al termine di presentazione della dichiarazione annuale IVA, anche in forma unificata.”
Adempimenti e precauzioni
Dopo la stipula dell’atto notarile deve essere effettuata la notifica ai sensi dell’art.lo 1264 del codice civile alla quale deve essere allegata la copia autentica dell’atto di cessione secondo le indicazioni contenute nella circolare 192/E dell’8 luglio 1997 sia all’ufficio rimborsi IVA che a quello territoriale dell’Agenzia delle Entrate Riscossioni.
Nell’effettuare queste procedure è opportuno avere l’accortezza di ottenere copia di tutta la documentazione contabile post- fallimento che consenta di ricostruire il credito (fatture ecc… del periodo di maturazione) e copia dei pagamenti effettuati con f24 oltre ai registri IVA del periodo interessato.
Con un successivo articolo tenteremo di chiarire anche la più particolare ipotesi dell’accollo quale possibilità di pagamento delle imposte da prendere in considerazione ai sensi dell’art.lo 1 della legge di bilancio 2018, della risoluzione 140 del 15 novembre 2017, delle circolari n. 127 e 142 del 19 settembre e 17 ottobre 2018 ed anche del provvedimento n. 195385/2018 del 28 agosto 2018.

- CER – Comunità Energetica Rinnovabile: a chi davvero conviene? - 2 Giugno 2023
- EMENS o CIG rifiutata per mancanza di un dato. E’ lecito? - 29 Maggio 2023
- CER- Chi può costituirle e con quali benefici? - 12 Aprile 2023